Progettazione partecipata: gli arredi gialli del giardino di Cavallino

Gli arredi gialli del giardino di Cavallino dalla progettazione partecipata

Lungo la via Fausta, una delle strade più trafficate di Cavallino-Treporti e di connessione tra Jesolo a Punta Sabbioni (Venezia), un lotto di 3,5 ettari è stato riqualificato dallo studio Stradivarie Architetti Associati con due interventi: “naturalmente arena!” nel 2015-2016 e park(e)ing nel 2010-11.  L’intervento di progettazione partecipata ha dato vita ad un parco urbano in cui spiccano arredi ed elementi gialli che ravvivano il giardino di Cavallino.

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Il progetto degli elementi di arredo urbano nello spazio pubblico

Gli arredi urbani puntellano le nostre città. Elementi di design o oggetti puramente funzionali, senza di essi lo spazio pubblico sarebbe più povero, spoglio e meno vivibile rispetto alle necessità dei cittadini. È questo uno dei motivi per cui il progetto della città deve avere un occhio di riguardo anche per la qualità delle sedute o il funzionamento dei dissuasori per l’ottimizzazione della viabilità.

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La progettazione dello spazio pubblico, nella città storica consolidata e in quella contemporanea di recente espansione, è costantemente oggetto di studio da parte dei progettisti, intenti a misurarsi con la frequente necessità di interventi che adeguino gli spazi urbani al gusto di chi quegli spazi li governa e li vive anche attraverso gli arredi. La stessa fruizione degli spazi aperti da parte dei cittadini può mutare e piegarsi alle scelte progettuali, e talvolta essere compromessa da lavori o elementi che non hanno risposto a precisi requisiti.
Da qui la necessità di compiere scelte lungimiranti sul futuro dei nostri quartieri e che rispondano ad un preciso progetto di immagine della città, sia che si parli di edifici che in tema di arredi urbani.

Elementi dell’arredo urbano tra tradizione e innovazione

Con il termine “arredo urbano” si indica una serie vasta e variegata di dispositivi che, dalle panchine alle buchette postali, svolgono funzioni precise all’interno dello spazio pubblico. Troppo spesso trattati come semplici oggetti da posizionare agli angoli delle strade, questi elementi possono (e devono) essere occasione di riflessione di progetto per gli architetti che hanno la possibilità di ridisegnare porzioni di città. 
Cestini, lampioni, dissuasori, persino cabine telefoniche, se ben scelti e progettati possono arricchire lo spazio cittadino anziché banalizzarlo: le cabine rosse di Londra sono un perfetto esempio di come un elemento di arredo sia diventato simbolo della città.

Nell’ultimo secolo i momenti di creatività si sono moltiplicati insieme alla necessità di comunicare informazioni ai cittadini ed ecco cartelloni pubblicitari, semafori, bacheche e tabelloni informativi a LED spuntare come funghi, talvolta seguendo fedelmente una precisa linea grafica di progetto, altre volte rispondendo ad una necessità emersa all’improvviso e velocemente risolta.

Lo spazio pubblico non è solo un grande contenitore di attività per il terziario ed il tempo libero, ma uno spazio collettivo che va attrezzato per accogliere ogni attività. Recenti interventi di rigenerazione urbana possono fornirci esempi di come si possa riprogettare l’ambiente urbano con arredi del tutto originali.

Nel cuore di Copenhagen Bjarke Ingels Group, assieme ai paesaggisti Topotek1 e al collettivo Superflex, ha realizzato Superkilen, un parco pubblico di 30.000 mq commissionato dal Comune pensato per rappresentare al suo interno ben 57 comunità etniche. Colori diversi contraddistinguono le aree del parco dove, tra alberi e piste ciclabili, è possibile parcheggiare le bici nelle rastrelliere provenienti dalla Norvegia, o giocare a scacchi sui tavoli da gioco arrivati da Brasile e Belgio.

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Diversa ambientazione per il progetto dello studio RS+ che sul lago di Paprocany, in Polonia, interviene con un progetto di rigenerazione urbana e valorizzazione paesaggistica del lungolago. Una promenade in legno si snoda lungo la riva del lago polacco dove, con materiali diversi e adatti ai luoghi, si delineano aree pedonali, ciclabili, aree attrezzate per gli allenamenti sportivi e le attività ludiche dei più piccoli. Per le aree pedonali sono impiegate panchine e ringhiere in materiale resinoso, mentre per la palestra all’aperto sono stati utilizzati degli inerti minerali granulosi. Infine luci LED illuminano i percorsi di notte.

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Con le nuove tecnologie per la produzione di energia da fonti rinnovabili possiamo definire come arredi urbani anche alcune soluzioni green, come le pensiline fotovoltaiche per l’attesa dei bus realizzate da City Design, le postazioni urbane per l’alimentazione dei dispositivi elettronici o gli alberi eolici costituiti da microturbine al posto delle foglie.
E che questi elementi di arredo urbano siano costantemente in aggiornamento lo dimostrano anche le nuove cabine telefoniche londinesi, non più rosse ma verdissime dentro e fuori. Le nuove green cabs si chiameranno SolarBox e non conterranno più un telefono pubblico, bensì una postazione per ricaricare fino a 4 smartphone.

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Il progetto degli elementi di arredo urbano nello spazio pubblico

Gli arredi urbani puntellano le nostre città. Elementi di design o oggetti puramente funzionali, senza di essi lo spazio pubblico sarebbe più povero, spoglio e meno vivibile rispetto alle necessità dei cittadini. È questo uno dei motivi per cui il progetto della città deve avere un occhio di riguardo anche per la qualità delle sedute o il funzionamento dei dissuasori per l’ottimizzazione della viabilità.

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La progettazione dello spazio pubblico, nella città storica consolidata e in quella contemporanea di recente espansione, è costantemente oggetto di studio da parte dei progettisti, intenti a misurarsi con la frequente necessità di interventi che adeguino gli spazi urbani al gusto di chi quegli spazi li governa e li vive anche attraverso gli arredi. La stessa fruizione degli spazi aperti da parte dei cittadini può mutare e piegarsi alle scelte progettuali, e talvolta essere compromessa da lavori o elementi che non hanno risposto a precisi requisiti.
Da qui la necessità di compiere scelte lungimiranti sul futuro dei nostri quartieri e che rispondano ad un preciso progetto di immagine della città, sia che si parli di edifici che in tema di arredi urbani.

Elementi dell’arredo urbano tra tradizione e innovazione

Con il termine “arredo urbano” si indica una serie vasta e variegata di dispositivi che, dalle panchine alle buchette postali, svolgono funzioni precise all’interno dello spazio pubblico. Troppo spesso trattati come semplici oggetti da posizionare agli angoli delle strade, questi elementi possono (e devono) essere occasione di riflessione di progetto per gli architetti che hanno la possibilità di ridisegnare porzioni di città. 
Cestini, lampioni, dissuasori, persino cabine telefoniche, se ben scelti e progettati possono arricchire lo spazio cittadino anziché banalizzarlo: le cabine rosse di Londra sono un perfetto esempio di come un elemento di arredo sia diventato simbolo della città.

Nell’ultimo secolo i momenti di creatività si sono moltiplicati insieme alla necessità di comunicare informazioni ai cittadini ed ecco cartelloni pubblicitari, semafori, bacheche e tabelloni informativi a LED spuntare come funghi, talvolta seguendo fedelmente una precisa linea grafica di progetto, altre volte rispondendo ad una necessità emersa all’improvviso e velocemente risolta.

Lo spazio pubblico non è solo un grande contenitore di attività per il terziario ed il tempo libero, ma uno spazio collettivo che va attrezzato per accogliere ogni attività. Recenti interventi di rigenerazione urbana possono fornirci esempi di come si possa riprogettare l’ambiente urbano con arredi del tutto originali.

Nel cuore di Copenhagen Bjarke Ingels Group, assieme ai paesaggisti Topotek1 e al collettivo Superflex, ha realizzato Superkilen, un parco pubblico di 30.000 mq commissionato dal Comune pensato per rappresentare al suo interno ben 57 comunità etniche. Colori diversi contraddistinguono le aree del parco dove, tra alberi e piste ciclabili, è possibile parcheggiare le bici nelle rastrelliere provenienti dalla Norvegia, o giocare a scacchi sui tavoli da gioco arrivati da Brasile e Belgio.

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Diversa ambientazione per il progetto dello studio RS+ che sul lago di Paprocany, in Polonia, interviene con un progetto di rigenerazione urbana e valorizzazione paesaggistica del lungolago. Una promenade in legno si snoda lungo la riva del lago polacco dove, con materiali diversi e adatti ai luoghi, si delineano aree pedonali, ciclabili, aree attrezzate per gli allenamenti sportivi e le attività ludiche dei più piccoli. Per le aree pedonali sono impiegate panchine e ringhiere in materiale resinoso, mentre per la palestra all’aperto sono stati utilizzati degli inerti minerali granulosi. Infine luci LED illuminano i percorsi di notte.

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Con le nuove tecnologie per la produzione di energia da fonti rinnovabili possiamo definire come arredi urbani anche alcune soluzioni green, come le pensiline fotovoltaiche per l’attesa dei bus realizzate da City Design, le postazioni urbane per l’alimentazione dei dispositivi elettronici o gli alberi eolici costituiti da microturbine al posto delle foglie.
E che questi elementi di arredo urbano siano costantemente in aggiornamento lo dimostrano anche le nuove cabine telefoniche londinesi, non più rosse ma verdissime dentro e fuori. Le nuove green cabs si chiameranno SolarBox e non conterranno più un telefono pubblico, bensì una postazione per ricaricare fino a 4 smartphone.

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Gioielli smog free: l’aria pulita secondo Daan Roosegaarde

Quando il designer Daan Roosegaarde uscì dalla doccia della sua stanza d’albergo a Pechino, in un lunedì d’autunno, vide dalla sua finestra l’iconica sede della China Central Television. Il giorno seguente e quello dopo ancora gli edifici della CCTV erano completamente oscurati dal pesante smog della città. Da questa esperienza nacque l’idea di incorporare quel pesante inquinamento atmosferico in un’altra delle sue sperimentazioni: Roosegaarde è infatti noto in tutto il mondo per le sue opere interattive  e i suoi progetti sociali che creano relazioni futuristiche nel rapporto umano-tecnologia-natura. Così dopo Dune, Waterlicht e Smart Highway, lo Studio Roosegaarde ed il suo team di esperti hanno creato la Smog Free Tower, “il più grande aspirapolvere del mondo” – così come lo stesso designer ha voluto definirla.

IL MATTONE IN CALCESTRUZZO POROSO CHE FILTRA L’ARIA

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La Smog Free Tower di Roosegaarde

La torre usa una tecnologia brevettata agli ioni per migliorare la qualità dell’aria nelle sue vicinanze e per produrre delle “bolle” di spazio pubblico prive di smog, permettendo alle persone di testare l’esperienza sensoriale del respirare aria pulita.

L’obiettivo del progetto non è ovviamente limitato al contesto locale ma ha orizzonti ben più ampi: l’esperienza sensoriale dell’aria fino al 75% più pura vuole essere di sensibilizzazione per le persone che la sperimentano, stimolandole ad immaginare un futuro pulito in cui essi possano diventare parte della soluzione invece che del problema, con la collaborazione ed il lavoro sinergico dei governi, delle organizzazioni non governative, del settore delle industrie clean-tech.

La prima torre Smog Free, alta circa 7 metri, è stata aperta al pubblico da Settembre, in seguito ad una campagna di fundraising, in Vierhavensstraat 52, a Rotterdam e prossimamente farà il giro del mondo, visitando anche città come Los Angeles, Città del Messico e la stessa Pechino.

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Il funzionamento della torre smog free

Dopo aver studiato, fin dai primi anni del 2000, i processi di ionizzazione e il meccanismo naturale di pulizia dell’aria dell’olivello spinoso – una pianta della famiglia delle Hippophae, capace di rimuovere dall’aria le particelle di sabbia, sale e particolato – Bob Ursem, ricercatore dell’Università di Tecnologia di Delft, ne immaginò una versione artificiale: dalla collaborazione con il team dello studio Roosegaarde e con European Nano Solution è poi nata la Smog Free Tower.

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L’aria viene aspirata all’interno della torre da un sistema di aspirazione radiale posto nella parte alta ed entra in un comparto interno nel quale le particelle più piccole di 15 micrometri vengono ionizzate – gli atomi o le molecole rimangono carichi positivamente. Come trucioli di ferro attirati da una calamita le particelle cariche vengono attratte da un elettrodo posto nella parte bassa dello stesso comparto. Dopo essere stata privata di polveri sottili e particolato all’interno l’aria pulita viene pompata all’esterno da aperture situate nella parte bassa della torre. Il funzionamento della torre è garantito da un impianto microeolico ed essa, utilizzando grossomodo la stessa quantità di energia elettrica di uno scaldabagno, è in grado di pulire circa 30000 metri cubi d’aria l’ora senza produrre ozono.

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I gioielli Smog Free

Per concretizzare il lavoro della macchina e rendere il problema dello smog più tangibile, lo studio Roosegaarde ha poi ideato qualcosa di estremamente rappresentativo: con il particolato ottenuto come sottoprodotto della pulizia dell’aria da parte del macchinario, vengono creati dei gioielli Smog Free, un anello o dei gemelli rispettivamente per donne e per uomini. Le particelle di carbonio vengono compresse e sigillate in un cubetto di resina che racchiude 1000 metri cubi di aria pulita: un gioiello che ci si augura sia davvero “per sempre!”.

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Pachuca: la città più colorata al mondo

Nella città di Pachuca, in Messico, nel quartiere Las Palmitas l’arcobaleno non svanisce dopo il temporale. Grazie a una iniziativa promossa dal governo locale e in collaborazione con il collettivo di artisti Germen Crew, Las Palmitas, è stata interessata da un poderoso (e colorato) lavoro di Street art che ha coinvolto 209 abitazioni e 452 famiglie, e che ha trasformato sia visivamente sia socialmente questa zona degradata della città.

Infatti, dove prima le case grigie e le vie tortuose, deserte al calar del sole, incutevano paura agli abitanti, oggi la vita è tornata ad animare quei luoghi e il timore di uscire è svanito favorendo la collaborazione e il consolidamento della comunità locale.

LA CITTÀ ROSA: TOLOSA E I SUOI EDIFICI COLORATI

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Pachuca: la città più colorata al mondo 

Ci sono voluti 14 mesi e ventimila litri di vernice per concretizzare il progetto di decorazione delle case. Larghe fasce sinuose e figure geometriche dai colori accesi costituiscono lo sfondo su cui sono stati poi disegnati persone, grandi fiori e oggetti di vario tipo. In questo modo passeggiando per le vie si possono ammirare i singoli lavori degli artisti, mentre da lontano la collina su cui sorge il quartiere appare come un gigantesco arcobaleno costituito da 1.500 metriquadrati di murales.

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Il lavoro del collettivo artistico non è consistito semplicemente nella realizzazione materiale dell’opera. Infatti, ha lavorato attivamente per convincere le famiglie a dare il permesso ad intervenire sulle proprie abitazioni bussando a ogni porta e parlando con tutti. Prima di applicare il colore alle pareti è stato necessario imbiancare ogni singolo edificio sia per una questione tecnica, sia per trasmettere il messaggio che tutti i residenti sono uguali indipendentemente dalle condizioni economiche.

Nonostante le difficoltà e la fatica per la messa in opere di un progetto così esteso, il governo e Germen Crew vorrebbero intraprendere lo stesso percorso anche in altre zone della città visto il successo riscontrato soprattutto a livello sociale e il prossimo quartiere interessato dovrebbe essere Cubitos.

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Il workshop di autocostruzione di arredi per l’Università di Roma Tor Vergata

Il 23 giugno presso l’Università di Roma Tor Vergata saranno inaugurati i nuovi spazi della Macroarea di Ingegneria riqualificati e arredati da un gruppo di studenti nel corso del workshop “WAKEMAKE”.

RIQUALIFICARE RICICLANDO: IL PROGETTO DI VIVIAMOLAQ

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L’evento da poco conclusosi ha visto un gruppo di studenti del corso di laurea in Ingegneria edile-architettura impegnarsi in un laboratorio di autocostruzione di oggetti di arredo per esterno, interamente realizzati con materiali di riciclo dal cantiere della Città dello Sport di Calatrava, opera incompiuta e ferma ormai da 5 anni. A guidare i 24 ragazzi l’esperienza dello Studio Arcò – architettura&cooperazione di Milano.

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L’iniziativa, lanciata e sviluppata dai giovani Sonia Luisi, Filippo Lorenzi, Federico Giunta e Iacopo Carinci,  ha vinto anche il bando per le attività culturali studentesche, ma oltre all’intento didattico, l’obiettivo principale è stato quello di riqualificare uno spazio inutilizzato della Macroarea di Ingegneria per riconsegnarlo al campus trasformato in un luogo vivibile e di condivisione: “il Salotto”.

Simbolicamente gli studenti doneranno questo nuovo spazio all’Università di Roma Tor Vergata con una cerimonia di inaugurazione presenziata dal Magnifico Rettore Prof. Giuseppe Novelli che si terrà il giorno 23 Giugno 2015 alle ore 11.40 presso la Macroarea di Ingegneria.
Per informazioni è possibile contattare gli organizzatori all’indirizzo email info.wakemake@gmail.com e seguire le prossime attività di WAKEMAKE su Facebook e Instagram.

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