Camere da letto in stile giapponese: come creare un’atmosfera zen

Arredare una casa in stile zen non è solo una tendenza che si è affermata negli ultimi anni, ma è espressione di una secolare attenzione a ricercare l’armonia all’interno dello spazio abitativo. Essenziale, pulito, equilibrato, l’arredamento zen permette di creare un’atmosfera a misura d’uomo, che segue i ritmi della natura ispirandosi ai principi del Feng Shui e alla cultura orientale. Per chi volesse arredare casa secondo questo stile, la scelta di un arredamento giapponese può aiutare a coniugare il proprio gusto estetico con le caratteristiche della filosofia zen.

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Decorare le pareti con le matite colorate

Se le pareti bianche vi annoiano e volete decorarle con un tocco di allegria, basta che vi lasciate ispirare dalla fantasia e da qualche spunto web: giganteschi origami di carta, legni, tessuti e pannelli sagomati possono trasformare radicalmente gli interni con la possibilità di rimuoverli facilmente. È possibile abbellire angoli o piccole zone, separando così vari ambienti, ma anche creare enormi e superbe installazioni che occupano intere pareti e soffitti. Suggeriamo due progetti molto originali in cui sono utilizzate semplici matite colorate: nel primo caso sono disposte secondo un sofisticato pattern, nel secondo sono semplicemente ordinate per tonalità.

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Chi ha inventato le lampade a LED?

Le lampade a LED hanno soppiantato le tradizionali lampadine ad incandescenza invadendo le nostre case e diventando uno degli oggetti più diffusi, eppure non tutti conoscono chi ha inventato questi apparecchi, nè la loro storia lunga mezzo secolo. Dalle prime sperimentazioni al premio Nobel per la Fisica del 2014, i LED hanno dominato il mondo dell’elettronica e rivoluzionato il modo di portare luce nelle nostre case.

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Gli inventori delle lampade LED premi Nobel per la Fisica

Alessandro Volta ha inventato la pila, a Gugliemo Marconi si deve il primo telegrafo senza fili, la macchina a vapore -senza la quale non ci sarebbe stata la Rivoluzione Industriale- è figlia dell’ingegnere scozzese James Watt, la lampadina ad incandescenza fu inventata da Thomas Edison nel 1878. E le lampade a LED? Grazie alla loro resa energetica, i LED, ovvero Light Emitting Diode (diodi ad emissione di luce) hanno invaso le nostre abitazioni attraverso gli oggetti di uso quotidiano, dagli elettrodomestici agli apparecchi illuminanti, sostituendosi alle vecchie lampadine ad incandescenza che avevano monopolizzato il mercato per oltre un secolo.

Il primo LED fu inventato dallo statunitense Nick Holonyak Jr nel 1962 durante una collaborazione con la General Electric. È quest’uomo, ricercatore e docente dell’Università dell’Illinois, ad aver studiato e sviluppato tutte le potenzialità dei semiconduttori sfruttati dai dispositivi optoelettronici come i LED, che negli anni ’60 esistevano solo nella loro versione rossa e, successivamente, verde. Variando la tensione tra lo strato di elettroni (lo strato n) e lo strato delle lacune (lo strato p), gli elettroni si combinano con queste emettendo fotoni, la cui frequenza determina il colore della luce.

La luce bianca e brillante che oggi illumina le nostre stanze con un click dell’interruttore è stata inventata nei primi anni ’90 ed è frutto degli studi di tre fisici giapponesi, Isamu Akasaki, Hiroshi Amano and Shuji Nakamura, che hanno prodotto il primo fascio di luce blu dai semiconduttori, innescando una trasformazione fondamentale per la tecnologia dell’illuminazione.

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Nonostante i notevoli sforzi, sia nella comunità scientifica che nel settore industriale, il LED blu era rimasto una sfida per decenni, ma grazie alla scoperta giapponese, i diodi rossi e verdi potevano finalmente essere impiegati con la luce blu per creare lampade a luce bianca.
La scoperta del LED a luce blu ha richiesto oltre trent’anni di impegno nella ricerca del semiconduttore adatto (cristalli di nitruro di gallio) a liberare la giusta frequenza di fotoni e questo è bastato per ritenere la ricerca di Akasaki-Amano-Nakamura meritevole del premio Nobel per la Fisica 2014.

L’impatto della scoperta del LED a luce blu

Lampadine ad incandescenza hanno illuminato il XX secolo; il XXI secolo sarà illuminato da lampade a LED. In appena 20 anni dalla sua scoperta, il LED a luce blu ha contribuito a cambiare e migliorare il modo di portare la luce nelle nostre case assecondando la necessità di risparmio energetico e la svolta “green” della ricerca nel campo dell’illuminotecnica. Le lampade LED emettono luce bianca, sono energeticamente più efficienti delle obsolete lampadine a bulbo e durano di più. Questa tecnologia viene costantemente implementata in termini di efficienza e questo si comprende comparando i più recenti dati disponibili sulle lampade LED con quelli relativi alle luci fluorescenti e a bulbi incandescenti: una lampada a LED fornisce 300 lumen/Watt contro i 16 lumen/Watt delle normali lampadine ad incandescenza e i 70 lumen/Watt della lampadine fluorescenti.

Ragionando in termini di consumi e durata, l’efficienza delle nuove lampade è indiscutibile. Una lampada LED dura fino a 100.000 ore (ovvero può rimanere accesa 24 ore su 24 per ben 12 anni), le lampadine fluorescenti 10.000 ore, le lampadine ad incandescenza solo 1.000 ore. Considerando che un quarto del consumo mondiale di energia elettrica è imputabile all’illuminazione, i LED si riconfermano una risorsa importante per risparmiare energia e salvare il pianeta.

Aziende come ZR Impianti si occupano di realizzare impianti di illuminazione LED e progetti di illuminotecnica garantendo un’elevata efficienza luminosa, una ridotta produzione di calore e una durata media elevata degli apparecchi illuminanti per interni ed esterni, abbattendo così i costi di manutenzione e garantendo un ritorno dell’investimento iniziale in pochi mesi. 

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La corda nel design di interni: funi di iuta per separè e controsoffitti

Sintetica, naturale e colorata, la corda rallegra ambienti interni e giardini con insoliti abbinamenti ed effetti sorprendenti. Adatta sia per gli interni dal design più elegante che in stile shabby chic, si presta perfettamente a rivestire qualsiasi complemento d’arredo: cornici, specchi, altalene, mensole e divani. Come protagonista assoluta, le funi di iuta possono definire separé per sfilate di moda e per laboratori open space, controsoffitti di negozi e ristoranti.

IL VIMINI E L’ARTE DELL’INTRECCIO

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La corda è amata dagli arredatori “faidate“, dai designer e da tantissime aziende di divani, lampadari e arredi per la casa, perché capace di stupire per la semplicità e la sua bellezza sperimentale. Sfruttando l’intreccio di fibre naturali o sintetiche e la possibilità di comporre tessiture tridimensionali con colori diversi, con le funi di iuta gli effetti sono sempre sorprendenti e originali.

Tende e separé di corda

Massimo impatto con minimo sforzo: sono le schermature fatte con funi e supporti lignei, da associare anche a tende vegetali fatte con piante rampicanti per soluzioni temporanee dall’effetto leggero e naturale.

Shelly Leer di ModHomeEc suddivide il suo negozio/studio a Indianapolis con corde distanziate, per distinguere le aree “private”, come la sala d’attesa e l’ufficio, dalle zone di lavoro, ovvero l’area stoccaggio e per gli utensili e il laboratorio per studenti. La soluzione alternativa di iuta è perfetta per vari motivi: mantenere un budget basso (il locale è anche in affitto), e perché pareti tradizionali avrebbero creato ambienti piccoli e bui. Decide, perciò, di suddividere l’ampio open space con cortine di funi su supporti lignei, che lasciano passare luce e danno piena visibilità a tutto lo spazio. Un altro grande vantaggio è, inoltre, che la “texture” calda contrasta il freddo e duro ambiente industrial. Il processo di design e realizzazione è piuttosto semplice, ma un po’ laborioso: sono fissati listelli di legno su misura sul pavimento e soffitto, con fori equidistanti in cui inserire le funi. Infilate nella parte superiore e legate in basso, sono in tensione grazie ai nodi all’estremità, che rimangono però nascosti all´interno dei telai.

caption: Shelly Leer, The Brick House

caption: Rope Room, Studio Gangs Architects

caption: Shadow Lands, Gloss Creative, foto di Rocket Mattler

caption: Shadow Lands, Gloss Creative, foto di Rocket Mattler

Idea simile è realizzata da Alwill Studio a Sidney, con l’unica differenza che le corde sono legate ad un supporto sul soffitto e scendono liberamente. Più sofisticate, invece, le soluzioni degli studi Gang Architects e di Gloss Creative che utilizzano forme circolari e illuminazioni variabili. Di grande effetto l’allestimento Shadow Lands” realizzato in occasione di una sfilata di moda nel 2013.

caption: Ristorante Odessa, YOD Design Lab

caption: Heavybit Industries, IwamotoScott Architecture

caption: A sinistra, Ufficio Alwill Studio; a destra, Ufficio Harrison Grierson, disegnato da Conrad Gargett, Riddel Ancher, Mortlock Woolley

Controsoffitti e intrecci orizzontali in corda

Corde colorate ed intrecciate sono appese in ristoranti e negozi di lusso, per sostenere bulbi di lampade o creare piccole alcove per i clienti. Ideati come allestimenti creativi, rappresentano una seconda pelle”, caotica o regolare per caratterizzare soffitti piani e noiosi.

caption: A sinistra, Ristorante Gochi, Mim Design; a destra, Pakta, El Equipo Creativo, foto di Adrià Goula

caption: A sinistra, Il Tavolo del contadino,Taylor Robinson, foto di Acorn; a destra, Media Storm, foto di Bjorg Magnea

caption: Ristorante Odessa, YOD Design Lab

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caption: Studio Wieki Somers, Merry-Go-Round Coat Rack

Un’esplosione di allegria e suggestive atmosfere per il ristorante “Pakta”, in cui soffitti e divisori tra i tavoli sono caratterizzati da enormi telai che tendono fili colorati.

“Pakta” in lingua peruviana significa unione di due culture”, ed in fatti il ristorante rappresenta la fusione di due gastronomie e di due stili architettonici, giapponese e peruviano. L’atelier El Equipo Creativo progetta il bar, la cucina e gli arredi con un chiaro riferimento alle tradizionali taverne giapponesi, rallegrandone l’austerità con grandi supporti per le corde. I tradizionali telai di tessitura peruviani sono meccanismi in legno dove si intrecciano fili colorati in varie direzioni, utilizzati dai progettisti per creare uno spazio tridimensionale stravagante. Utilizzando tre diversi tipi di sezioni trasversali, insieme ad alcuni pezzi disposti longitudinalmente, i telai abbracciano lo spazio creando un ritmo colorato e cangiante”, spiega il collettivo spagnolo specializzato in attività commerciali e gastronomicheLa re-interpretazione degli elementi tradizionali più rappresentativi delle due culture ha definito una soluzione visivamente potente ma equilibrata, mentre l´illuminazione curata da BMLD Lighting Design vuole focalizzare l’attenzione sui piatti e sfruttare la penombra di alcuni telai.

caption: Pakta, El Equipo Creativo, foto di Adrià Goula

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Un bar in pallet: tributo alla tradizione artigiana

Quando nel settembre 2013 Luca Scardulla e Federico Robbiano hanno deciso di fondare lo studio scardulla&robbiano_ArchitecturLab (llab) i due giovani si sono ispirati alle parole dell’architetto cinese Wang Shu: “Prima di essere architetto sii falegname“. È nato così non un semplice studio ma un vero e proprio laboratorio, un luogo in cui progetti di falegnameria vengono seguiti dalla fase di ideazione fino alla vera e propria realizzazione.

Fiore all’occhiello di questa architettura del “fare”, come la amano definire i due progettisti, è un locale commerciale nato dai pallet: il bar La Strega a Fidenza.

ARREDI A COSTO ZERO CON I PALLET

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Il bar in pallet: la sfida

Quello del bar La Strega è un intervento di riqualificazione volto a coniugare le esigenze funzionali dettate dalla committenza con la ricerca di una nuova qualità spaziale in un ambiente preesistente fortemente connotato da una geometria stretta e lunga. L’apparente punto debole, dato dalla conformazione planimetrica, viene trasformato nel punto di forza di un progetto che mira, attraverso la creazione di un cono visivo, ad enfatizzare la profondità dell’ambiente in cui insiste.

A tal fine una successione di nastri funzionali scandiscono lo spazio perpendicolarmente alla direzione prevalente accompagnando lo sguardo del cliente entrante verso il fondo del locale, fino alla finestra che affaccia sul cortile esterno.

I tavolini rappresentano gli elementi terminali di tali “costole” le cui doghe lignee percorrono in maniera continua pareti e soffitto discostandosene solo in specifici punti per lasciare spazio a vani luce che conferiscono ulteriore enfasi all’ambiente; i 19 mm di distanza tra una doga e l’altra (tutte di larghezza costante pari a 55 cm) fanno da supporto agli elementi di arredo, sia fissi che mobili, e donano una certa flessibilità a un progetto dominato dal rigore geometrico.

Elementi architettonici indispensabili ai fini dell’articolazione spaziale, le pareti attrezzabili acquistano così un valore anche funzionale, fondamentale per la tipologia del locale.

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Il legno dei pallet come elemento unificatore

Le tre diverse sezioni del bar (desk, stand-up e dining) vengono declinate con altrettanti linguaggi spaziali, differenti per dimensioni, funzione ed ambientazione, ma uniti da un unico filo conduttore: il legno.

L’intervento è infatti quasi interamente realizzato con il legno di recupero dei bancali, circa 70, provenienti da aziende locali: una scelta emozionale, un rifiuto dello stile industriale per sottolineare la natura artigianale dei prodotti serviti ma anche un tributo all’intero territorio, alla sua economia e alla sua sensibilità nei confronti dell’ambiente.

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Trattato in modo da conservare orgogliosamente i segni del tempo, testimonianza della natura viva del materiale, ogni elemento è stato realizzato a mano da llab, in estrema coerenza con la scelta dei progettisti di essere architetti-falegnami: dopo tutto un’opera “non si realizza con le idee, ma con le mani”. (Pablo Picasso)

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Un bar in pallet: tributo alla tradizione artigiana

Quando nel settembre 2013 Luca Scardulla e Federico Robbiano hanno deciso di fondare lo studio scardulla&robbiano_ArchitecturLab (llab) i due giovani si sono ispirati alle parole dell’architetto cinese Wang Shu: “Prima di essere architetto sii falegname“. È nato così non un semplice studio ma un vero e proprio laboratorio, un luogo in cui progetti di falegnameria vengono seguiti dalla fase di ideazione fino alla vera e propria realizzazione.

Fiore all’occhiello di questa architettura del “fare”, come la amano definire i due progettisti, è un locale commerciale nato dai pallet: il bar La Strega a Fidenza.

ARREDI A COSTO ZERO CON I PALLET

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Il bar in pallet: la sfida

Quello del bar La Strega è un intervento di riqualificazione volto a coniugare le esigenze funzionali dettate dalla committenza con la ricerca di una nuova qualità spaziale in un ambiente preesistente fortemente connotato da una geometria stretta e lunga. L’apparente punto debole, dato dalla conformazione planimetrica, viene trasformato nel punto di forza di un progetto che mira, attraverso la creazione di un cono visivo, ad enfatizzare la profondità dell’ambiente in cui insiste.

A tal fine una successione di nastri funzionali scandiscono lo spazio perpendicolarmente alla direzione prevalente accompagnando lo sguardo del cliente entrante verso il fondo del locale, fino alla finestra che affaccia sul cortile esterno.

I tavolini rappresentano gli elementi terminali di tali “costole” le cui doghe lignee percorrono in maniera continua pareti e soffitto discostandosene solo in specifici punti per lasciare spazio a vani luce che conferiscono ulteriore enfasi all’ambiente; i 19 mm di distanza tra una doga e l’altra (tutte di larghezza costante pari a 55 cm) fanno da supporto agli elementi di arredo, sia fissi che mobili, e donano una certa flessibilità a un progetto dominato dal rigore geometrico.

Elementi architettonici indispensabili ai fini dell’articolazione spaziale, le pareti attrezzabili acquistano così un valore anche funzionale, fondamentale per la tipologia del locale.

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Il legno dei pallet come elemento unificatore

Le tre diverse sezioni del bar (desk, stand-up e dining) vengono declinate con altrettanti linguaggi spaziali, differenti per dimensioni, funzione ed ambientazione, ma uniti da un unico filo conduttore: il legno.

L’intervento è infatti quasi interamente realizzato con il legno di recupero dei bancali, circa 70, provenienti da aziende locali: una scelta emozionale, un rifiuto dello stile industriale per sottolineare la natura artigianale dei prodotti serviti ma anche un tributo all’intero territorio, alla sua economia e alla sua sensibilità nei confronti dell’ambiente.

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Trattato in modo da conservare orgogliosamente i segni del tempo, testimonianza della natura viva del materiale, ogni elemento è stato realizzato a mano da llab, in estrema coerenza con la scelta dei progettisti di essere architetti-falegnami: dopo tutto un’opera “non si realizza con le idee, ma con le mani”. (Pablo Picasso)

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Concorso “Ecoidee”: lunga vita ai rifiuti!

Quando sostenibilità e creatività si incontrano non può che nascere qualcosa di speciale. Lo sanno bene gli organizzatori del concorso “Ecoidee”, che premia i talenti creativi in grado di creare pezzi di arredamento a partire dal riciclo di oggetti di scarto.

Ad organizzare il concorso è Spazio Artèt_eco, un brand che nasce per diventare un punto di incontro tra designer ed aziende, professionisti ed istituzioni avvicinandoli attraverso la creatività, l’imprenditorialità, l’arte e l’economia. Spazio Artèt_eco è stato ideato dall’Associazione culturale Arcarte Lab Creative in collaborazione con Artèteco e con il sostegno di Fondazione CON IL SUD, il cui obiettivo primario è di formare giovani, appartenenti a fasce deboli e svantaggiate, sui temi legati alla produzione di elementi di arredo di design con l’apporto di artigiani e creativi e con l’utilizzo di materiali di scarto.

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Il contest Ecoidee, organizzato da Spazio Artèt_eco è stato definito “un concorso di idee contro un concorso di colpa” perché gli oggetti che ne deriveranno non avranno contribuito ad aumentare i rifiuti, anzi avranno aiutato a sensibilizzare alla loro riduzione.

Saranno premiati i complementi di arredo e gli accessori per la casa più originali e creativi, quelli che lascino meglio trasparire il messaggio di cui sono portatori: è importante riciclare, riutilizzare e restituire una nuova vita agli oggetti di scarto. I progetti dovranno essere funzionali e versatili, di semplice esecuzione e realizzabili a basso costo, in serie.

Nel video, un esempio di riciclo creativo a partire da un contenitore di birra di nuova generazione ed una breve intervista al Prof. Riccardo Dalisi, architetto, designer e artista, al cui nel 2014 è stato assegnato il Compasso D’Oro alla carriera.

{youtube}IN6lOcwypmU{/youtube}

Partecipazione e premi

La partecipazione al concorso è gratuita e non ristretta ai professionisti del settore ma aperta a ogni appassionato.

Una giuria tecnica interna, composta da architetti e docenti universitari, selezionerà entro il 15 febbraio 2016 i lavori più interessanti dal punto di vista di originalità, innovazione e tecnica.  

Con i progettisti dei lavori selezionati verranno stipulati contratti di royalties e gli oggetti considerati realizzabili verranno messi in produzione con il marchio “Spazio Artét_eco” e presentati nel 2016 ad almeno una fiera internazionale. (Salone del Mobile – Homi).

Tutti i finalisti, verranno menzionati in un comunicato stampa che sarà inoltrato alle più importanti riviste internazionali di architettura e design, a giornalisti e a molteplici canali informativi.

Per partecipare è necessario produrre 2 tavole A3 con viste quotate del modello (un’assonometria e una tavola illustrativa con render o vista prospettica) e fornire una descrizione del progetto che includa materiali e colori proposti.

Per presentare gli elaborati occorre iscriversi al sito www.arteteco.it ed inviare le tavole all’email concorsi@arteteco.it entro la chiusura del bando, prevista per il 23 Gennaio 2016.

Per saperne di più e scaricare il bando visitare la pagina Concorsi sul sito Arteteco. 

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Concorso “Ecoidee”: lunga vita ai rifiuti!

Quando sostenibilità e creatività si incontrano non può che nascere qualcosa di speciale. Lo sanno bene gli organizzatori del concorso “Ecoidee”, che premia i talenti creativi in grado di creare pezzi di arredamento a partire dal riciclo di oggetti di scarto.

Ad organizzare il concorso è Spazio Artèt_eco, un brand che nasce per diventare un punto di incontro tra designer ed aziende, professionisti ed istituzioni avvicinandoli attraverso la creatività, l’imprenditorialità, l’arte e l’economia. Spazio Artèt_eco è stato ideato dall’Associazione culturale Arcarte Lab Creative in collaborazione con Artèteco e con il sostegno di Fondazione CON IL SUD, il cui obiettivo primario è di formare giovani, appartenenti a fasce deboli e svantaggiate, sui temi legati alla produzione di elementi di arredo di design con l’apporto di artigiani e creativi e con l’utilizzo di materiali di scarto.

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Il contest Ecoidee, organizzato da Spazio Artèt_eco è stato definito “un concorso di idee contro un concorso di colpa” perché gli oggetti che ne deriveranno non avranno contribuito ad aumentare i rifiuti, anzi avranno aiutato a sensibilizzare alla loro riduzione.

Saranno premiati i complementi di arredo e gli accessori per la casa più originali e creativi, quelli che lascino meglio trasparire il messaggio di cui sono portatori: è importante riciclare, riutilizzare e restituire una nuova vita agli oggetti di scarto. I progetti dovranno essere funzionali e versatili, di semplice esecuzione e realizzabili a basso costo, in serie.

Nel video, un esempio di riciclo creativo a partire da un contenitore di birra di nuova generazione ed una breve intervista al Prof. Riccardo Dalisi, architetto, designer e artista, al cui nel 2014 è stato assegnato il Compasso D’Oro alla carriera.

{youtube.com}IN6lOcwypmU{/youtube}

Partecipazione e premi

La partecipazione al concorso è gratuita e non ristretta ai professionisti del settore ma aperta a ogni appassionato.

Una giuria tecnica interna, composta da architetti e docenti universitari, selezionerà entro il 15 febbraio 2016 i lavori più interessanti dal punto di vista di originalità, innovazione e tecnica.  

Con i progettisti dei lavori selezionati verranno stipulati contratti di royalties e gli oggetti considerati realizzabili verranno messi in produzione con il marchio “Spazio Artét_eco” e presentati nel 2016 ad almeno una fiera internazionale. (Salone del Mobile – Homi).

Tutti i finalisti, verranno menzionati in un comunicato stampa che sarà inoltrato alle più importanti riviste internazionali di architettura e design, a giornalisti e a molteplici canali informativi.

Per partecipare è necessario produrre 2 tavole A3 con viste quotate del modello (un’assonometria e una tavola illustrativa con render o vista prospettica) e fornire una descrizione del progetto che includa materiali e colori proposti.

Per presentare gli elaborati occorre iscriversi al sito www.arteteco.it ed inviare le tavole all’email concorsi@arteteco.it entro la chiusura del bando, prevista per il 23 Gennaio 2016.

Per saperne di più e scaricare il bando visitare la pagina Concorsi sul sito Arteteco. 

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I LED per l’illuminazione di interni

Dalla lampadina ad incandescenza ai diodi ad emissione di luce, comunemente conosciuti come LED, l’innovazione tecnologica nel campo dell’illuminazione ha fatto passi da gigante. La lampadina ad incandescenza, inventata da Edison nel 1878, sebbene abbia dominato il settore dell’illuminazione per oltre un secolo, da qualche anno non è più sul mercato (fatta eccezione per quelle destinate ad usi specifici, tipo gli elettrodomestici). Il motivo della dismissione di queste lampadine così tanto diffuse in passato eppure così poco efficienti, è da ricercare nelle necessità di risparmio energetico e in un costante sviluppo della ricerca tecnologica in direzione “green”. Le lampadine ad incandescenza infatti, hanno un rendimento bassissimo. Sono state quindi soppiantate da lampade fluorescente e, ovviamente, dai LED.

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I VANTAGGI DEI LED PER L’ILLUMINAZIONE DI INTERNI

Inventati nel 1962, non sono più giovanissimi, eppure I LED, “Light Emitting Diods” (letteralmente diodi che emettono luce), evolutisi molto nel tempo, sono praticamente imbattibili in termini di efficienza: a parità di luce emessa consentono di risparmiare fino al 90% di elettricità rispetto alle tradizionali lampadine.

Visti questi significativi vantaggi in termini energetici, non è difficile immaginare come mai le lampade LED, i cui prezzi sono ormai quasi allineati a quelli delle lampade fluorescenti, si stiano diffondendo così tanto sul mercato, nell’illuminazione di interni come nel settore commerciale, negli uffici così come nelle industrie.

Oltre al fatto che consentono un significativo risparmio energetico, le lampde a LED sono consigliabili per l’illuminazione di interni anche per altri motivi.

– la durata: le lampade a LED sono in grado di durare fino a circa 50 mila ore, che corrispondono a 6 anni in cui la lampada è rimasta accesa 24 ore su 24. In realtà le lampade LED, dopo circa 50 mila ore di funzionamento non smettono di funzionare, solo iniziano ad emettere meno luce rispetto a quella iniziale. Qualora ciò non crei fastidi, le lampade possono essere utilizzate anche per il doppio del tempo, fino a 100 mila ore, altrimenti sostituite. Inoltre, il funzionamento delle lampade a LED non dipende dal numero di accensioni e spegnimenti, il che le rende ideali per l’ambiente domestico, in cui raramente le lampade restano accese per intere giornate senza essere mai spente (come avviene in uffici, industrie…).

la produzione di calore: sebbene questo aspetto faccia pensare solo all’efficienza della lampada (se non produce calore sfrutta più efficientemente l’energia ricevuta), quello della mancata produzione di calore delle lampade a LED è un aspetto importantissimo nell’illuminazione di interni perché consente di collocarle a contatto con materiali come legno, plastica ed altre superfici che potrebbero andare danneggiate con il calore.

la regolazione della luminosità: le lampade a LED possono essere accoppiate a dimmer, i regolatori di luminosità e quindi essere utilizzate in ambienti in cui non sempre è desiderato lo stesso livello di luminosità. La regolabilità dell’intensità di luce rende le lampade LED compatibili anche con i sistemi domotici, con cui si possono impostare delle “scene di luce”, ottenibili anche con i LED.

creatività e design: i LED possono essere realizzati in qualsiasi colore, incluso il bianco, consentendo la creazione di atmosfere personalizzate. La luce dei LED è ben direzionabile, il che consente di far risaltare una specifica zona, dare rilievo ad un quadro o illuminare la poltrona su cui ci si siede a leggere, senza causare alcuno sfarfallio di luce.

LAMPADE LED, STAMPA 3D E BIOPLASTICA

Questa serie di vantaggi nell’utilizzo dei LED ha convinto i designer a sbizzarrirsi con creazioni utili ed originali.

LEDbyLED, un brand italiano che progetta e realizza artigianalmente lampade di design, per la produzione delle sue lampade ha unito la convenienza dei LED alla stampa 3D effettuata utilizzando un materiale sostenibile ed un processo produttivo completamente rispettoso dell’ambiente.

Le lampade di LEDbyLED sono prodotte dalla stampa 3D utilizzando un filamento di PLA. Il PLA è un acido polilattico, una molecola ottenuta dalla fermentazione, separazione e polimerizzazione dell’amido di mais. Si ottiene quindi una speciale bioplastica, naturale, facilmente smaltibile e con un’ottima trasparenza, che perfettamente si adatta all’utilizzo come involucro per le lampade della collezione LEDbyLED. 

caption: Silva

caption: Gea

caption: Gemina

caption: Pyra

Nella produzione delle sue lampade, LEDbyLED non impatta sull’ambiente: l’anidride carbonica immessa durante il processo produttivo è bilanciata dall’assorbimento della CO2 che la pianta del mais, durante la crescita, assorbe con la fotosintesi clorofilliana. L’intero ciclo di vita di queste lampade può definirsi sostenibile: oltre alla produzione che compensa le emissioni e l’utilizzo, durante il quale i LED consumano pochissima energia, queste lampade sono facilmente smaltibili. Il PLA infatti è totalmente biodegradabile e compostabile.

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L’evoluzione degli arredi in legno attraverso la storia degli incastri

Gli incastri sono quei giunti in cui due elementi si collegano tra loro in modo tale che la sporgenza dell’uno possa inserirsi nella cavità dell’altro. Ne esistono di semplici ed estremamente complessi, a seconda del legno da utilizzare e della funzione dell’oggetto che si sta realizzando. 

In copertina: Il porta riviste in multistrato di betulla.

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STORIA ED ORIGINE DEGLI INCASTRI DI LEGNO PER GLI ARREDI

L’arte degli incastri ha attraversato in Italia momenti di grande fioritura, specialmente quando si è espressa come sintesi della creatività di artisti emergenti e le capacità manuali degli abili maestri artigiani. 
In realtà all’inizio del Medioevo i mobili erano molto massicci, lontani dall’essere elaboratamente assemblati: erano costituiti per lo più da assi di legno, blocchi monolitici da collocare dove servisse. Le credenze e gli armadi erano costituiti da semplici assi, le tavole si reggevano, grazie al loro stesso peso, su trespoli. 
I falegnami come li intendiamo oggi nacquero solo dopo, quando furono inventati gli incastri, che consentivano di unire tra loro diversi pezzi a formare oggetti di mobilio più complessi e gradevoli.  
La tecnica di lavorazione del legno tramite incastri si diffuse in Italia grazie all’esperienza ereditata dai falegnami romani che avevano realizzato con il legno opere notevoli come la cattedra di Massimiano a Ravenna e, tra gli altri, un armadietto con cassetti conservato in Vaticano.

(Storia d’Italia e d’Europa. L’Europa barbara e feudale F.Burgarella, S.Chierici, R.Fontaine, M.Guidetti, G.Penco, P.P.Pggio, M.Rouche JACA BOOK)

caption: Cassettiera in multistrato di betulla.

La tecnica dell’incastro è una tradizione molto sentita anche in Giappone, dove il “sashimono“, letteralmente “cose unite”, sin dal periodo Edo (1603-1868) è considerato un modo efficace di assemblare elementi lignei che compongono abitazioni e mobili. Il Sashimono ha dato vita a pezzi di falegnameria non solo perfettamente solidi e funzionali, ma anche estremamente affascinanti. In un’ottica molto moderna, all’epoca dei samurai i mobili dismessi venivano smontati e riutilizzati per altri scopi. 

Quando la tecnologia non era ancora così diffusa e prima dell’avvento delle macchine a controllo numerico, quello dei falegnami era un mestiere la cui importanza era ampiamente riconosciuta. Le macchine a controllo numerico, in grado di operare autonomamente senza l’intervento umano, hanno sempre più messo da parte gli artigiani del legno

caption: Sedia, scrivania con porta computer e lampada.

Con l’avvento della tecnologia infatti, abbassandosi il costo dei manufatti, si sono diffusi sistemi di assemblaggio meccanico e chimico che hanno sostituito il laborioso e creativo lavoro manuale dei falegnami, in grado di realizzare incastri complessi come l’intarsio ed efficientissimi come la nuova linea di Eco arredi RIR.

Oggi il taglio laser ha riportato in voga gli incastri: e la creativita Italiana, la precisione del disegno tecnico e l’affidabilità  delle macchine laser nell’effettuare tagli precisissimi, è tale che, qualsiasi sia la sagoma programmata, la macchina sia in grado di ricrearla, facendo in modo che le due parti da incastrare combacino perfettamente tra loro.

IL TECNICO DEL LEGNO

Per saperne di più su questa tecnica  abbiamo coinvolto Mariano ex falegname e fondatore del marchio RIR, una realtà artigiana che opera nel settore degli arredi in legno e particolarmente attenta alle tematiche di sostenibilità e ambiente. In merito al taglio laser per la lavorazione del legno, Il Tecnico del Legno ci spiega che è da considerarsi come un’evoluzione sostenibile del modo di arredare

anche perché con il taglio laser si evitano alcune lavorazioni classiche fatte con il pantografo o le macchine utensili tradizionali evitando cosi di usare frese e utensili che dovrebbero essere prodotti e poi affilati usando liquidi di raffreddamento e oli emulsionabili non sempre semplici da smaltire.

Ne abbiamo quindi approfittato per sapere di più sulla lavorazione del legno per gli arredi in generale.

La linea di Eco Arredi progettata e distribuita con il marchio  RIR è realizzata con pannelli di multistrato di betulla. Questo legno, proveniente da foreste auto gestite e certificato FSC in classe E1, è tra i multistrati più pregiati ed uniformi  particolarmente resistente perché gli strati del legno dei pannelli sono disposti in maniera incrociata.

Una volta pronti i pannelli, vengono tagliati con il laser, rifilati per evitare scheggiature e armonizzare le forme e assemblati.

Abbracciare la cultura del consumismo non significa necessariamente abbandonare le tradizioni costruttive storiche e per fortuna ci sono realtà italiane che ancora lo dimostrano. 

caption: Cubotti: porta oggetti in pannelli multistrato di betulla.

caption: Porta PC in legno multistrato di betulla.

Le foto ritraggono le creazioni del marchio RIR progettate e realizzate da Il Tecnico del Legno.

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La sostenibilità degli arredi in cartone

Il cartone: un materiale povero e semplicissimo con impensabili caratteristiche che lo rendono un buon alleato di architetti e designer. Diversi architetti lo hanno utilizzato per la realizzazione di padiglioni espositivi più o meno grandi, ma c’è chi ha osato di più: l’architetto giapponese Shigeru Ban, vincitore del premio Pritzker Prize 2014, ha utilizzato il cartone per costruire interi edifici, chiese e perfino ponti. Famoso è il suo progetto della chiesa in cartone per la città di Christchurch, in Nuova Zelanda, in cui il terremoto del 2011 aveva distrutto la storica cattedrale gotica. Ban interviene in questa città con una cattedrale in cartone che nella grande facciata frontale, in cui sono inseriti vetri triangolari di diversi colori, richiama le classiche vetrate gotiche.

Dopo il 1972, anno in cui Frank O. Gehry progettò per Vitra la famosa Wiggle Chair, l’utilizzo del cartone si è diffuso in architettura come nel design,  un mercato in cui le caratteristiche di sostenibilità dei prodotti hanno sempre più valore. 

Le caratteristiche degli arredi in cartone

Versatili, leggeri, riciclabili, gli arredi in cartone si sono fatti largo in brevissimo tempo. E’ difficile resistere a piccoli pezzi di design progettati con una logica essenziale per essere piegati su se stessi, trasportati con facilità e poi rimontati all’occorrenza. Ne analizziamo le caratteristiche

Caratteristiche fisiche e meccaniche

Uno dei falsi miti più diffusi è quello della scarsa resistenza degli arredi in cartone: i fogli di cartone ondulato, affiancati l’uno all’altro o incastrati e piegati seguendo i precisi disegni di un designer possono comporre sedie, tavoli, librerie e non solo. Data la loro resistenza, soprende scoprire quanto siano leggeri. Questa loro caratteristica li rende perfetti per il trasporto (stand ed arredi per fiere o esibizioni) ma anche per modificare ogni settimana la disposizione dei mobili del soggiorno! 

Caratteristiche di sostenibilità

Non è difficile immaginare che i mobili in cartone siano sostenibili. Non solo per la loro riciclabilità e perché possono essere ottenuti da cartoni derivati dal riciclo della carta, ma anche perché non contengono collanti e altre sostanze nocive: si assemblano infatti con affascinanti incastri a vista o sono realizzati con un unico foglio di cartone piegato da modellare per ottenere l’oggetto desiderato. 

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Cartone. Ma quale?

C’è cartone e cartone, noi preferiamo quello riciclato e riciclabile. Per fare chiarezza sull’argomento abbiamo interpellato l’architetto Pierpaolo Giannuzzi e il direttore amministrativo Jessica Ferro della 99.NINE, società specializzata nella progettazione e realizzazione di strutture modulari e arredi (riciclati e riciclabili) costituiti interamente da cartone da imballo e per alimenti. “Tutti i prodotti vengono realizzati in falegnameria trasformando ciò che è destinato allo smaltimento in qualcosa di utile” – spiegano Pierpaolo e Jessica – “In questo modo non solo sosteniamo l’artigianato italiano, ma offriamo anche un prodotto ecologico, che crediamo contribuisca a tutelare il nostro più grande tesoro: La Terra”.

Per la realizzazione di arredi in cartone, alla 99.NINE si usano solo Paperstone e Yekapan.

  • Paperstone è un materiale ottenuto dal riciclo della carta. E’ costituito infatti soltanto da carta riciclata (del tipo classico, che si utilizza in tutti gli uffici), il cui impasto fibroso è tenuto saldamente insieme da resine e oli naturali derivati dai gusci degli anacardi. Il Paperstone sfida ogni pregiudizio sulla resistenza all’acqua e al fuoco del cartone: gli oggetti in carta Paperstone, grazie al trattamento superficiale con oli naturali, sono resistenti al fuoco e possono essere addirittura lavati in lavastoviglie.
  • Yekpan è riciclato proprio come il primo, ma la materia da cui deriva non è la carta da ufficio, bensì sono i cartoni alimentari riciclati che, sottoposti ad alte temperature, danno luogo a pannelli solidi e batteriologicamente puri. 

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Circo: la lavastoviglie che non consuma elettricità

Spesso ci chiediamo se è più conveniente lavare i piatti a mano o in lavastoviglie. Certamente i nuovi modelli Energy Star lavano in modo efficiente, utilizzando da due a quattro litri di acqua mentre, se laviamo i piatti manualmente, non riusciremmo a usare meno di due litri al minuto e sicuramente consumeremmo una dose molto più elevata di detersivo.

In un futuro molto prossimo le cose potrebbero cambiare decisamente in meglio, grazie a un nuovo tipo di lavastoviglie a manovella, totalmente trasparente che non consuma elettricità e si pone al primo posto nella famiglia degli ecoelettrodomestici.

Si tratta di Circo Independent, il prototipo di lavastoviglie ideato dal designer Chen Levin che iniziò a progettare quest’apparecchio nel 2014, come parte di un progetto universitario e che ora, dopo aver realizzato il prototipo, cerca finanziamenti per la produzione e la commercializzazione.

LA LAVATRICE CHE CONSUMA SOLO ACQUA

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LAVASTOVIGLIE: ECOEFFICIENZA DA RECORD

Le sue qualità vincenti sono:

  • il ridotto consumo di acqua, solo 700 ml per lavare un servizio completo per due persone;
  • il tempo brevissimo di lavaggio, un minuto soltanto;
  • una dose minima di detersivo;
  • zero uso di energia elettrica;
  • il minimo ingombro.

Senza rinunciare alla comodità di un elettrodomestico.

COME FUNZIONA CIRCO INDEPENDENT

In pratica basta aprire il vassoio posto in basso, inserire una pastiglia di acetato di sodio che scalda l’acqua senza corrente (l’acetato di sodio non è altro che una combinazione tra bicarbonato di sodio e acido acetico contenuto nell’aceto), riempire il serbatoio con l’acqua direttamente dal rubinetto e aggiungere una piccola quantità di detersivo. Inserite le stoviglie, si ruota la manovella energicamente per un minuto e il gioco è fatto. Terminato il lavaggio, si apre lo sportello e si fanno asciugare i piatti all’aria.

Circo è di piccole dimensioni, perciò è pensato per chi non ha molto spazio e, quando non serve, si può spostare altrove per utilizzare i ripiani della cucina.

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Concorso di idee per la progettazione di rivestimenti per camini di design

Non è solo una fonte di riscaldamento, ma il punto di riferimento di un’abitazione: intorno al camino ci si riunisce e riscalda incantandosi davanti al fuoco che arde.

Il design di un camino è importante quanto la sua funzione, e non va lasciato al caso. Una progettazione attenta, oltre a massimizzarne l’efficienza, può dargli risalto all’interno di un ambiente, o lasciare che si fonda con esso, senza soluzione di continuità, giocando con forme, colori e finiture.

Artèteco, agenzia di comunicazione attiva nei settori del Corporate Identity, Multimedia e Web Design, Design Management ed Event planning, che combina esperienze, passioni e competenze in un team dinamico e vivace, bandisce la quinta edizione del concorso di idee “Si accende il design… dai fuoco alle tue idee“, con cui invita alla progettazione di rivestimenti per camini di design.

Per partecipare bisogna inviare 2 tavole con viste quotate del modello, 1 tavola con vista assonometrica e una illustrativa con rendering o vista prospettica all’indirizzo email concorsi@arteteco.it entro la data di chiusura del bando, prevista al 19 Ottobre 2015. La partecipazione al concorso è gratuita ed aperta a tutti, sia singoli che riuniti in gruppi. 

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Saranno premiate le proposte più audaci, innovative, tecnicamente valide, in grado di coniugare aspetti estetici e funzionali. A decretare i vincitori sarà una giuria composta da architetti e professori universitari che valuterà anche la sostenibilità dei progetti, favorendo quelli che prevedono l’utilizzo di materiali di scarto, anche mescolati a miscele di quarzo e speciali polimeri, e facilmente realizzabili, che consentano di essere prodotti in serie a basso costo.

All’autore del progetto vincitore sarà riconosciuto un premio in denaro di 1,000.00 euro e il suo progetto di rivestimento per camino (Quadro e/o Totus) realizzato dall’Azienda Costruzioni Tecniche Meccaniche (CTM) attraverso l’utilizzo di macchinari tra i più sofisticati e tecnologici sul mercato. L’azienda produttrice riconoscerà ai vincitori delle percentuali sulle vendite e ai finalisti sarà garantita visibilità su riviste di architettura e design. 

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Lucky Penny, design su misura per un caffè a Melbourne

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È un penny trovato per terra vicino ad un suo locale ad innescare una serie di felici eventi concatenati, tra cui l’apertura del caffè/ristorante chiamato non a caso Lucky Penny. A Melbourne, lungo la rinomata Chapel Street dove si susseguono le boutique e i locali più trendy, si contraddistingue dagli altri per l’atmosfera genuina e intima.

UNA CAFFETTERIA VERDE NEL CUORE DI PECHINO

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Il design su misura gioca tra rievocazioni vintage e uno stile contemporaneo, privilegiando l’uso di tecniche e materiali locali. Per il progetto sul lotto stretto e allungato, è incaricato lo studio Biasol che con l’aiuto di Mezai e Tre Mezzo sviluppa il concept, l’interior design e la grafica. Su una superficie di 115 mq disposto su due livelli, il Lucky Penny viene realizzato con le indicazioni dell’architetto Jean-Pierre Biasol come “uno spazio da vivere e in cui ti senti a casa, dove il vintage si bilancia con lo stile moderno scandinavo“.

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South Yarra, il quartiere in cui si trova il caffè, è una costellazione di negozi di vario genere, e in particolare lungo i 4 km della Chapel Street ci sono ristoranti, night club, boutique di lusso e bazar di cianfrusaglie. Perciò per il Lucky Penny i progettisti ricercano uno stile opposto, una sequenza di spazi accoglienti e non pretenziosi.

Piante ricadenti punteggiano muri bianchi, mentre comodi appendiabiti e lampade industriali creano intimità tra i tavoli. L’obiettivo è massimizzare lo spazio per i clienti, ottenuto con il design su misura e scelte architettoniche che coniugano comodità, funzionalità e ricercatezza.

Superfici quadrettate e riflettenti di ceramica introducono il cliente in un ambiente accogliente e schietto. Lo stesso logo, il nome racchiuso da un cerchio tratteggiato, è riportato sulla vetrata e sui menù, mentre tavoli e sedie con varie altezze e bicolore vivacizzano gli ambienti.

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Gusto nordico e materiali autentici per un ambiente raffinato, che muta e si evolve con il vissuto dei clienti. Il design essenziale si caratterizza per la cura di ogni dettaglio, dagli schienali e portagiornali all’illuminazione: una sensazione familiare avvolge e mette a proprio agio il cliente. Pavimento e soffitto chiaro con spot incassati inquadrano ambienti dai toni tenui, tessuti e pelli ricercati definiscono spazi confortevoli e armonici nella composizione e nelle cromie. I muri di mattoni irregolari raccontano una storia ancestrale e iterativa, mentre la scelta dei colori amplifica la percezione dello spazio rendendo unici i momenti trascorsi al suo interno.

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Ricorsi dei mattoni su un irregolare strato d’intonaco bianco rappresentano la permanenza della tradizione costruttiva locale, su cui spiccano le nere lampade con le luci puntate sui tavoli dal carattere prettamente industriale. L’esposizione dei prodotti in teche trasparenti e i ripiani lineari facilitano la scelta dei clienti, mentre la cura e l’amore per i dettagli si manifestano negli arredi e negli oggetti.

Gli sgabelli di James Richardson sono dipinti nella parte superiore o inferiore di bianco o di nero, i menù e le portariviste sono in pelle chiara, ricercati e minimali. Specchi circolari, bottiglioni di vetro, quadretti di varie dimensioni e colori definiscono l’atmosfera domestica del Lucky Penny, dove una piacevole pausa dopo lo shopping potrebbe riservare altri fortunati momenti.

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Riciclo e arredamento: gli interni del bar da oggetti industriali

Nel cuore di Kiev, il ristorante bar “Bite & Go. Deli Cafe” è stato progettato dallo studio di Yaroslav Galant che ha concepito gli interni recuperando e riciclando oggetti esistenti di matrice industriale

La parte del locale visibile al pubblico, stretta e lunga, è stata distinta in due parti: la zona più vicina all’accesso con i tavoli, dove poter sostare, e una zona soprelevata che, tramite tre scalini, porta ai servizi e al bancone, a cui arrivano le vivande. 

INTERIOR E RICICLO: GLI ARREDI DI UN LOCALE DI NEW YORK DAL MERCATO DELLE PULCI

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Partendo da componenti derivanti da lavorazioni industriali di una fabbrica di acciaio, il progettista ha saputo combinare oggetti di scarto, struttura esistente e funzionalità, creando un mix divertente e di sicuro effetto. L’audace filosofia sottesa a questo tipo di realizzazione sposa la visione di un riciclo creativo, immaginando una nuova vita per gli oggetti. Come testimonia il designer, il ciclo di vita degli oggetti non termina con la fine dell’uso per cui sono state concepite: dare loro una una nuova opportunità è una scelta ecologica e virtuosa. Anche i locali, in cui è stata inserita l’attività, sono frutto di una trasformazione: la ristrutturazione ha lasciato trasparire volutamente i mattoni del vecchio edificio, le finestre ad arco e alcune parti del soffitto, e ha completato l’intervento con colonne di metallo, vetri blindati, dettagli in cemento, condotti degli impianti open air e cablaggio elettrico, per dichiarare la provenienza industriale di parte dell’intervento. L’arredo è costruito con materiali di riciclo: partendo dai tavoli, con sostegno ricavato dalla geniale combinazione di pezzi di scarto di una fabbrica di acciaio e isolatori di ceramica (di forma simile a piatti rovesciati), passando dalla realizzazione del bancone ondulato, sviluppato dal progettista utilizzando pannelli di legno di frassino, rivestiti con una cera di petrolio a basso impatto ambientale (trattamento subito da tutti gli altri elementi in legno del locale), fino al telaio delle sedute e all’illuminazione.

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Gli impianti, non murati ma evidenti sulle pareti, sono completati da lampade ricurve del 1890 (che assomigliano a rubinetti), impreziosite da vecchi cestini per il ghiaccio anni sessanta che hanno l’effetto di lanterne. Anche il bagno è parte di questo manifesto visivo del riciclo: dai tubi a vista al lavandino, l’imprinting industriale è chiaramente riconoscibile.

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L’attenzione al dettaglio si spinge fino al disegno ondulato della pedana di accesso al bancone e alla particolare posa del rivestimento, fuori e dentro il servizio igienico. Il corian del bancone è utilizzato come proseguimento ed evoluzione della ceramica dei tavoli. Vecchie foto di personaggi del passato alle prese con il cibo, compresi gli originari abitanti del locale, sono appese alle pareti e si intervallano ad antichi specchi e disegni sui muri.

La sostenibilità passa anche dalle scelte dei progettisti di interni: fare “tutto nuovo” o guardarsi intorno e reinterpretare ciò che già c’è. Il risultato, seguendo la seconda via, non è niente male. Che sia un modo per rimettere nel ciclo oltre agli oggetti anche le idee?

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A tavola con creatività: suggerimenti per apparecchiare con fiori, frutta e colori

Quello di apparecchiare la tavola è un momento importante tanto quanto la preparazione delle pietanze stesse. Fa sentire gli ospiti al centro dell’attenzione, li fa sentire coccolati e a proprio agio e contribuisce a dare rilievo ed importanza al cibo. Niente di più sconveniente e sgradevole di un pranzo o una cena preparati con grande cura ed una tavola decisamente da meno, apparecchiata in modo grossolano, senza attenzione né creatività.

IL BON TON E L’ALLESTIMENTO DELLA TAVOLA

Prima di suggerirvi qualche idea creativa per allestire una tavola con il riciclo creativo, è importante conoscere in che modo posate, piatti e bicchieri vanno collocati a tavola. Il galateo infatti è piuttosto rigido a riguardo e prevede che ci sia una posata per ogni portata, posizionata come illustrato nell’immagine in basso. 

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Le forchette, per il primo, il secondo e l’eventuale antipasto, vanno sulla sinistra del piatto (7, 8, 9). Dal lato opposto va posizionato il coltello (eventualmente anche quello per l’antipasto), con la lama sempre rivolta verso l’interno e, se necessario, alla sua destra, il cucchiaio (4, 5, 6). In alto invece vanno le posate da dessert e frutta: forchettina, coltello e cucchiaino (11, 12, 13), orientati come da figura.  Terminato con le posate, è il momento dei bicchieri. Partendo da quello per l’acqua, da allineare con la punta del coltello, il galateo prevede che gli altri si collochino in ordine decrescente di misura da sinistra verso destra (14, 15, 16, 17).

Una volta chiaro lo schema per apparecchiare, ci si può sbizzarrire arricchendo la tavola con colori, elementi naturali e di riciclo per abbellirla e rendere il pranzo o la cena, un’esperienza per tutti i commensali!

APPARECCHIARE LA TAVOLA CON CREATIVITÀ

A tavola con i colori

Duzzle, il nuovo negozio di arredamento online per la casa e l’ufficio, propone un set di 6 sottobicchieri coloratissimi a forma di cuore per rallegrare la tavola. Il set di sottobicchieri, realizzato da Present Time, costa 15,99 euro. Su Duzzle, acquistando 2 o più prodotti, si paga un’unica spesa di spedizione. Perchè non abbinare ai sottobicchieri un set di posate dagli stessi colori? Si può scegliere tra tanti altri complementi e prodotti per la tavola e la cucina. Molti sono in Offerta Flash, per tutti gli altri, si può approfittare dello sconto del 10% che si ottiene iscrivendosi alla newsletter. 

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Decorare con la frutta

Con la frutta si riesce a decorare la tavola in modo del tutto inaspettato. I suoi meravigliosi colori la rendono perfetta per sbizzarrirci in allestimenti unici. La frutta, ma anche interi rami, può essere disposta lungo la direzione principale di un bel tavolo rettangolare e di per sé crea una decorazione semplice e bella

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Se siete dotati di tanta pazienza e volete decorare la tavola in un modo che lasci i vostri ospiti a bocca aperta, potete decorare delle mele rosse con della pasta a base di zucchero. Perfette per il pranzo di Natale, sono più belle delle palline dell’albero e possono essere realizzate servendosi della saccapoche.

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Una tavola fiorita

A volte bastano dei fiori per ravvivare la tavola. Le alternative al classico vaso di fiori a centro tavola sono diverse. Li si potrebbe collocare in barattoli di latta lasciati al grezzo o dipinti in vari colori, abbinandoli a bicchieri e altri complementi o, ancora meglio, disporli in graziosissime tazzine da tè, magari una diversa dall’altra. Non male è anche l’idea di non limitare la presenza dei fiori a centro tavola ed utilizzarli per esempio come segna posto o per racchiudere le posate nel tovagliolo. 

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Arredi tradizionali in bambù reinterpretati da Stefan Diez

La tradizione artigianale in Giappone ha radici antichissime ed è oggi supportata da un’industria all’avanguardia, eccezionale artigianato e da uno spirito intraprendente sempre alla ricerca di nuove ispirazioni. Ogni anno il collettivo Japancreative, con base a Tokyo e art director Masaaki Hiromura, seleziona designers internazionali per promuovere il binomio dell’antico sapere giapponese con la produzione locale. Artisti del calibro di Stefan Diez, Barberos Gerby  e Pierre Charpin sono stati invitati quest’anno a lavorare con il maestro del bambù Yoshihiro Yamagishi, nell’isola Kochi a sud del Giappone.

NON SOLO TRADIZIONE: IL BAMBÙ E LA TECNOLOGIA

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La linea in bambù “Soba” nasce dalla mente di Stefan Diez che enfatizza le proprietà di questo materialeper realizzare il coordinato tavolo/panca. Quest’anno è stata presentata anche nella Fiera del Mobile di Stoccolma riscuotendo grande successo. Il nome della collezione riprende un piatto tradizionale giapponese, che consiste in sottili tagliolini di grano saraceno serviti in un vassoio di bambù. 

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Reinterpretazione dei tradizionali mobili giapponesi

L’industria del bambù giapponese, che negli ultimi anni ha registrato un notevole declino, sta cercando di puntare sull’interior design europeo e ad una diversificazione dei prodotti. In linea con questi propositi, il duo tavolo/panca risponde pienamente alle esigenze di esportazione e di vendita on line grazie ad un imballaggio minimo, pezzi da incastrare e fissare solamente con corde in kevlar.

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Alla facilità di montaggio, si deve aggiungere la qualità nei dettagli e la possibilità di uso in ambienti interni ed esterni. A causa del naturale invecchiamento del bambù, soprattutto se posto all’esterno, il verde brillante si tramuterà in grigio chiaro, aggiungendo ai ricordi legati all’arredo la patina del tempo e dell’uso quotidiano. Sofisticata e innovativa, la collezione non è solo una reinterpretazione dei mobili giapponesi ma, più in generale, è un ottimo esempio di design contemporaneo con l’uso esclusivo dell’”acciaio vegetale”.

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Purezza e semplicità funzionale sono alla base di tutti i lavori del designer Diez,  e questa è un vero e proprio elogio al materiale più versatile e rigido esistente in natura. La panca è realizzata da tre grossi gambi legati e appoggiati su quattro basi, mentre il tavolo è composto da due cavalletti che sorreggono un asse centrale e la sottile lastra di vetro. Ogni innesto ed incastro è irrigidito dalle robuste corde in kevlar, i nodi della pianta sono ben evidenti e segnano i mobili, mentre le sezioni tonde e le forme pure denotano un approccio radicale ma non banale.

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