10/06/2015 – Può essere evitata la demolizione degli abusi edilizi di modesta entità commessi molti anni prima. Il principio è stato espresso dal Consiglio di Stato con la sentenza 2512/2015.
I giudici hanno appoggia…
10/06/2015 – Può essere evitata la demolizione degli abusi edilizi di modesta entità commessi molti anni prima. Il principio è stato espresso dal Consiglio di Stato con la sentenza 2512/2015.
I giudici hanno appoggia…
Ormai sempre più diffusi, conosciuti e anche inflazionati sono i termini “bio”, “biologico”, “eco” riferiti ai prodotti agroalimentari presenti sulle nostre tavole. Pubblicità “green” più o meno veritiere, etichette più o meno ingannevoli rischiano di invadere il mercato alimentare provocando confusione nel consumatore che non riesce più a districarsi tra i prodotti esposti al supermercato e non ha più riferimenti chiari per scegliere cosa effettivamente per lui sia meglio comprare.
Il grande boom dell’agricoltura biologica si è avuto in Italia dopo l’anno 2000, in particolare solo nel 2014 si è registrato un aumento dei consumi di prodotti biologici pari al 17% rispetto all’anno precedente. Gli operatori del settore biologico, al 31 dicembre 2013, risultano essere 52.383, con un aumento complessivo del 5,4% rispetto al 2012. Il Ministro Martina ricorda che è un settore che in Italia vale 3 miliardi di euro e che riguarda oltre il 10% della superficie agricola nazionale (fonte: Ministero delle Politiche agricole).
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È opportuno, proprio per la grande influenza che questo tipo di agricoltura ha sul mercato, far luce su alcuni punti chiave.
La normativa che regola la produzione, l’importazione, il commercio, l’etichettatura dei prodotti biologici a livello europeo è il regolamento CE 834/07, recepito in Italia con il decreto ministeriale DM 2049/2012 e successive modifiche. I produttori devono attenersi scrupolosamente a tali normative se vogliono essere certificati come “biologici” e poter vendere come tali i loro prodotti.
L’etichetta e l’indicazione di prodotto “biologico” deve essere apposta solo se sono rispettate determinate condizioni.
Non sempre però il consumatore si trova davanti ad etichette chiare anzi, troppo spesso, il colore, il logo e il nome richiamano il prodotto “biologico” quando questo biologico non è. Nella puntata del 14/12/14 di Report è stato ben segnalato il problema di etichette ingannevoli che nascondono prodotti da agricoltura tradizionale.
Come riportato da Dario Bressanini, dottore in chimica, sul sito della rivista “Le Scienze” che riassume il numero interamente dedicato al cibo di Novembre 2013, i prodotti biologici hanno le medesime proprietà nutrizionali dei prodotti da agricoltura tradizionale. Questa affermazione deriva da studi specifici dell’Università di Standford e della Food Standard Agency britannica che conclude il suo rapporto di ricerca dicendo: “Per la maggioranza dei nutrienti esaminati non è stata rilevata una differenza nel contenuto di nutrienti e altre sostanze tra prodotti biologici e convenzionali, il che suggerisce che i prodotti biologici e quelli convenzionali siano largamente confrontabili”.
Le rese per ettaro dell’agricoltura biologica sono solitamente più basse di quelle dell’agricoltura convenzionale: mediamente il 25% in meno. Conseguenza di ciò è che per produrre la stessa quantità di prodotto, quindi per soddisfare il fabbisogno alimentare, è necessario un consumo maggiore di suolo. Questo dipende però dal tipo di coltivazione di cui si tratta: su alcune colture come quella della frutta l’incidenza è solo del 5% mentre per i cereali e gli ortaggi si arriva anche a più del 30%.
Produttori di agricoltura biologica che, in particolari tipi di coltivazioni, ottengono la stessa resa dell’agricoltura tradizionale devono essere fonte di diffidenza e causa di controlli da parte degli organi competenti.
Nella già citata puntata di Report viene mostrato il caso dei risicoltori piemontesi che denunciano, a loro dire, una “falsa agricoltura biologica” della concorrenza che otterrebbe appunto la stessa resa per ettaro.
Nel 2012 è stato pubblicato uno studio che raccoglie i risultati di 71 studi indipendenti sull’impatto ambientale dell’agricoltura biologica europea. Gli aspetti considerati nella ricerca sono: la qualità del suolo, la biodiversità, il rilascio di sostanze potenzialmente dannose nella falda acquifera e il consumo energetico. Il risultato non è univoco come vorremmo aspettarci.
La produzione biologica di olive e carne di manzo causa meno emissioni di gas serra della produzione convenzionale, mentre per il latte, i cereali e i maiali la situazione si capovolge.
Citando Dario Bressanini da “Le Scienze”: “In generale lo studio mostra come le pratiche dell’agricoltura biologica abbiano generalmente un impatto positivo sull’ambiente per unità di superficie, ma a causa delle minori rese non necessariamente per unità di prodotto. In altre parole, un’azienda agricola biologica che produce ortaggi può, a parità di superficie coltivata, rilasciare meno azoto nella falda, ma ogni singolo ortaggio raccolto nei suoi campi potrebbe avere un impatto sulla falda maggiore di uno analogo prodotto in modo convenzionale”.
In Italia molti sono gli Organi di Controllo deputati all’ispezione delle aziende agricole biologiche. Dal rapporto annuale dei controlli del 2014 dell’ente CCPB.srl emerge come i controlli vengano eseguiti in tutte le aziende biologiche, anche più di una volta l’anno ma che l’esito, ovviamente, non è sempre positivo.
Per esempio di tutte le aziende controllate la percentuale di produttori non idonei è stata maggiore del 30% in Regione Lombardia, Toscana, Veneto e in molte altre regioni italiane. La media nazionale è di oltre il 25%.
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Il brand italiano inaugura due nuovi Flagship Store
10/06/2015 – Flexform inaugura due nuovi Flagship Store dall’altra parte del globo: Auckland e Melbourne.
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10/06/2015 – La sempre maggiore attenzione dedicata al tema dell’edilizia sostenibile pone gli architetti di fronte a nuove sfide, con l’obiettivo di ottenere la massima qualità con il minore impiego possibile di energia e risorse naturali. Oltre che per il design essenziale e senza tempo, le vasche da bagno, i piatti doccia e i lavabi in acciaio smaltato Kaldewei convincono per l’eccellente bilancio ecologico e rientrano negli standard internazionali di certificazione per l’edilizia sostenibile.
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Le amache, accogliente giacigli outdoor, sono il simbolo del riposo all’aria aperta e sinonimo di relax. Montate solitamente tra due alberi o due pali, le amache sono perfette soluzioni per il campeggio, nella frescura di una pineta, ed il giardino, ma ne esistano versioni adatte anche ad essere montate indoor.
Sul mercato è possibile trovare diverse soluzioni. Una vasta selezione di amache e’ presente su Duzzle, il nuovo shop di arredamento per la casa, l’ufficio e il giardino, che propone colorate amache brasiliane, matrimoniale e in policotone con solidi supporti in acciaio che le rendono adatte ad essere installate tanto all’esterno che dentro casa. Scoprile in offerta “Flash” su Duzzle fino al 15 Giugno. Prezzi a partire da 18 euro con ulteriori sconti del 10% iscrivendosi alla newsletter.
Se sei un amante del fai da te e preferisci costruirla da te piuttosto che comprarla, ecco qualche suggerimento per realizzare un’amaca con pochi elementi. Potrai utilizzarla per riposare, leggere un libro o prendere il sole, insomma ti assicurerai il relax per tutta l’estate!
Insieme a quella costituita da una rete (più difficile da realizzare da sé), l’amaca in tessuto è probabilmente quella più classica e diffusa. Per realizzare un’amaca in tessuto sarà preferibile selezionare tessuti resistenti e naturali, che non irritino la pelle o siano poco confortevoli. Per l’opzione singola basterà un tessuto largo circa 1 metro e 30 e lungo circa 3 metri. Per amache matrimoniali potrai scegliere di optare per una larghezza poco meno che doppia. Ti servirà anche una corda resistente, di una lunghezza indicativa di 20 metri, ma variabile a seconda della distanza reciproca dei sostegni. La corda va divisa in due metà.
Per realizzare l’orlo in cui passerà la corda da annodare all’albero o al palo in una estremità, piega due volte su se stesso il lato corto del tessuto, lasciando uno spazio, come una sorta di asola, per consentire il passaggio di uno dei due pezzi di corda. Procedi ugualmente per l’altro lato del tessuto. Una volta effettuati questi passaggi, non resta che legare l’amaca agli alberi.
In alternativa, è possibile dotarsi anche di un bastone di circa 1 metro di lunghezza e creare un’asola nel tessuto più larga (tanto da farci passare il bastone). Quindi inserire il bastone nell’asola (al posto della corda) e utilizzare la corda per legare il bastone all’albero. Con questo sistema l’amaca potrebbe risultare un po’ più comoda.
Realizzata l’amaca, per fissarla all’albero è importante utilizzare una corda resistente e di qualità, possibilmente con un diametro uguale o superiore ai 6 millimetri. Ci sono diverse possibilità per realizzare il nodo per annodarla all’albero. In generale, per evitare che la corda si deteriori a furia dello sfregamento contro il tronco, e per evitare di rovinare il tronco, è consigliabile avvolgerla due volte intorno al tronco o ramo, assicurandosi che la corta si incroci. Un’alternativa per proteggere la corda è quella di farla passare in un pezzo di tubo di gomma come quello di una pompa da giardino.
Nel video è spiegato come realizzare il nodo per fissare l’amaca agli alberi.
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Realizzare un’amaca da sé e farlo anche con materiali di riciclo è sicuramente una soddisfazione in più. La prima opzione in generico tessuto può essere replicata utilizzando lenzuola matrimoniali piegate in due, così che siano più resistenti del singolo strato.
Quella dei pallet è una perfetta idea di riciclo per un’amaca ecologica oltre che comodissima. I pallet infatti danno l’opportunità di realizzare una sorta di grande altalena, un divano sospeso, più che una classica amaca, da allestire con grandi cuscini colorati, lasciare al grezzo o dipingere a piacere.
Realizzarla è davvero semplice: basta assicurare una solida corda alle assi del pallet e legare la corda ad una struttura lignea sovrastante, dei ganci al soffitto o un robusto ramo di un grosso albero.
The Sabla è un piccolo mirabile progetto pensato per la comunità di AL Ayn, negli Emirati Arabi, recuperando la tradizionale tecniche di costruzione con foglie di palma. La struttura, biodegradabile e versatile, nasce come serra per naturale ma si presta a più utilizzi.
In un mondo squassato dai cambiamenti climatici, la desertificazione è un fenomeno potenzialmente devastante per milioni di persone costrette già oggi a convivere con la penuria del bene più prezioso che abbiamo: l’acqua. Intorno ad essa si sprecano le parole, vengono organizzate opulente conferenze internazionali alle quali partecipano le massime autorità governative del pianeta, ma purtroppo latitano le contromisure, serie ed efficaci, nel tentativo di arginare un problema il cui spauracchio aleggia paurosamente anche sul futuro dell’Europa meridionale e dell’Italia.
Per fortuna, a dispetto della lentezza decisionale di molti governi, le piccole iniziative si moltiplicano, andando a interessare anche paesi dove negli ultimi anni l’acqua, più che per le colture, è stata utilizzata per irrigare enormi campi da golf circondati dal deserto: gli Emirati Arabi. Il progetto che vi presento, infatti, è stato pensato per tutelare l’agricoltura nell’oasi di Al Ayn, Patrimonio dell’Umanità UNESCO, nonché seconda città per dimensioni dell’emirato di Abu Dhabi, sebbene le sue caratteristiche lo rendano facilmente replicabile in molti paesi mediorientali e nordafricani.
Stiamo parlando del “Food Shelter” o “The Sabla”, come è localmente chiamata la serra naturale, ecosostenibile e totalmente biodegradabile presentata da Sandra Piesik e “3 Ideas Limited” alla terza conferenza delle United Nations Convention to Combat Desertification (UNCCD) tenutasi in Messico nel marzo scorso. Alla base del progetto convivono obiettivi ambiziosi, quali contrastare la desertificazione, recuperare antiche tradizioni e combattere la povertà, perseguiti mediante una proposta intrisa di valori culturali, economica e dal design accattivante.
A dispetto di un paese punteggiato di grattacieli in vetro e acciaio, The Sabla è costruito avvalendosi praticamente di un solo materiale: foglie di palma da dattero. Il loro utilizzo affonda le proprie radici nella secolare tradizione architettonica locale, ed in particolare a più di 7.000 anni fa, quando furono costruite le prime abitazioni Arish. È proprio partendo da un’analisi attenta di queste architetture che Sandra Piesik ha elaborato la sua proposta, mirabile esempio di integrazione di risorse naturali disponibili e sapienza accumulata in millenni di sperimentazione e riscontri pratici.
Dal punto di vista dimensionale, il progetto consta di 9 calotte modulari di 8×8 metri ciascuna accostate l’una all’altra per un totale di 600 mq di superficie coperta complessiva. La struttura di ogni singolo modulo è ottenuta arrotolando e intrecciando le foglie di palma da dattero, assicurate mediante legacci di corda e successivamente piegate in modo tale da assumere la forma desiderata. Facilità ed economicità nel reperimento di tale materia prima non sono gli unici vantaggi di The Sabla, che può vantarsi di essere interamente biodegradabile, in quanto anche i tessuti di rivestimento sono ottenuti naturalmente, e di non prevedere l’utilizzo di alcun tipo di macchinario in fase di produzione e posa in opera.
Oltre che per la coltivazione, questo tipo di struttura può anche essere utilizzato per ospitare edifici scolastici, di assistenza sanitaria ed altre funzioni basilari nella vita di tutti i giorni. Abbondanza di materia prima, facilità costruttiva e progettuale conferiscono a questo “rifugio” spiccate doti di adattabilità e flessibilità, per non parlare del suo inestimabile valore simbolico, fondamentale per sensibilizzare l’opinione pubblica mostrandole orgoglioso come più che i soldi contino le idee e la convinzione di metterle in pratica.
Elementi tridimensionali ispirati all’architettura del Medio Oriente09/06/2015 – Dalla ceramica il nuovo sistema per lasciare il caldo torrido fuori casa senza usare il condizionatore. Il sistema prende spunto da due elementi tradizionali provenie…
Lo spazio ampio e luminoso all’interno di un palazzo storico di fine ‘80009/06/2015 – Calligaris ha inaugurato un nuovo Flagship Store nel cuore di Berlino Mitte, all’interno di un palazzo storico della fine ‘800, uno dei più be…
Un nuovo showroom di 270mq ospita i prodotti highlight del brand italiano
09/06/2015 – Elica, leader mondiale nel settore delle cappe da cucina ad uso domestico con milioni di pezzi prodotti e distribuiti in cinque continenti, compie un ulteriore passo avanti nel processo di internazionalizzazione, questa volta in un mercato rilevante come la Spagna.
Presente in Spagna dal 2005 con distributori e poi, dal 2010, direttamente con Elica España, Elica oggi vuole avvicinarsi ancora di più ai clienti spagnoli. Da qui la decisione di aprire la nuova sede, dalla quale verranno curate le relazioni commerciali in tutta la penisola iberica, e uno showroom, dove sarà possibile toccare con mano i prodotti di punta dell’azienda.
Uffici… Leggi l’articolo
Una risorsa di ispirazione per rendere più veloce e precisa la fase di progettazione
09/06/2015 – “Luce per l’architettura” introduce al meglio la mission aziendale di SIMES: realizzare soluzioni per l’illuminazione delle architetture, come per il paesaggio, per la casa, per l’industria e gli spazi urbani.
Da oggi Architetti e designer hanno l’opportunità di accedere alle nuove collezioni SIMES, sottoforma di librerie parametriche Revit.
Semplicemente collegandosi al sito bim.archiproducts.com, sarà possibile scaricare gratuitamente le librerie parametriche tridimensionali di tutte le novità SIMES, per supportare al meglio i propri progetti. Una risorsa di ispirazione per tutti i designer che, utilizzando Revit,… Leggi l’articolo
Nel quartiere di Clerkenwell uno spazio vivace e creativo
09/06/2015 – Carl Hansen & Son, uno dei più noti marchi della Scandinavia, e Rud Rasmussen, l’azienda che sta dietro ad alcuni dei più grandi classici dell’arredamento nella storia del design danese, hanno aperto ufficialmente il nuovo showroom a Londra durante la Clerkenwell Design Week a maggio 2015. Da quando Carl Hansen ha fondato la propria azienda a Odense, in Danimarca, nel 1908, ha costruito la propria reputazione sulla eccezionale maestria e l’arredamento di alta qualità.
Il nuovo showroom di Londra si trova in un edificio storico nel quartiere di Clerkenwell, una zona vivace e creativa, ricca di studi di architettura… Leggi l’articolo
Una settimana di workshop, incontri, lecture, mostre e dibattiti
09/06/2015 – Per il terzo anno consecutivo OIKOS colore e materia per l’architettura è protagonista ad Architects meet in Selinunte, importante meeting internazionale promosso da AIAC Associazione Italiana di Architettura e Critica e PresS/Tfactory che si svolgerà a Castelvetrano–Selinunte (TP) fino al 14 Giugno 2015.
In una settimana di workshop, incontri, premiazioni, lecture, mostre e dibattiti, si confronteranno artisti, creativi, imprenditori, urbanisti e architetti. Si ragionerà su come attivare il mash up, cioè l’incontro fruttuoso di punti di vista diversi, con le diverse professionalità, si vedranno i progetti… Leggi l’articolo
Essenzialità e volumi architettonici
09/06/2015 – La facilità e la sicurezza d’installazione di una cabina doccia con telaio sono innegabili, sia per i costi di realizzazione, sia per la praticità della messa in opera, con bassissimi rischi di infiltrazioni o perdite. Per quanto si possa optare per soluzioni più o meno belle esteticamente, tuttavia, difficilmente si possono raggiungere i livelli di armonia e bellezza che una doccia a filo pavimento e senza profili a parete è in grado di conferire all’ambiente. L’assenza di un telaio sottolinea infatti la trasparenza del vetro ed eleva la cabina doccia a puro elemento architettonico, integrato alla perfezione nell’ambiente circostante… Leggi l’articolo
In mostra le ultime novità firmate Massaud, Chan, Wanders, Dordoni
09/06/2015 – In occasione di ICFF, la settimana del design newyorkese, lo showroom Poliform USA ha rinnovato il suo spazio di circa 1.000 mq all’interno dell’A&D Building.
Oltre alla nuova collezione per la zona giorno, con pezzi disegnati da Jean-Marie Massaud, Soo Chan e Marcel Wanders ampio spazio è stato dato alle novità Poliform per la zona notte: armadi, cabine armadio e letti sono stati presentati arricchiti di nuovi dettagli firmati da Rodolfo Dordoni e con nuove finiture.
Trail e Phoenix sono invece le cucine protagoniste della collezione Varenna: due nuovi modelli, caratterizzati da finiture dall’accento materico e dalla massima versatilità… Leggi l’articolo