Tappeti erbosi a bassa manutenzione. Prati perfetti con le tappezzanti

Un bel prato, fitto e compatto necessita di costante manutenzione per poter essere in salute e al massimo del suo splendore.Quindi sono essenziali una serie di cure per una buona tenuta nel tempo.Oltre al periodico sfalcio eseguito almeno due volte alla settimana, dalla primavera all’autunno, quando l’attività di crescita è rigogliosa, serve un’irrigazione costante. È necessario almeno una volta l’anno effettuare la risemina, nei punti maggiormente usurati; l’apporto di nutrienti mediante una concimazione e l’eliminazione del feltro che si deposita tra le piantine e rende il terreno poco permeabile.

Un giardino in armonia con l’abitazione

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Bisogna tenere presente che tutte queste operazioni di mantenzione del prato, importanti allo stesso modo, non vanno trascurate e necessitano di un bel po’ di tempo libero per poterle effettuare con tutta l’accortezza necessaria ed oltretutto hanno un costo.
Per evitare queste procedure costanti e dispendiose in termini di tempo e denaro, si può optare per specie tappezzanti.

LE TAPPEZZANTI

Le tappezzanti, non sono altro che piante perenni con sviluppo orizzontale che si prestano bene ad essere utilizzate come coprisuolo, perché  ricoprono fittamente il terreno, richiedendo una minima manutenzione e di sovente vengono utilizzate in alternativa ai classici tappeti erbosi. 
L’aspetto estetico è ovviamente diverso rispetto a quello di un prato tradizionale, ma sicuramente molto gradevole.

Le classiche alternative sono rappresentate dalla Dichondra repens e dal Trifoliumrepens, piccole piante dallo sviluppo denso e compatto, molto resistenti al calpestio, che non necessitano generalmente di essere sfalciate con regolarità.

La Dichondra

La Dichondra della famiglia delle Convolvulacee è una pianta dallo sviluppo contenuto, in quanto raggiunge i 4-5 cm di altezza, molto piacevole e compatta e particolarmente adatta per i prati soleggiati.
Sopporta benissimo la siccità e la carenza di nutrienti nel terreno, quindi non dovremo forzatamente preoccuparci di concimare e annaffiare frequentemente.
Oltre ad essere durevole, necessita di pochissime cure: lo sfalcio, eseguito a fine inverno, per promuovere lo sviluppo di nuove foglioline.
Presenta l’inconveniente di un tardivo insediamento, causa dei tempi lunghi che impiega per svilupparsi.

Il Trifoglio

Il Trifoglio offre una alternativa simile alla Dichondra, ma raggiunge un altezza di 10-12 cm e copre anche i terreni più duri e difficili. Sopporta la siccità e resiste ottimamente al gelo.
La particolarità dei questa specie appartenendo alla famiglia delle Leguminose, è quella di ospitare tra le radici dei batteri che permettono di fissare l’azoto presente nell’aria, quindi non necessita di concimazioni e richiede 2-3 sfalci l’anno.

caption: a sinistrafoto di Frances Santos; a destra foto di Sheldon .

La Dymondia margaretae

La Dymondia margaretae, della famiglia Asteraceae, pianta molto particolare per la splendida tonalità grigio-blu delle lunghe foglie arrotolate.
Si tratta di una piccola pianta tappezzante, resistente al calpestio, che produce profonde radici e durante il periodo estivo, produce una bellissima fioritura di piccole margherite dorate.
Si tratta di una piccola pianta che si sviluppa rapidamente, allargandosi nell’arco di alcune settimane. La peculiarità di questa specie è la grandissima resistenza alla siccità, alle correnti salmastre e al gelo prolungato, quindi ideale sia nei giardini costieri sia nei giardini dove il clima non è proprio mite.
Non necessita di sfalci, poichè si sviluppa soltanto per 5-7 cm in altezza, l’unico accorgimento che dovremmo darle è una concimazione annuale.

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Fondi UE per la promozione della sostenibilità ambientale e sociale

Un nuovo strumento di agevolazione dell’energia sostenibile per interventi sociali è stato avviato dalla Comunità Europea (CE) -organo esecutivo dell’UE- utilizzando i fondi non spesi del Programma energetico europeo. Dovrà sostenere gli Stati membri dell’UE a soddisfare gli obiettivi della direttiva conosciuta come “pacchetto 202020. Vediamo brevemente le principali peculiarità e quali opportunità offre a investitori e beneficiari.

IL PROGRAMMA ELENA PER L’EFFICIENZA ENERGETICA

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L’EEEF EUROPEAN ENERGY EFFICIENCY FUND

L’European Energy Efficiency Fund (EEEF) è una partnership mista -tra pubblico e privato- e ha una duplice valenza: da un lato agevola l’accesso al credito di promotori di progetti pubblici (P.A e ESCOs) di piccola scala e dall’altro remunera gli investitori privati mediante un sistema di vendita di azioni. In generale, il fondo è in linea con la Dichiarazione sui Principi e gli Standard Ambientali e Sociali della BEI (Banca Europea degli Investimenti ed è dotato di un SEMS (Social and Environmental Management System) che definisce i suoi propri standard di rendimento e relative procedure. Nello schema visualizziamo il suo approccio olistico:

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Creato nel 2011 il fondo europeo ammette l’ingresso d’investitori di vario tipo: le agenzie donatrici, governi, istituti finanziari internazionali e investitori privati professionali e, in ogni caso, in base alla legge lussemburghese SIF (Specialized Investments Funds). La CE ha apportato 125 milioni di euro (Junior Tranche Fund), in parte assumendo i rischi economici associati ai progetti d’investimento. La BEI (dalle sue origini nel 1958 fino alla fine degli anni ’80 presieduta da italiani) ha apportato 75 milioni di euro (Mezzanine Tranche and Senior Stock Option), la nostrana Cassa Depositi e Prestiti (CDP) ha contribuito con 60 milioni di euro (Mezzanine Tranche and Senior Stock Option ), mentre la Deutsche Bank (DB) ha investito 5 milioni di euro (Mezzanine Tranche) ed è anche l’ente gestore degli investimenti dell’EEEF. Il gruppo dei principali azionisti punta ad aumentare il capitale totale, dagli attuali 265 milioni di euro a circa 800 milioni di euro, attirando ulteriori investitori privati.

CATEGORIE DI FINANZIAMENTO

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Risparmio Energetico ed Efficienza Energetica

I progetti finanziabili possono riguardare:

  • gli investimenti in edifici pubblici e privati per l’adozione di soluzioni per l’efficienza energetica e l’utilizzo di energie rinnovabili, comprese quelle basate sull’uso delle TIC (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione);
  • gli investimenti in produzione combinata ad alta efficienza energetica di elettricità-calore (CHP) -compresa la micro-cogenerazione- e le reti di riscaldamento e raffreddamento, in particolare da fonti di energia rinnovabile;
  • le infrastrutture locali, compreso l’efficientamento delle infrastrutture pubbliche per l’illuminazione esterna -come strade e semafori- per lo stoccaggio di energia elettrica, le smart metering e le smart grid, che fanno pieno uso delle TIC;
  • le tecnologie basate sull’efficientamento energetico ed energie rinnovabili con il migliore potenziale innovativo ed economico disponibile nel mercato.

Fonti Rinnovabili di Energia

I progetti finanziabili possono riguardare: 

  • la produzione di energia da fonti rinnovabili locali, in reti di distribuzione con tensione medio-bassa (fino a 110 kV);
  • le Smart-grid che consentano un maggiore consumo da fonti di energia rinnovabile; 
  • lo stoccaggio energetico per l’accumulo di parte dell’energia prodotta da fonti intermittenti durante le ore di basso consumo, per poterla poi restituire nei picchi di domanda; 
  • l’inserimento del biogas prodotto localmente nelle reti del gas naturale, come anche gli impianti di microgenerazione da fonti di energia rinnovabile, che solitamente fornisce meno di 50kW in relazione alla tecnologia di produzione di calore e/o energia mirata alle utenze domestiche individuali, case di occupazione plurima, abitazioni multiple, e settori commerciali leggeri; 
  • Ie tecnologie che non si limitano al solare fotovoltaico ma includono anche impianti microeolici, microidraulici, pompe di calore con fonti terra, acqua e aria, riscaldamento solare, a biomasse o a biogas, e micro-CHP che utilizzano fonti di energia rinnovabile.

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Trasporto Urbano Pulito

I progetti finanziabili devono riguardare:

  • il trasporto urbano alimentato da fonti pulite, azioni a supporto dell’aumento dell’efficienza energetica e dell’integrazione di fonti energetiche rinnovabili, con speciale attenzione al trasporto pubblico, alle vetture elettriche ad idrogeno e con ridotte emissioni di gas serra;
  • la promozione di una efficace e progressiva sostituzione del petrolio con combustibili alternativi e lo sviluppo di vetture che consumano meno energia e generano meno emissioni inquinanti.

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CRITERI DI SELEZIONE DEI PROGETTI

I progetti vengono ammessi al finanziamento agevolato in base a dei precisi criteri di selezione condotta in due fasi dalla DB: la prima (mediante screening) e la seconda (mediante due diligence). Gli investimenti devono raggiungere l’obiettivo specifico di risparmio di energia primaria per progetti di efficienza energetica almeno del 20%, fatta eccezione per il settore edilizio nel quale è richiesta una percentuale più elevata a seconda dei casi. Gli investimenti nel settore dei trasporti devono soddisfare l’obiettivo specifico della riduzione del 20% delle emissioni di CO2. Allo scopo, è necessario fornire una stima dell’attuale risparmio di COe di energia primaria. Altri dettagli da includere sono le previsioni e il metodo di calcolo, ovvero gli indicatori per misurare il raggiungimento di detti obiettivi ambiti. 

Gli organismi pubblici che richiedano finanziamenti dovranno esplicitare obiettivi concreti, ovvero misurabili, volti alla mitigazione dei cambiamenti climatici  così come le eventuali strategie pluriennali per perseguirli. Ad esempio, la sottoscrizione del Patto dei Sindaci è vista dai selezionatori come un fattore positivo poiché dimostra l’impegno preso dall’ente locale di andare oltre agli obiettivi delle politiche energetiche dell’UE in termini di riduzione delle emissioni di CO2 attraverso un miglioramento dell’efficienza energetica, la produzione e l’uso di energia più pulita. L’elemento chiave del buon esito della richiesta di finanziamento è il rapporto totale tra debito e capitale, se è al di sopra di un certo livello (a seconda del progetto) e EEEF considera tale valore insufficiente, il finanziamento allora non è fattibile.

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BENEFICIARI E TIPI D’INVESTIMENTI

I beneficiari finali del fondo sono gli enti pubblici -a livello locale e regionale (compresi i Comuni)- le aziende pubbliche e private (al servizio degli enti locali) quali le aziende del settore energetico dedite al pubblico servizio, i fornitori di trasporto pubblico, le associazioni di edilizia sociale, o le società che offrono servizi energetici, ecc. Gli investimenti sono ammessi in Euro e solo in una piccola percentuale anche nelle altre monete locali. Sono finanziabili solo i progetti realizzabili negli stati membri dell’Unione Europea. Per quanto riguarda la tipologia, come vedremo, gli investimenti nel settore in oggetto possono essere di due tipi: diretti oppure verso le istituzioni finanziarie.

Investimenti Diretti

Gli investimenti in progetti di efficienza energetica ed energia rinnovabile vanno dai 5 ai 25 milioni di Euro e riguardano i progetti di soggetti promotori come: società di servizi energetici (ESCO), servizi di energia rinnovabile ed efficienza energetica su scala ridotta, agenzie di distribuzione che servono mercati di efficienza energetica ed energia rinnovabile nei paesi target.

Gli strumenti finanziari includono debito senior (pagamento prioritario, n.d.t.), finanziamenti intermedi (o mezzanine), strumenti di leasing e prestiti forfettari (in cooperazione con i partner industriali). Sono inoltre disponibili co-investimenti equity per energie rinnovabili anche oltre il termine dei progetti finanziati e con la partecipazione di enti privati che agiscano per conto delle autorità locali, regionali e nazionali.

I tradizionali finanziamenti bancari -come i debt investments– possono durare fino a 15 anni, mentre la partecipazione dell’EEEF al finanziamento ma anche ai guadagni come gli equity investments- possono essere flessibili, quindi adattati alle necessità delle varie fasi di progetto.
Il Fondo può co-investire come parte di un consorzio e partecipare mediante una condivisione di rischio con una banca locale.

Investimenti in Istituti Finanziari

Riguardano gli investimenti in banche commerciali locali, società di leasing e altri istituti finanziari scelti che finanziano, oppure si impegnano a finanziare, i beneficiari finali soddisfando i criteri di ammissibilità dell’EEEF. Gli istituti finanziari, partner scelti, riceveranno debt investments con scadenza a 15 anni. Gli strumenti ammessi, eccetto gli equity investments, sono: debito senior, debito subordinato e garanzie. 
Gli istituti finanziari accordano ai beneficiari del Fondo -che soddisfano i criteri di ammissibilità- il finanziamento di progetti di efficientamento energetico e di energia rinnovabile.

TASSI D’INTERESSE, RENDIMENTI E ASSISTENZA TECNICA

Il Fondo offre finanziamenti commerciali, ovvero prestiti di denaro a valore di mercato, il cui tasso d’interesse è negoziabile da parte del beneficiario in funzione della struttura di rischio del suo investimento. Nella maggior parte dei casi varia in funzione dell’EURIBOR, ma può essere convertito anche in tasso fisso. Ad eccezione dell’Assistenza Tecnica (AT), qualunque finanziamento mediante l’EEEF va restituito interamente.

Il fondo concede un contributo della Commissione Europea pari al 90% dei costi complessivi per coprire il servizio di AT a condizione che il progetto venga poi finanziato mediante lo stesso fondo. Il servizio ha lo scopo di facilitare l’implementazione di progetti sostenendo la preparazione di studi di fattibilità, business plan e gare d’appalto.

Agli investitori è assicurato un rendimento basato sulla resa azionistica del principio a cascata, secondo il quale ci sono tre diverse categorie di azioni in ordine rispetto al maggior grado di rischio: C, B e A. La variabilità del rendimento è agganciata all’Euribor 6M più uno spread (aggiornamento semestrale, n.d.t.). A seconda della redditività del Fondo, sono possibili dividendi complementari.

COME RICHIEDERE IL FINANZIAMENTO

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La domanda di finanziamento può essere inviata direttamente alla DB, oppure attraverso un proprio project manager esperto in europrogettazione per la verifica di fattibilità del progetto. Una volta terminato positivamente lo screening, per la rispondenza alle linee guida dell’EEEF, il progetto verrà ammesso alla due diligence e quindi sottoposto alla decisione finale in merito alla sua ammissibilità al finanziamento da parte dei maggiori azionisti del fondo. Per l’ammissione alla seconda fase di analisi i proponenti devono fornire informazioni più dettagliate, come il modello finanziario, descrizione generale del progetto e dettagli tecnici per la valutazione del rapporto rischio-rendimento. Solo in caso di rispondenza del progetto, alle prescrizioni ambientali e di sviluppo, l’ente gestore del fondo prepara una proposta di investimento, affinché possa essere valutata dal Comitato degli Investimenti. Una volta ottenuta l’approvazione, da parte degli organi direttivi del fondo, la DB prepara la relazione finanziaria finale, necessaria per assicurare il rispetto dei termini e delle condizioni concordate. A tal fine, i beneficiari devono includere una regolare rendicontazione (semestrale e annuale) delle performance finanziarie, sociali ed ambientali.

Per concludere, evidenziamo che l’EEEF investe soltanto in tecnologie sicure (quelle nell’ambito della R&S sono ammesse, ma seguono altri criteri non oggetto del fondo in questione) purché non precedentemente finanziate da altri programmi UE (Fondi Strutturali, Fondi di Coesione, ecc.). L’unica ipotesi ammissibile di complementarietà tra l’EEEF e i sopra menzionati programmi UE è la possibilità del progetto di essere finanziabile in fasi separate. In fine, la richiesta di finanziamento non ha una scadenza definita, pertanto fino alla durata del fondo può essere inviata in qualsiasi momento; tuttavia per la verifica dell’ammissibilità è preferibile che la gara di appalto del progetto sia stata già avviata o conclusa. Per ulteriori informazioni rimandiamo al sito della BEI.

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Piano Azione per l’Energia Sostenibile: il modello di un comune danese

Il comune di Ringkøbing-Skjern, in Danimarca, ha aderito al PAES (Piano Azione per l’Energia Sostenibile) nell’ambito del Patto dei Sindaci con l’obiettivo di raggiungere l’autosufficienza energetica grazie alle fonti rinnovabili entro il 2020, superando quanto stabilito nella direttiva UE conosciuta come “Pacchetto 20-20-20”. Il virtuoso Comune danese ha infatti già superato nel 2007 gli obiettivi europei con il 20% di energia rinnovabile e ora punta ad un obiettivo più ambizioso: arrivare al 65% entro il 2015, e quindi coprire il 100% del proprio fabbisogno energetico entro il 2020.

BIOGAS: CONVIENE ANCHE ALL’ECONOMIA

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caption: Distribuzione degli allevamenti nel territorio del Comune di Ringkøbing-Skjern in Danimarca. I cerchi indicano gruppi di piccole fattorie che conferiscono il letame in appositi Centri di Digestione Anaerobica Delocalizzati (CDAD). Fonte HMN Naturgas.

Ringkøbing-Skjern è il comune con la più alta densità di animali in Danimarca, ma paradossalmente la produzione di biogas è quasi assente. D’altro canto, esistono 10 impianti di cogenerazione, di taglia piccola/media localizzati nel territorio comunale, finalizzati al teleriscaldamento e attualmente alimentati a gas naturale. Il progetto prevede di produrre biogas – dall’80% dei reflui zootecnici – in una rete di 60 piccoli impianti, interconnessi da 150 km di gasdotti. Mentre il biometano verrebbe prodotto in due impianti centralizzati di upgrading: uno da 4.500 Nm3/ora a Ringkøbing  e l’altro da 2.500 Nm3/ora a Skjern, arrivando a sostituire entro il 2020 fino al 75% del gas naturale attualmente utilizzato.

Il comune ha valutato come i reflui possono essere utilizzati nella maniera più efficiente dal punto di vista energetico grazie a un modello unico che combina i menzionati CDAD con una rete di distribuzione del biogas. È chiamato “Modello Ringkøbing -Skjern” definendo così un nuovo paradigma di sostenibilità, basato sull’integrazione fra i centri di produzione agricola e i centri urbani . Si tratta dunque, non solo di un modello energetico, ma anche di un vincente esempio di come la politica, la finanza, gli enti pubblici, le associazioni di cittadini, agricoltori e allevatori possono collaborare con l’obiettivo comune di ridurre allo stesso tempo i costi di gestione dell’amministrazione pubblica, il carico inquinante degli allevamenti (odori, emissioni incontrollate di NH3 e CH4) e la bolletta energetica dei cittadini.

Di seguito le principali voci di costo del progetto, finanziato con 114 M€ :

  • Costo degli impianti di biogas decentralizzati – 67 M€
  • Rete di biogas e stazioni di compressione – 25 M€
  • Impianto di upgrading – 7  M€
  • Adattamento/acquisto dei cogeneratori – 15 M€

Secondo Energinet.dk, il distributore nazionale danese di gas, il Modello RKSK rappresenterebbe un ottimo volano per il miglioramento della produzione di biogas e la creazione di una infrastruttura sostenibile in Danimarca. Attualmente il Programma Danese per la Ricerca e lo Sviluppo dell’Energia (EUDP) supporta lo sviluppo e l’implementazione del progetto che verrà cofinanziato dal Fondo Europeo per l’Efficienza Energetica (European Energy Efficiency Fund, EEEF, una “società d’investimenti a capitale variabile” secondo la legge del Lussemburgo) ed è stato fondato dalla Commissione Europea in cooperazione con la Banca Europea per gli Investimenti (BEI). Il capitale iniziale erogato dalla Commissione Europea attraverso la BEI, si è poi arricchito dei contributi di altri partner come la Cassa Depositi e Prestiti, e la Deutsche Bank che gestisce gli investimenti.

Infine, nel paese delle turbine eoliche, non poteva mancare quello che definiremmo come il “Modello Ringkøbing -Skjern V2.0”, ovvero basato nella produzione di idrogeno a partire dagli eccedenti di elettricità generata dalla fonte eolica, e successivamente la sua trasformazione in metano mediante il processo Sabatier , tecnica che utilizzala CO2 del biogas come fonte di carbonio per la reazione chimica. In questo modo, è possibile immagazzinare gli eccedenti di energia elettrica sotto la forma di un vettore energetico tecnologicamente più facile da utilizzare dell’idrogeno, quale appunto il metano, ad un costo competitivo con quello delle batterie, circa 4,5 centesimi di euro per kWh immagazzinato.

caption: Il sistema d’integrazione eolico-biogas che consentirà al Comune di Ringkøbing-Skjern  di raggiungere il 100% di autonomia energetica entro il 2020. Fonte HMN Naturgas.

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Rischio idrogeologico: una bomba ad orologeria per l’Italia

Nel 2103 il solo dissesto idrogeologico ha causato anche in Italia oltre 3.700 nuovi “rifugiati ambientali” (meglio noti come “sfollati”) secondo la definizione delle Nazioni Unite. Secondo l’IDCM (Internal Displacement Monitoring Centre) il problema dei rifugiati ambientali non riguarda solo paesi di altri continenti come Asia e Africa, ma anche l’Unione Europea: nel 2013 l’UE ha registrato circa 115.000 nuovi sfollati, di cui 3.700 proprio in Italia!

RISCHIO IDROGEOLOGICO IN ITALIA: TUTTI I DATI

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Una vera tragedia che ogni anno mina nuove vittime e causa infiniti danni.

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Il dossier “Effetto Bomba” di Legambiente evidenzia le situazioni di emergenza in cui si trovano edifici collocati in aree R3 e R4 di rischio idrogeologico; un documento che richiama l’attenzione sulle vite umane in pericolo a causa di edifici realizzati in aree assolutamente rischiose e che ogni anno che passa richiedono notevoli spese per riparare i danni da esse prodotte all’ambiente ad esse circostante. Si tratta di edifici costruiti ignorando completamente le regole di tutela dal rischio idrogeologico, in territori fragili e che hanno potuto contare sulla negligenza di chi ha permesso che esse potessero essere completate e addirittura utilizzate.

Il passato di queste costruzioni -purtroppo in molti casi ancora utilizzate per le loro funzioni- è caratterizzato da eventi calamitosi quali alluvioni e frane, e presenta un futuro molto incerto, sospeso tra il crollo imminente e l’indifferenza di chi dovrebbe porre rimedio a queste situazioni di pericolo.

L’International Disaster Database del CRED (Center for Research on the Epidemiology on Disaster) mostra come in Italia, nel decennio 2005-2014, alluvioni e smottamenti hanno causato circa 10.000 sfollati totali, con una media di 1.000 nuovi “rifugiati ambientali” ogni anno, e numeri superati solo dai devastanti terremoti dell’Aquila e dell’Emilia Romagna, che assieme alla fragilità idrogeologica del nostro paese sono un’altra causa di rovina del territorio.

I 10 EDIFICI DA DEMOLIRE O DELOCALIZZARE

Eccoli così come Legambiente li elenca anche se ci teniamo a sottolineare che ve ne sono molti altri in condizioni altrettanto rischiose, non solo per gli edifici ma anche per chi vi staziona al loro interno e per tutto l’ambiente ad essi circostante. 

  • Tribunale di Borgo Berga di Vicenza costruito tra due fiumi

Il quartiere Borgo Berga di Vicenza

  • Casa dello Studente di Reggio Calabria edificata all’interno di una fiumara
  • Centro Multisala Cinema di Zumpano (Cs), edificato su una scarpata vicino al fiume Crati
  • Scuola di Aulla realizzata sul letto del fiume Magra
  • Centro Commerciale in provincia di Chieti, realizzato a soli 150 metri dall’argine del fiume Pescara
  • Edificazione in area a rischio sul torrente Coriglianeto (Cs)
  • Segherie di Carrara adiacenti all’alveo fluviale
  • Area artigianale di Genova
  • Deposito di materiali radioattivi di Saluggia (VC)

Deposito di scorie radioattive di Saluggia

COME AFFRONTARE IL PROBLEMA

Il responsabile scientifico di Legambiente, Giorgio Zampetti, spiega che “tutti i soggetti coinvolti (Ministeri, Regioni, Autorità di bacino, uffici tecnici comunali, ordini professionali, associazioni di categoria, commercianti, artigiani, comitati e cittadini), dovrebbero avviare una concertazione con l’obiettivo di rivedere la programmazione degli interventi e predisporre opportuni vincoli sulle aree oggetto degli interventi di delocalizzazione, individuando soluzioni procedurali e economiche per realizzare gli interventi di demolizione e delocalizzazione”.

Un processo spesso lungo e macchinoso, considerata la lentezza della macchina burocratica, ma anche impossibilitato dai troppi interessi in gioco a tenere quegli edifici in piedi: prestigio di chi li ha realizzati, interessi economici di chi ha al loro interno attività in corso, mancanza assoluta di fondi per le operazioni di dismissione, etc…

Alessandro Trigila, responsabile dell’Inventario nazionale dei fenomeni franosi dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ci ricorda che “Il consumo di suolo viaggia al ritmo di 7 metri quadrati al secondo, pari a 100 campi di calcio al giorno. Abbiamo un territorio fortemente antropizzato che, a parte gli 8000 Comuni, è fatto da tantissimi piccoli paesini e frazioni.”

Dai dati della su citata ISPRA sappiamo che in Italia avvengono in media 2000 frane all’anno (di varia entità) e, cosa sconvolgente, è il dato fornito da ISPRA che censendo 500 mila frane nel nostro territorio nazionale -di cui alcune ferme da anni ma potrebbero tornare ad essere attive in qualsiasi momento-  ci fa presente che in tutta Europa le frane sono “solo”  700 mila: ebbene 2/3 di tutte le frane europee sono concentrate solo in Italia!

Ci si può tuttavia attivare per agire sul futuro dell’edilizia in aree potenzialmente a rischio. Serve un’attenta programmazione, occorre inserire gli interventi di delocalizzazione (i piani per spostare le attività che attualmente si trovano in quelle aree a rischio) all’interno della pianificazione di bacino fino ai piani di riqualificazione urbana.

Il vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini sostiene che “Di fronte a questo scenario servono scelte nuove e radicali: in caso di edifici che mettono a rischio le persone che vi abitano o vi lavorano e anche chi sta intorno, l’unica scelta possibile è quella della demolizione e delocalizzazione delle attività. Per questo ci aspettiamo un impegno in tal senso e un segnale di discontinuità da parte del Governo, a partire dall’appuntamento degli Stati generali sul clima di lunedì prossimo”.

Italiasicura, la struttura ministeriale con il compito di agire contro il dissesto idrogeologico e operare sullo sviluppo delle infrastrutture idriche, pare si sia attivata da un anno a questa parte aprendo i primi 429 cantieri per un totale di circa 700 milioni di euro in tutta Italia a favore della prevenzione del rischio idrogeologico.

Inoltre l’unità di missione di Palazzo Chigi ed il Ministero dell’Ambiente hanno raccolto le proposte regionali per il Piano nazionale settennale 2014-2020 della difesa del suolo che punta a partire con risorse per 7-9 miliardi e il Piano stralcio destinato alle aree metropolitane

Il sito Polaris dell’Irpi-Cnr oltre a fornire dati, mappe e statistiche aggiornati sugli eventi di frana e inondazione che hanno causato danni diretti alla popolazione, presenta la sezione “Sei preparato?” che contiene consigli su cosa fare e non fare prima, durante e dopo un’alluvione: un sito di facile comprensione e, nella sua semplicità, molto incisivo e utile non solo a capire ma anche ad agire consapevolmente in caso di rischio e di evento calamitoso imminente.

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Renzo Piano: come costruire il castello di sabbia perfetto

Quale migliore consiglio per la realizzazione di un “costruzioni da spiaggia” di quello di Renzo Piano, l’architetto italiano più conosciuto al mondo? Il progettista genovese, che lo scorso Agosto è stato nominato Senatore a vita, intervistato da Rosanna Greenstreet di The Guardian, racconta di aver imparato a pensare in grande già da piccolo, quando giocava con la sabbia sulla spiaggia, e svela i suoi suggerimenti per realizzare un castello di sabbia. Lui che, come racconta lui stesso alla giornalista, con quattro figli, di cui il più grande ha 50 anni e il più piccolo 16, nonostante il suo vasto portfolio di progetti prestigiosi, non ha mai rinunciato alla costruzione di costruzioni di sabbia con i suoi bambini!

Perché per realizzare castelli di sabbia non bisogna essere bambini: l’importante è riuscire a pensare come un bambino.

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I 4 suggerimenti di Renzo Piano per realizzare un castello di sabbia

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1. La relazione con l’acqua è più importante dell’aspetto del castello

“Innanzitutto deve esserti chiaro che costruire un castello di sabbia è un’operazione effimera. Non avere troppe aspettative perché è destinato a durare pochissimo, prevalentemente perché sarà inghiottito dalle onde. Per questo motivo non va posizionato troppo vicino al mare, ma nemmeno troppo lontano dalla battigia: la relazione con le onde e lo studio dei loro movimenti è uno degli aspetti più divertenti del processo. Suona più complicato di quanto non sia ma, al contrario, è semplice ed istintivo.” 

2. La matematica del castello di sabbia

“Realizza una sorta di fossato con le mani nel punto in cui la sabbia è stata lasciata umida dalle onde. Il fosso non dovrebbe essere più profondo di circa 30 cm e largo 45. Raggruppa la sabbia nella forma di una piccola montagna di circa 60 cm, con un’inclinazione delle pareti laterali di circa 45 gradi.”

3. Non c’è castello senza fossato

“Scava un solco che colleghi il solco intorno al castello con il mare: consentirà alle onde di entrare. Il momento in cui l’acqua invade il fossato e lo rende vivo è magico. Se hai scelto la posizione giusta per il castello, puoi rimanere a guardare l’acqua scorrere anche per 10-15 minuti. Per catturare l’immagine nella memoria, chiudi gli occhi quando l’acqua entra nel fossato.”

4. Và a casa senza voltarti 

“Il tocco finale è quello di una bandierina o qualsiasi altra cosa riesca a trovare, da posizionare sulla punta del castello. Servirà a renderlo più visibile alle persone che corrono in spiaggia.

Poi và a casa senza voltarti.”

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Le 5 apps più utili per un architetto

Ogni giorno scarichiamo dozzine di app di tutti i i tipi, ma a parte quelle di utilizzo quotidiano, solo alcune ci sono davvero utili nella professione di architetto.

Ecco perché abbiamo deciso di fornirvi una lista veloce di 5 applicazioni per architetti che vi saranno d’aiuto durante sopralluoghi, meeting e visite in cantiere.

MODIFICA, COLORA, IMPAGINA: 15 SITI WEB PER ARCHITETTI

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Applicazioni per la condivisione di documenti

Dropbox e Google Drive

Dropbox e Google Drive sono i più famosi sistemi di cloud sourcing per archiviare tutti i file di lavoro, condividerli con soci e collaboratori. Averli sempre a portata di mano anche quando si cambia dispositivo, è utilissimo.

App per la gestione di tutte le fasi di progetto

MyMeasure

Il rilievo è la parte iniziale di ogni lavoro, per questo é una fase cruciale, ma quante volte avete dimenticato di prendere proprio QUELLA misura che adesso vi manca? Con MyMeasure legate insieme le fotografie e le misure rilevate: basta un tap sulla foto appena scattate e compariranno le frecce di quota da orientare con il valore da inserire, così saprete cosa esattamente avete misurato e cosa vi manca, il tutto con una semplice app.

MySketches, Paper

Disegnare, fare uno schizzo, buttare giù qualche idea o solo lasciare spazio alla fantasia? Niente di più facile con MySketches e Paper, due apps che, utilizzando il tocco delle dita o gli accessori dedicati, danno la possibilità di disegnare scegliendo tra diversi pennelli, pennarelli e colori.

Autocad 360

Volete visualizzare le ultime modifiche dei vostri progetti e magari essere chiari con la vostra impresa durante i lavori? Aprite l’App di Autocad 360 e tramite l’accesso al vostro account Autodesk precedentemente creato avrete accesso a tutti i dwg caricati tramite il portale 360 integrato in Autocad dalla versione 2013

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App per relazioni e fogli di calcolo

Pages, Numbers e Keynote

Pages, Numbers e Keynote sono la squadra vincente su ogni dispositivo Apple. Il primo vi aiuterà a scrivere le vostre relazioni in maniera facile e veloce, il secondo gestisce i fogli di calcolo con conti ed elenchi mentre il terzo vi viene in soccorso nei casi di presentazioni all’ultimo minuto prima di una riunione importante. Tutti e tre gestiscono ottimamente la compatibilità con documenti di casa Microsoft ma hanno una pecca: come tutti i software Apple sono solo per dispositivi Apple… per tutto il resto c’è Office.

Per essere sempre aggiornati sulle ultime tendenze, gli ultimi materiali e i colori più usati in architettura o semplicemente per prendere qualche spunto basta scaricare i diversi “archi-social” presenti sugli store, tra i più famosi citiamo Archilovers e Houzz.

Ovviamente non dimenticate di salvare sulla home la pagina già mobile-friendly di Architettura Ecosostenibile!

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L’arte di ritagliare gli alberi nella carta

Materiali cartacei di scarto, sensibilità per il riutilizzo di oggetti di uso ordinario ed un paio di forbici: con questi strumenti Yūken Teruya trasforma rifiuti di carta della vita quotidiana in suggestive opere d’arte.

ARTE VEGANA: FRUTTA E VERDURA SU TELA

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In copertina: “Notice-Forest”, Yūken Teruya

LA MODALITÀ DI REALIZZAZIONE DELLE OPERE

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Il concetto-guida di tale catarsi: ritagliare la carta (sacchetti della spesa, vecchi giornali e rotoli di carta igienica) in modo da ricavare una forma, realizzando le sole bucature necessarie a farne emergere la figura; il soggetto: un elemento vegetale, quasi sempre un albero; il risultato: la creazione, con minuzia artigianale, di incantevoli architetture di carta che rivelano al di là della raffinatezza formale profondi significati legati a riflessioni concernenti globalizzazione, ambiente e green economy.

GLI ALBERI INTAGLIATI NEI SACCHETTI

caption: “Notice-Forest”, 1999-2015

L’eco-artista giapponese ricava sculture arboree all’interno di una serie di buste usa e getta riconducibili al mondo della grande distribuzione o delle griffe di moda. Il bonsai viene ritagliato nella sua interezza da un lato della shopping bag, da cui non viene rimosso; la figura viene poi ripiegata all’interno del sacchetto e infine è raccolta sul lato opposto facendo aderire con un filo di colla base del tronco e busta. Ne deriva un inatteso sistema di piccole foreste incantate, eterei paradisi mozzafiato in cui si miscelano perfezione, drammaticità e leggerezza.

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Il frastagliato sistema di bucature che risulta sul lato superiore della busta da questa complessa operazione di sottrazione contribuisce al valore estetico complessivo dell’opera, perché lasciando filtrare la luce simula l’effetto di sottili raggi di sole penetranti attraverso il cielo nuvoloso, a dimostrazione della pari importanza dei pieni e dei vuoti nella costruzione dell’immagine finale.

Essendo inoltre ricavato da un prodotto seriale senza che avvenga un distacco completo dal supporto cartaceo di cui è appendice, l’albero implica la necessità di un confronto fra i mondi artificiale-naturale.

L’infinita varietà morfologica dell’albero è in aperta opposizione a omologazione delle grandi marche internazionali, globalizzazione e serialità del mondo della produzione; ogni elemento della poetica di Teruya è infatti un oggetto unico, modellato come copia di un soggetto del mondo organico realmente esistente che egli ha visto durante la sua vita.

Tale contrasto è evidente anche nell’opera del 2010 “Green Economy”, in cui l’artista ritaglia mazzette di banconote a forma di albero, in polemica con perdita di valori, consumismo e depauperamento delle risorse.

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L’apparente fragilità dell’organismo vivente all’interno della busta cela la reale forza vitale dello stesso che sorregge con i propri rami l’involucro da cui trae origine fungendogli da sostegno come un axis mundi, l’albero cosmico che veniva ritenuto pilastro del cielo grazie alla sua fronda.

Attribuire all’albero in queste collezioni il significato di forza, riferimento e differenziazione allinea quindi l’orientamento di Teruya a innumerevoli interpretazioni cui questa immagine archetipica universale si è prestata nel tempo, dai biblici alberi della Conoscenza e della Vita, passando per le opere di Leonardo, Dürer e Mondrian, fino ad arrivare ai giorni d’oggi con il simbolo del Padiglione Italia di Expo Milano 2015.

I RITAGLI NEI QUOTIDIANI 

caption: “Minding my own business”, del 2011 e del triennio 2013-2015

Le due serie raccolte sotto il titoloMinding my own business sono risposte eco-poetiche dell’autore rispettivamente agli articoli su danni a persone, a città e all’impianto nucleare di Fukushima causati dallo tsunami che colpì il Giappone l’11 marzo 2011 di cui egli è stato testimone e a quelli del New York Times su argomenti dalla droga alla guerra.

Nelle due collezioni Teruya ritaglia le prime pagine di giornali in modo da simulare la crescita di germogli direttamente dal supporto cartaceo come messaggio concreto di un nuovo avvio positivo in relazione al verificarsi degli eventi negativi trattati dalle testate giornalistiche.

Per vari aspetti l’opera di Teruya converge con le visioni del corpus culturale giapponese: infatti l’albero è simbolo di spiritualità, sede di una propria anima e di divinità dei boschi –kami– e come tale va rispettato e salvaguardato (si pensi per es. alla figura protettiva dell’albero-madre dei kodama dei film di Miyazaki); bellezza, la cui fragilità è oggetto di riflessione durante l’hanami, il festival che vede protagonisti i ciliegi giapponesi –sakura- in fiore; speranza, fertilità e vita, il cui ciclico processo di trasformazione da germoglio ad albero trova un parallelo nella ciclica successione di riedificazioni del tempio shintoista.

Il ritaglio inoltre viene effettuato ponendo attenzione anche ad intessere un dialogo fra l’immagine iniziale ed il risultato finale da essa ricavato. Esemplare sotto questo aspetto la serie dei quotidiani americani.

28 dicembre 2011: boom di stupri in Somalia; un’immagine ritrae una vittima di violenza che si nasconde il viso. Yūken Teruya ne oscura l’identità ritagliando fiori dalla superficie della foto. Il varco in tal modo creato sulla sorgente cartacea forma attorno alla figura un’aura tipica dell’iconografia dei santi, amplificando la risonanza dell’immagine di partenza.

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11 giugno 2012: è una risposta alle uccisioni legate al commercio della droga in Messico. Ponendo in simbiosi uomo e natura, l’artista fa nascere un germoglio dalla foto del sangue di una delle vittime, simboleggiando l’avvio di una nuova vita. Dall’albero che idealmente ne scaturirà, qualora lacerato, secondo una tradizione giapponese, sgorgherà sangue da cui avrà avvio un nuovo germoglio in un ininterrotto flusso vitale.

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La testata è sfondo immobile perché testimone delle esperienze del passato, il crescente albero invece è colto in un momento della sua continua evoluzione, rappresentando emozioni, aspirazioni e opinioni personali che l’artista imprime sulla prima pagina. Due tempi, due ruoli.

I ROTOLI DI CARTA IGIENICA 

caption: “Rain Forest”, 2005-2010; “Corner Forest”, 2003-2009

Parallelamente alle sculture nei rotoli di carta igienica create fra il 2009 e il 2012 da Anastassia Elias (“Rouleaux”), Teruya riconosce un valore inespresso a oggetti insignificanti e dà loro una nuova e inaspettata vita trasformandoli in pregevoli opere d’arte.

Da una catena di rotoli pendente dal soffitto o fissata ad una parete l’artista fa infatti spuntare rami, dimostrando che è possibile creare foreste di carta anche dai materiali di uso più comune.

CONTESTO INTERNAZIONALE, ATTUALITÀ E RISPETTO DELLA TRADIZIONE 

L’opera di Yūken Teruya è frutto della confluenza fra la conoscenza delle culture, l’attenzione al contesto storico-artistico con cui egli è a contatto (l’artista è nato nell’isola di Okinawa, ha studiato a Tokyo e a New York, città presso la quale ha sede il suo studio ed espone i suoi oggetti in tutto il mondo, da Berlino a Hiroshima a Santa Monica) e la continuità con le antiche tecniche della sua terra d’origine.

Antiche tecniche che sono legate inscindibilmente all’arte della produzione della carta e in particolare del ritaglio.

La manifattura della carta, incentivata e giustificata in passato dalla richiesta crescente di copie di testi in relazione alla diffusione del buddismo, ha raggiunto in Giappone livelli di perizia, maestria e cura del dettaglio tali da valere il riconoscimento nel 2014 di Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità UNESCO per l’artigianato della carta washi.

In particolare, l’arte del ritaglio si è diffusa in tutto il mondo a partire da Cina e Giappone evolvendosi in diverse tecniche che fanno uso di papercutting, dall’origami alla silhouette e coinvolgendo nel tempo non solo la cultura popolare ma anche personaggi come Hans Christian Andersen e Matisse.

Oggi l’opera di un notevole numero di artisti del panorama internazionale si pone in continuità con la tradizione psaligrafica di Yūken Teruya e non solo nei suoi lavori si possono trovare alberi ritagliati dalla carta che assumono significati differenti a seconda delle opere (ad es. “Fall” di Peter Callesen, in foto).

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Impianti stazionari ad idrogeno

Durante la prima metà del ‘900 l’intera rete di distribuzione del gas in tutte le città del mondo trasportava un combustibile costituito da gas di cokeria il cui contenuto in Idrogeno superava in alcuni casi il 50% e la rimanente parte era costituita prevalentemente da ossido di carbonio e anidride carbonica, sostituito lentamente negli anni da gas metano.

Un primo ed importante passo, ha portato all’utilizzo di combustibili più puliti e quindi al passaggio da carbone e nafte pesanti, a metano. L’Idrogeno però permette di passare da una ridotta emissione di CO2, a un’emissione pari a zero.

IDROGENO: VANTAGGI E SPERIMENTAZIONI

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La grande opportunità che ha oggi l’Idrogeno è legata a due fattori determinanti: il timore che le riserve di combustibili fossili si possano esaurire nel medio periodo, e la necessità di intervenire sulle emissioni di gas serra. I grandi temi di oggi dibattuti riguardo le emissioni inquinanti e il clima alterato, stanno mutando la cultura generale dello spreco e dell’inquinamento.

L’Europa si è posta l’obiettivo di ridurre entro il 2020 il 20% delle emissioni di gas serra, aumentare l’efficienza energetica del 20%, e raggiungere la quota del 20% di fonti rinnovabili per la produzione di energia. Non c’è motivazione migliore per cercare di dare una svolta al sistema energetico.

L’Idrogeno può essere utilizzato per: 

  • lo stoccaggio di energia;
  • il trasporto di energia;
  • come vettore energetico non inquinante per la mobilità;
  • la capacità di riconvertirsi con l’Ossigeno rilasciando energia elettrica e termica con rendimenti ben superiori a quelli della produzione elettrica convenzionale.

Le realizzazioni con l’Idrogeno non saranno mai appannaggio di un solo attore sul mercato; per far funzionare impianti ad Idrogeno, sono necessarie altre tecnologie che hanno il compito di interagire tra loro.

L’Idrogeno è un gas inodore e incolore (non percepibile dai sensi umani), è classificato come “estremamente infiammabile” dalla normativa sulle sostanze e i preparati pericolosi, con una densità quattordici volte inferiore a quella dell’aria. Per le sue caratteristiche, è il gas con il più alto rapporto energia/peso. Un Kg di Idrogeno contiene lo stesso quantitativo energetico di 2,1 kg di gas naturale, e 2,8 kg di benzina. Il vantaggio dell’Idrogeno è che si diffonde nell’aria a una velocità superiore a quella degli altri gas (perché è il più leggero) ma questa caratteristica è svantaggiosa se si considerano ambienti poco ventilati. L’Idrogeno non è presente in natura allo stato libero, ma la sua disponibilità è pressoché illimitata: ovunque vi sia acqua, c’è anche Idrogeno; la molecola dell’acqua è il composto più diffuso sulla terra. Al contrario dei combustibili fossili, l’Idrogeno è un vettore energetico privo di carbonio; grazie a questa sua caratteristica, durante la combustione, le sue emissioni sono prive di CO2, gas responsabile dell’effetto serra.

Le fonti che possono essere utilizzate per la produzione dell’Idrogeno, sono le più svariate, ma solo alcune, permettono di ottenerlo evitando ogni emissione dannosa (NOX o CO2). Per fonti non rinnovabili, come petrolio o carbone, la produzione di CO2 è sempre presente e va a sommarsi all’anidride carbonica esistente. Anche le biomasse a seguito della combustione, danno luogo a piccole emissioni, in particolare ossidi di zolfo e azoto, e, a seconda della biomassa, anche polveri sottili.

L’utilizzo dell’Idrogeno come carburante per automezzi o come fonte di energie con celle a combustibile o combustori catalitici, è certamente una soluzione valida per sconfiggere l’inquinamento in ambito urbano ma non bisogna dimenticare che per produrre Idrogeno occorre spendere energia elettrica o ricorrere a un combustibile fossile, producendo così inevitabilmente anidride carbonica. L’unico modo per produrre idrogeno evitando le emissioni di CO2, è quello di ricorrere alle fonti rinnovabili che consentono la produzione di energia elettrica, e da questa l’Idrogeno per via elettrolitica. Vi sono ancora alcuni problemi tecnologici da superare per rendere il tutto economicamente conveniente su larga scala. Ultimamente, si stanno spendendo molte energie per studiare una produzione di Idrogeno basata sia sull’utilizzo di fonti rinnovabili, sia sull’utilizzo di combustibili fossili, cercando in quest’ultimo caso di contenere le emissioni di CO2 mediante il confinamento del biossido di carbonio.

Oggigiorno la produzione di questo gas per via elettrolitica, è un metodo molto più costoso di quello derivante dal reforming di fonti fossili ma rimane la sola tecnologia realmente ad emissioni zero e quindi meritevole di molta attenzione e di nuovi sforzi per lo sviluppo di tecnologie basate su questo elemento. Questa modalità di produzione dell’Idrogeno, comporta la scissione dell’acqua in due elementi fondamentali, Idrogeno ed Ossigeno. Non si esclude che l’Ossigeno possa essere utilizzato per altri scopi, ad esempio per quelli ospedalieri. Il consumo di acqua e di corrente per produrre 1 mc di Idrogeno, è circa 5 kWh e 0,8 litri acqua. Contemporaneamente si forma anche un volume di 0,5 mc di Ossigeno. La reazione non può avvenire senza l’aggiunta di un elettrolita nella soluzione e la somministrazione di energia dall’esterno con l’applicazione di un potenziale elettrico agli elettrodi. 

Idrogeno per la produzione di elettricitià: Fuel Cells

caption: fonte www.ttspa.it

La cella a combustibile è un dispositivo elettrochimico che, come una normale batteria, trasforma energia chimica in energia elettrica, producendo corrente continua. Questa può essere direttamente utilizzata per alimentare un carico elettrico (ad esempio un motore elettrico o un sistema di illuminazione). La differenza principale rispetto ad un normale accumulatore sta nel consumo degli elettrodi, che in questo caso costituiscono solo il supporto sul quale avvengono le reazioni chimiche (riferimento alle Fuel Cell cosiddette PEM “Proton Exchange Membrane”) che sono eterni. Gli elettrodi, un anodo e un catodo, sono separati da un elettrolita, che invece di essere liquido, è una sottilissima membrana polimerica. Questa consente il passaggio solo dei protoni H+ dall’anodo al catodo.

All’anodo viene fornito Idrogeno gassoso puro e, per mezzo di un catalizzatore (platino), viene separato in protoni ed elettroni. A questo punto, mentre i protoni migrano verso il catodo attraverso la membrana polimerica, gli elettroni, non potendo attraversare la membrana, arrivano al catodo passando attraverso un circuito esterno, generando una corrente elettrica.

Al catodo, arriva contemporaneamente anche Ossigeno, che qui si ricombina (sempre con l’aiuto di un catalizzatore, il platino), con i protoni provenienti dalla membrana e con gli elettroni provenienti dal circuito esterno formando acqua. Considerando che una singola cella fornisce ai morsetti una tensione di circa 0,6 V, è necessario collegare più celle in serie, per ottenere la tensione desiderata. Naturalmente ad ogni cella andrà fornito Idrogeno all’anodo e Ossigeno, o aria, al catodo.

Una struttura di celle in serie, è definita “Stack”. Oggi esistono degli Stack di celle PEM collegate in serie, costituiti anche da 200 celle. Le singole membrane vengono affiancate una all’altra per produrre più corrente. Durante il funzionamento di una cella a combustibile la sua efficienza non sarà mai, ovviamente, il 100%. L’efficienza media di una FC si aggira sul 50%. Ciò significa che accanto ad una potenza elettrica X ci sarà anche una quantità di calore Y.

È dimostrabile che se tutta l’entalpia di reazione di una FC ad Idrogeno fosse convertita in energia elettrica allora la tensione ai morsetti sarebbe di 1,48 V (se l’acqua prodotta fosse in forma liquida) o 1,25 V (in caso di produzione di vapore acqueo). La differenza tra i valori reali di tensione e quelli ipotizzati rappresenta la quantità di energia trasformata in calore. 

L’idrogeno per il riscaldamento delle abitazioni: il combustore catalitico

caption: Schema di funzionamento del combustore catalitico di Giacomini per l’ossidazione controllata dell’idrogeno, con recupero finale di calore

La caldaia a Idrogeno serve per la produzione di energia termica in modo totalmente indipendente dai combustibili fossili e senza produrre emissioni inquinanti.

Il calore viene prodotto dalla combinazione spontanea di idrogeno e ossigeno, ma questi non sono in grado di combinarsi a temperatura ambiente, la reazione chimica ha bisogno di un apporto energetico che si ottiene portando la miscela a circa 180°C. L’evoluzione tecnologica, ha generato combustori che oggi, tramite appositi catalizzatori, sono in grado far avvenire tale reazione anche a temperatura ambiente.

Nel combustore, la reazione catalitica (quindi priva di fiamma) combina Ossigeno e Idrogeno producendo esclusivamente calore e acqua sotto forma di vapore. Il calore prodotto viene prelevato da uno scambiatore integrato nel combustore, e inviato ai circuiti dell’impianto di riscaldamento.

Le regolazioni del combustore eseguite in fabbrica sono protette e possono essere visualizzate e modificate solo da personale autorizzato. Il generatore è dotato inoltre della possibilità di essere comandato dal resto dell’impianto di riscaldamento come una normale caldaia.

È possibile costruire combustori con massimo 6 canali (35 kW).

Impianti con potenze da 5.8 a 17 kW sono ideali per scaldare con efficacia le moderne abitazioni costruite all’insegna del risparmio energetico (classe energetica superiore e riscaldamento a bassa temperatura). La potenza di riscaldamento può essere incrementata con il solare termico.

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GRAB, il Grande Raccordo Anulare delle Bici a Roma

Parte dell’antica via Appia ritornerà ad essere non solo pedonale ma addirittura ciclabile: il progetto del Grab, il Grande Raccordo Anulare delle Bici, inserito dal Comune di Roma tra le opere del Giubileo prevede una ciclovia urbana nella città eterna.

Un progetto di ciclabile di oltre 44 km nato da un’iniziativa partecipata per la realizzazione dell’anello ciclopedonale urbano più lungo al mondo che si sviluppa all’interno della città di Roma sul modello del Grande Raccordo Anulare, con un andamento pianeggiante, e che si snoda lungo vie pedonali e ciclabili, parchi, aree verde e argini fluviali (31,9 km, il 72,2 % del tracciato).

L’ITALIA IN CICICLETTA: LA PISTA CICLABILE VENTO

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Soddisfatta Legambiente per il successo del progetto di questa ciclovia che segna un percorso totalmente libero dalle auto che va dal Colosseo all’Appia Antica. Secondo Alberto Fiorillo, coordinatore di VeloLove e responsabile Aree Urbane di Legambiente.  “Nessun’altra metropoli al mondo ha una ciclovia urbana che da una strada di 2300 anni fa -l’Appia Antica- arriva alle architetture contemporanee del MAXXI di Zaha Hadid e alla street art del Quadraro e di Torpignattara unendo tra loro Colosseo, Circo Massimo, San Pietro e Castel Sant’Angelo, Villa Borghese e i percorsi fluviali di Tevere, Aniene e Almone”.

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IL PERCORSO DI GRAB

Tre itinerari (GraBike) saranno a disposizione dei cittadini:

a) GraBike Storica (small) da Piazza del Popolo passando per Castel Sant’Angelo e San Pietro (livello di difficoltà facile);

b) GraBike Archeologica (medium) attraverso tra il Parco regionale dell’Appia Antica, il Parco della Caffarella e il Parco degli Acquedotti (con pagamento di un piccolo contributo);

c) GraBike Naturalistica (large) da Piazza del Popolo fino a percorrere tutti i 44,2 chilometri dell’intero percorso.

I tre itinerari sperimenteranno e faranno sperimentare alla gente la sensazione di viaggiare sul Grande Raccordo Anulare delle bici.

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LA NASCITA DEL PROGETTO DEL GRANDE RACCORDO ANULARE PER BICICLETTE

L’associazione VeloLove ha coinvolto cittadini e associazioni, prime fra tutte Legambiente, Rete Mobilità Nuova, Touring Club Italiano e Parco Regionale dell’Appia Antica. Un sodalizio perfetto tra ciclovia turistica e infrastruttura urbana per ciclisti di raccordo tra periferie e centro. Grazie all’approccio della progettazione partecipata saranno le singole persone e le comunità a suggerire interventi per migliorare l’opera e modificare positivamente le aree interessate: i decisori pubblici (Enti e quant’altro) dovranno solo tradurre in progetto esecutivo le aspettative dei cittadini.

“Penso che il GRAB possa essere una straordinaria occasione per la città di Roma, un progetto unico al mondo capace di coniugare turismo, cultura, mobilità sostenibile e sport. Si tratta, peraltro, di un percorso in gran parte già esistente, che si estende all’interno della Capitale tra le bellezze paesaggistiche e culturali di Roma”, ha dichiarato Silvia Velo, attuale sottosegretario al Ministero dell’Ambiente. 

“Il primo effetto della sua realizzazione -sottolinea Legambiente- sarà quello di far finalmente spuntare la straordinaria spina verde che già negli anni Settanta era al centro delle battaglie di Antonio Cederna, Leonardo Benevolo, Giulio Carlo Argan: la trasformazione, per dirla con le parole di Cederna, di tutta la zona monumentale che va dall’Appia Antica e, attraverso la via di S. Gregorio, Colosseo, Foro Romano e Fori Imperiali, arriva praticamente alle soglie di Piazza Venezia”.

LO STATO DEI LAVORI DEL GRAB

Il progetto GRAB ha un tracciato che per il 72% passa lungo vie pedonali e ciclabili, parchi, aree verdi e argini fluviali e per la restante parte su marciapiedi (3,6 km pari all’8,1%) che possono facilmente accogliere una ciclabile o strade secondarie e a bassissima intensità di traffico (6,8 km il 15,4%).

Complessivamente l’80,3% , allo stato attuale, è già pronto e pedalabile in sicurezza. 

L’avvio dei lavori è previsto per l’estate del 2015 e il termine per l’8 Dicembre dello stesso anno. 

Al momento inoltre tutte le opere legate al pacchetto Giubileo appena approvate dovranno essere finanziate attraverso un provvedimento straordinario che dipende proprio dal governo.

Per maggiori informazioni si può consultare il sito VeloLove.  

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Minibus elettrici per visitare la Sardegna

Trasporto efficiente studiato ad hoc con costi limitati e criteri eco-sostenibili che colleghi piccole località sarde. È la sfida iniziata dal team di Cassitta Engineering che porterà la mobilità sostenibile in territori a forte vocazione turistica e di grande pregio storico e naturale. Il progetto pilota è un percorso di circa 4 km sul promontorio a nord della Sardegna: partirà da Santa Teresa Gallura per raggiungere Capo Testa, in provincia di Olbia-Tempio. I progettisti dopo aver studiato il territorio e i collegamenti viari presenti, hanno individuato il percorso e il mezzo di trasporto più idonei al contesto territoriale. Così nel 2017 residenti e turisti potranno utilizzare il minibus elettrico con ricarica a bordo. Il progetto pilota, estendibile ad altre realtà simili, è una soluzione non solo tecnologicamente innovativa e rispettosa dell’ambiente, ma anche competitiva per il sistema territoriale visto nel suo complesso.

MOBILITÀ SOSTENIBILE: LA STORIA DELL’AUTO ELETTRICA

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Capo Testa è una piccola penisola situata nell’estremo lembo settentrionale della Sardegna e connessa a S. Teresa di Gallura grazie ad una strada provinciale di 3,8 km. Terra di cave da cui si estraeva roccia granitica, nacque come insediamento punico e poi romano, divenendo in seguito rifugio per briganti e corsari. Ancora oggi conserva il fascino dei paesaggi incontaminati e di miti tramandati dove nuraghi, ruderi bellici e spiagge finissime sono le maggiori attrattive turistiche. Il percorso servito dai minibus partirà dal centro urbano di S. Teresa Gallura per raggiungere l’abitato di Capo Testa, il borgo costiero di S. Reparata e le varie strutture ricettive, i nuclei “Funtanaccia” e Baja del Corsaro.

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Mobilità sostenibile

Il percorso dei minibus elettrici in Sardegna si snoda in un ambiente altamente vulnerabile, con un elevato indice di tortuosità, carreggiata inferiore a 5 m, innesti non protetti e alti volumi di traffico. La soluzione proposta è un minibus della capacità di 40 posti, in accordo con le dimensioni dell’attuale carreggiata e dei flussi calcolati, ma soprattutto evitando interventi di allargamento e mantenendo la configurazione paesaggistica attuale. Il mezzo di trasporto avrà una lunghezza di 8,7 m e larghezza di 1,9 m.

Durante la fase sperimentale è stato definito un modello matematico del sistema di trasporto; in seguito, nella fase applicativa è stato simulato lo scenario d’intervento con la distribuzione dei flussi di traffico. La domanda di trasporto è stata definita dagli abitanti di Capo Testa (lavoratori, residenti, frequentatori del litorale e visitatori del faro) e dalla potenzialità ricettiva del litorale. L’offerta è definita seguendo i principi della pianificazione sostenibile senza alterare minimamente la configurazione ambientale esistente.

Secondo i Piani Urbanistici Mobilità (PUM) del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, i nuovi interventi dovranno soddisfare dei requisiti minimi tra cui: i fabbisogni di mobilità della popolazione, l’abbattimento dei livelli d’inquinamento atmosferico, la riduzione dei consumi energetici e dell’uso individuale dell’automobile privata. Il team, diretto dal Project Manager Domenico Cassitta, ha escluso per motivi infrastrutturali e costi eccessivi altre soluzioni sostenibili quali linee su rotaie, filobus, autobus a motori endotermici; ha optato per il minibus elettrico che accumula l’energia a bordo con supercondensatori o supercapacitori. A differenza delle batterie elettrochimiche, i supercondensatori hanno cinque volte meno capacità delle batterie ma a parità di massa possono erogare e ricevere potenza di quasi due ordini di grandezza superiori. Inoltre i tempi di ricarica sono molto più brevi (pochi secondi) e la loro vita utile è di almeno un milione di cicli; sono previsti costi di manutenzione non elevati.

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Vantaggi del minibus elettrico

In sintesi i vantaggi di questa scelta progettuale sono:

  • Con una ricarica automatica di energia elettrica in 5-10 secondi il bus potrà percorrere 2-3 km. La ricarica può avvenire ad ogni fermata sfruttando il tempo di risalita e discesa degli utenti ed avviene attraverso una connessione automatica tra una “presa” sotto il veicolo e un “tappeto conduttivo” posizionato sulla strada.
  • È possibile utilizzare una pensilina del bus fotovoltaica per le singole fermate, in cui vi sono colonnine di ricarica per le batterie delle biciclette con pedalata assistita.
  • Una totale sostenibilità del sistema di trasporto collettivo, ovviamente attrezzato anche per passeggeri disabili.

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La versatilità e funzionalità del sistema studiato ne consente l’estensione all’intero territorio comunale sia per il periodo estivo che per quello scolastico. Del resto non è l’unico esempio di mobilità sostenibile in Italia: da tempo anche altri comuni (Torino, Faenza, Cagliari…) hanno adottato autobus e minibus elettrici per rendere la mobilità sempre più sostenibile, collettiva e competitiva

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Il rudere di Detroit diventa casa dei fiori

Riqualificare l’esistente in una cornice urbana che sembra non promettere più nulla è possibile. La testimonianza della Flower House Detroit dà speranza a chi vive ogni giorno a contatto con il degrado di edifici e spazi pubblici. Flower House Detroit è un intervento che ha visto rinascere da un vecchio edificio dismesso un originale negozio per la rivendita e l’esposizioni di fiori.

UN NEGOZIO TUTTO RICICLATO PER FIORI E FRUTTA FRESCA A LONDRA

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L’idea della riqualificazione e riconversione dell’immobile è un’idea della vincitrice all’asta dell’immobile, Lisa Waud. L’edificio – originariamente costituito da 15 vani in condizioni fatiscenti . L’immobile è costato a Lisa solo 500 dollari ma dalle immagini, a chiunque, appariva come un rudere da abbattere, ormai in condizioni disperate.

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Eppure sarebbe diventato la casa dei fiori. “An abandoned Detroit house, overflowing with blooms for one weekend, will become a flower farm”. Questo il motto che racchiude la storia e il presente di questa “farm” a scala urbana.

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“Quando vivi a Detroit (uno dei centri urbani più colpiti dalla crisi economica in America) è difficile non notare l’abbondanza di case abbandonate, così un giorno ho deciso che ne avrei salvata una -spiega Lisa-. La speranza è che questa riqualificazione possa essere di ispirazione per altre persone che sappiano comprendere il valore artistico e anche economico di queste strutture”.

L’esemplare autorecupero della Flower House, totalmente a cura della proprietaria, ha radicalmente trasformato il luogo che oggi vanta la presenza al suo interno di oltre centomila fiori in vendita che donano vita e colore non solo allo spazio in sé ma anche al quartiere stesso in cui sorge.

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Economia circolare: la CE lancia un sondaggio pubblico online

La Commissione Europea ha recentemente lanciato un sondaggio per raccogliere le opinioni di tutti i portatori d’interesse riguardo alle principali strategie che intende adottare, entro fine anno, nel prossimo programma a sostegno dell’economia circolare. I risultati, che contempleranno anche il contributo della conferenza “Closing the loop circular economy boosting business reducing waste“, saranno pubblicati il prossimo agosto.

IL PROGRAMMA UE PER FINANZIARE LA LOTTA AI CAMBIAMENTI CLIMATICI

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IL QUESTIONARIO

Tutti coloro i quali ritengono di poter contribuire ad influire positivamente sulla transizione dal modello di economia lineare (consumismo dell’usa e getta) a quello circolare (consumo responsabile dell’usa, ripara, riusa e ricicla) sono invitati a rispondere, in forma anonima o pubblica, al questionario pubblicato nel sito della Commissione Europea nella sezione EUSurvey. Crediamo che sia utile dedicarci qualche minuto per diversi buoni motivi: in primo luogo, per conoscere le future politiche su cui intende legiferare la CE, finalmente sanando il vuoto creato dal nuovo presidente della Commissione Junker con la temporanea sospensione della politica di contrasto al cambiamento climatico, e, in secondo luogo, per orientare le nostre competenze sullo sviluppo sostenibile, in particolare in qualità di tecnici europrogettisti, includendo le discipline della pianificazione e gestione del territorio.

Il questionario è stato messo a punto da un team internazionale diretto dal vicepresidente della CE, Frans Timmermans, dal vicepresidente per il Lavoro, Sviluppo, Investimento e Competitività, Jyrki Katainen, dal commissario dell’Ambiente, Affari Marittimi e Pesca, Karmenu Vella e dalla commissaria del Mercato Interno, Industria, Impresa, Elzbieta Bienkowska.

In pratica siamo chiamati, secondo diverse modalità, a esprimere la nostra visione: assegnando un peso, in una scala di 5 livelli (da molto importante a insignificante) a ciascun criterio elencato, come vedremo in seguito; in altri casi potremo rispondere semplicemente selezionando solo tre risposte preconfezionate, o se vogliamo redigendo i nostri suggerimenti fino a un massimo di 500 battute. Vediamo dunque dettagliatamente le domande più significative delle cinque sezioni in cui si divide il sondaggio.

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La fase della produzione

La CE sostiene che la progettazione di un materiale, o di un prodotto, è la prima fase da ripensare nell’attuale modello di sviluppo economico, in quanto da essa dipende la possibilità di facilitare le successive fasi: il riuso, la riparazione e il riciclaggio di materiali in altri mercati e con diverse destinazioni d’uso. In altri termini, si tratta di studiare come allungare la vita di un bene e dunque di ridurne gli impatti ambientali. In questo contesto, l’eco-design considera fondamentale il risparmio di energie e di risorse naturali -come i materiali e l’acqua potabile- durante il ciclo di vita del prodotto, perciò viene citato anche lo strumento di analisi del ciclo di vita (LCA). In questa sezione ci viene chiesto di indicare quali azioni, proposte dalla CE, influirebbero maggiormente nel conseguimento dell’ambizioso obiettivo generale che essa stessa si è prefissata. Ci vengono poste sei domande nelle quali vengono anche considerate problematiche legate alle fasi dell’approvvigionamento dei materiali (come le materie secondarie) e della progettazione del prodotto.

La prima domanda a cui siamo chiamati a rispondere è: «How would you assess the importance of the following measures to promote circular economy principles in product design at EU level?». Ci viene chiesto di decidere quali misure, tra quelle elencate, influirebbero maggiormente sulla promozione dell’economia circolare. Ad esempio, stabilire delle regole vincolanti in materia di progettazione di un prodotto (ad esempio, i requisiti minimi in materia di durabilità, ai sensi della direttiva sulla progettazione ecocompatibile 2009/125/ CE). Inoltre, ci propone anche la revisione delle norme che regolano le garanzie legali e commerciali. Segnaliamo che, al margine di questa sezione, ci viene fornito un glossario per comprendere la differenza tra: Legal guarantees e Commercial guarantees. La prima riguarda la garanzia minima dei beni materiali (di due anni di durata, ai sensi della direttiva 99/44/ CE) in virtù della quale il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto, di difformità al contratto di vendita, a partire dalla data della consegna del bene o della sua messa in funzione. La seconda garanzia, su base volontaria, è fornita dai commercianti ai consumatori e rappresenta l’impegno del venditore a rimborsare il prezzo pagato, a sostituire, a riparare o a risolvere in qualche modo il problema, qualora il prodotto non si trovi nelle condizioni dichiarate nella garanzia o nella relativa pubblicità.

La seconda domanda è: «In order to facilitate the transition to a more circular economy, how would you assess the importance of the following product features
Con lo scopo di favorire la transizione a un’economia circolare, ci viene chiesto quali caratteristiche dovrebbero avere i prodotti per poter favorire l’economia circolare. Ad esempio, ci vengono proposti il servizio post vendita per l’allungamento della vita del prodotto (in uso fino all’introduzione dell’insostenibile concetto di obsolescenza programmata) e in fine, ma non meno importante, ci viene proposta la riduzione degli impatti ambientali durante il ciclo di vita, criterio tanto complesso quanto fondamentale.

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La terza domanda è: «How would you assess the importance of the following additional considerations when applying circular economy principles to products at EU level?». Ci viene chiesto di indicare quali considerazioni potrebbero favorire, sempre a livello dell’UE, l’implementazione dell’economia circolare nei prodotti. Ad esempio, ci vengono proposti criteri di convenienza economica, di funzionalità del prodotto e di ragionare sugli impatti dell’import-export.

La quarta domanda, consente di scegliere solo tre risposte dell’elenco, ed è: «From a circular economy perspective, in your view which product categories should be given priority in the next few years and why?» Nella prospettiva di un’economia circolare, ci viene chiesto di indicare qual’è la categoria di prodotto che dovrebbe essere prioritaria nei prossimi anni e di spiegare il perché.
Ci viene proposto un elenco di quindici categorie di prodotti tra cui: elettrodomestici e attrezzature per l’ufficio, mobili, imballaggi, impianti di climatizzazione e prodotti per il settore delle costruzioni.

La quinta domanda ci chiede di essere specifici in alcuni punti e di indicare quali azioni, tra quelle elencate, dovrebbero essere prioritarie a livello UE per promuovere soluzioni di economia circolare  nei processi produttivi. «Which of the actions listed below should be given priority at EU level to promote circular economy solutions in production processes?»  Nell’elenco ci viene proposto di considerare di favorire la cooperazione tra le diverse catene di valore del prodotto, di indicare le barriere, o lacune normative, a livello comunitario, lo scambio di buone prassi, la definizione di standard minimi per le BAT (Best Available Technologies), di assicurare l’attendibilità dei dati riguardanti i flussi di materiali (lungo l’intera catena del valore), o ancora di facilitare l’accesso ai finanziamenti per i progetti ad alto rischio.

La sesta domanda è: «How effective do you think each of the actions at EU level listed below would be in promoting sustainable production and sourcing of raw materials?» Ci chiede di pesare ognuna delle azioni elencate ai fini di promuovere, a livello UE, si la produzione che l’approvvigionamento sostenibili delle materie prime. Ad esempio, ci viene proposto di considerare di rendere vincolanti i criteri di sostenibilità, o lo sviluppo e la promozione di sistemi volontari per le imprese.

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La fase dell’utilizzo

La CE considera il punto di vista dei consumatori una parte essenziale dell’economia circolare.
Da un lato, essi devono saper scegliere i prodotti che acquistano e usano e, dall’altro lato, nelle loro scelte possono venire facilmente influenzati da una serie di fattori, tra cui il comportamento di altre persone, dal modo in cui essi ricevono informazioni, o consigli, dalla disponibilità di servizi di post vendita (per la riparazione e manutenzione) nonché dalla loro percezione del rapporto costi/benefici di un prodotto o servizio.

La prima domanda di questa fase è: «How would you assess the importance of the following measures to promote circular economy principles in the consumption phase at EU level?»

Ci viene chiesto di pesare l’importanza, a livello dell’UE, delle diverse misure proposte finalizzate alla promozione dei principi dell’economia circolare nella fase dell’utilizzo di un prodotto.
Ad esempio, ci viene proposto di considerare la comunicazione delle informazioni sui prodotti attraverso le etichette, la pubblicità, il marketing, la protezione da informazioni false, quindi fuorvianti, o ancora l’introduzione di politiche fiscali verdi finalizzate alla minimizzazione della produzione di rifiuti, o all’incremento di consumi e di appalti pubblici sostenibili e al sostegno dell’eco-design.

La seconda domanda consente solo tre risposte, scegliendo i prodotti, tra quelli elencati, obiettivo prioritario della promozione di un consumo più sostenibile e di indicare il perché: Which products should be a priority for EU action to promote more sustainable consumption patterns and why?  In questo elenco vi sono almeno tre prodotti che riguardano la nostra professione: imballaggi, materiali da costruzione ed elettronica.

La terza, ed ultima, domanda ci chiede di indicare dei suggerimenti riguardo alla fase dell’utilizzo di un prodotto: «Do you have any other comments about the consumption phase?»

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Un possibile mercato delle materie seconde

La CE ritiene che possa svilupparsi il mercato delle materie prime secondarie, non più dunque intese come rifiuti con oneri e responsabilità di smaltimento, bensì risorse che possono essere commercializzate e quindi utilizzate per essere riciclati nel settore manifatturiero. Tuttavia allo stato attuale, esse rappresentano ancora una piccola componente dei materiali utilizzati nel mercato dell’UE. Uno studio dimostra che la qualità e la fornitura di materie prime secondarie dipende ancora, purtroppo in gran parte, dalle pratiche di gestione dei rifiuti (spessissimo obsolete) e dal grado di separazione dei materiali alla fonte del flusso (di scarsa qualità). Inoltre, vi sono altri ostacoli allo sviluppo dei mercati delle materie secondarie che possono essere identificati e abbattuti. Alcuni di questi possono essere di carattere orizzontale, mentre altri interessano in modo rilevante solo determinati tipi di materiali.

La prima domanda della sezione ci chiede di indicare quali sono i principali ostacoli nel mercato UE all’uso delle materie secondarie per ognuno dei seguenti nove criteri: 1-significativo per tutti i materiali, 2-bio-nutrienti, 3-aggregati per la costruzione, 4-materie prime essenziali, 5-vetro, 6-metalli, 7-carta, 8-plastica, 9-legno/ biomassa. «In your view, what are the main obstacles to the development of markets for secondary raw materials in the EU?»  Ad esempio, ci vengono suggeriti: la scarsa disponibilità, qualità nonché affidabilità dei materiali riciclati, o ancora la scarsa domanda degli stessi, dovuta a pregiudizi, all’assenza d’informazione o di legislazione adeguata.

La seconda domanda consente di dare 14 suggerimenti specifici, fino a 500 battute, ciascuno riguardo alle azioni più rilevanti che l’UE dovrebbe intraprendere per abbattere gli ostacoli, precedentemente identificati come significativi. Ad esempio, ci vengono proposti criteri di convenienza economica, come l’elevato differenziale di costo tra le materie prime e quelle secondarie, oppure la mancanza -in tutta l’UE- di norme di qualità per i materiali riciclati.

La terza domanda consente solo tre risposte: «Which secondary raw materials markets should the EU target first to improve the way they work?»  Ci viene chiesto di segnalare i mercati delle materie secondarie dove  l’UE dovrebbe agire prioritariamente. Il 90% dei materiali elencati vengono utilizzati anche nel settore delle costruzioni. Sono esclusi i bio-nutrienti (azoto, fosforo e sostanze organiche derivate da fanghi di depurazione e i rifiuti di fattorie biologiche) poiché  riguardano il settore agrario essendo utilizzabili come fertilizzanti. Al margine di questa sezione viene spiegato il concetto delle materie prime rare (Critical raw materials) ovvero quelle materie d’importanza economica strategica per l’UE, poiché presentano un elevato rischio d’interruzione dell’approvvigionamento (tra i 54 elencati dalla UE i seguenti 20 sono i più critici: Antimonio, Berillio, Cromo, Cobalto, Borati, coke di carbone, Magnesite, Fluorite, Indio, Gallio Germanio, Grafite naturale di magnesio, Niobio, metalli del gruppo del Platino (PGMs), Fosfato, terre rare pesanti e leggere (REEs heavy and light), Silicio metallico, Tungsteno.           
La quarta domanda consente di suggerire in 500 battute le azioni fondamentali per lo sviluppo del mercato delle materie secondarie: «Do you have any other comments about the development of markets for secondary raw materials?»

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Le possibili misure di settore

Alcuni settori possono richiedere un approccio su misura, per “chiudere l’anello” dell’economia circolare, e alcuni potrebbero diventare addirittura priorità strategiche per accelerare la transizione verso il modello di sviluppo sostenibile. In questa sezione possiamo contribuire evidenziando i settori d’intervento prioritario a livello comunitario, le misure o le azioni pertinenti. La domanda ammette solo tre risposte: «In your view, which sectors should be a priority for specific EU action on the circular economy and why?» Nell’elenco vi sono almeno tre settori che ci interessano come progettisti: costruzione/demolizione di edifici, mobili, prodotti elettronici ed elettrici.

L’ultima domanda di questa sezione è: «For the sectors that you have selected, what measur(s) would be needed at EU level?» Ci viene richiesto di indicare quali misure dovrebbero essere intraprese a livello europeo per ciascuno dei settori elencati.

I fattori chiave

Alcuni fattori, in quanto facilitatori, sono essenziali per sostenere l’economia circolare, come lo sviluppo, la diffusione e l’adozione di soluzioni innovative, ad esempio l’investire in tecnologia e nelle infrastrutture, nonché sostenere le PMI, lo sviluppo di competenze e qualifiche adeguate.

La prima domanda della sezione è: «How important are the following enabling factors in promoting the circular economy at EU level?». Sempre a livello dell’UE ci viene chiesto di pesare ciascuno dei fattori facilitatori elencati per promuovere l’economia circolare. Ad esempio, ci viene proposto il finanziamento europeo di progetti o l’adozione di tecnologie innovative rilevanti (tipo Horizon 2020) o altri incentivi pubblici, nonché misure specifiche per incoraggiare la diffusione dell’economia circolare tra le PMI e le P.A. come lo scambio di buone pratiche e la promozione dello sviluppo di competenze e qualifiche professionali rilevanti.

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LE PROSPETTIVE

Lo sviluppo economico futuro dell’UE dunque -secondo Timmermans- non potrà prescindere dal seguire i principi di eco sostenibilità menzionati. Il prossimo passo del gruppo internazionale di lavoro -secondo  Katainen- sarà presentare un piano attuativo integrale per l’incentivazione, sia dei consumatori che dei produttori, affinché adottino comportamenti virtuosi in termini di utilizzo delle risorse. In definitiva, la CE considera che intraprendere un’economia circolare, interessando l’intera catena del prodotto, può portare vantaggi in termini di competitività e d’innovazione, e conseguentemente indurre all’avvio di nuovi modelli imprenditoriali. Pertanto, la questione ambientale, economica e sociale saranno relazionate tra loro in modo sempre più evidente.
Ora è il tuo turno, compila il questionario sul sito della Commissione Europea.

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Celle solari stampate in 3D

Il costo dell’energia solare si è ridotto notevolmente negli ultimi decenni ed è destinato a diminuire ulteriormente con il diffondersi delle nuove tecnologie. Le celle solari stampate in 3D possono offrire una soluzione a costi ridotti, facile da trasportare, flessibili e cosi sottili che richiedono solo una stampante industriale. L’evoluzione di questo prodotto è stato molto rapido, arrivando dal 3 al 20% di efficienza in una manciata di anni.

Il fotovoltaico organico a film sottile

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In occasione della World Conference of Science Journalists di Seul, in Corea del Sud, dei ricercatori coreani hanno presentato una ricerca che ha l’obiettivo di portare l’energia pulita in zone rurali e povere del pianeta, difficili da raggiungere, dove circa 1,3 miliardi di persone vive senza elettricità. I ricercatori coreani hanno illustrato i dettagli del nuovo metodo: i vantaggi sono numerosi, dai costi ridotti rispetto ai pannelli tradizionali all’efficienza energetica, al trasporto dei dispositivi.

Usando una stampante industriale 3D, un sottilissimo strato viene depositato su una superficie di materia plastica. Questo permette di applicare le celle solari su finestre creando uno strato semitrasparente, come una tinteggiatura. Le celle possono anche essere stampate su superfici più piccole per ricarica e alimentazione di smartphone e di laptop.

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L’elevata efficienza è dovuta al materiale di cui le celle sono composte: la perovskite, un cristallo che garantisce rendimenti elevati, molto più di quelli attuali a base di silicio, che richiedono grandi quantità di energia solare per funzionare in maniera opportuna. Questo materiale offre una maggiore flessibilità, facilitando il trasporto verso le zone più esterne ed isolate. I costi di produzione sono notevolmente ridotti grazie allo spessore molto ridotto delle unità, di dimensione pari a quello di una pellicola.

Scott Watckins, della coreana Kyung-In Synthetic afferma: “Ho visto in prima persona come la tecnologia ha permesso alle comunità povere dell’India l’accesso all’elettricità off-grid. Il successo è dovuto alla semplicità ed ai costi ridotti. Una pellicola di 10x10cm permette di generare circa 10-50 W/mq.” Tuttavia, questa innovativa soluzione non è scevra da problemi: infatti una stampante industriale richiede sostanzialmente un capitale iniziale da investire. I pannelli stampati possono essere vulnerabili all’umidità e portare contaminazioni da piombo in caso di rottura. Aziende come la Kyung-In Synthetic stanno effettuando ricerche per nuovi rivestimenti che possano evitare questi problemi, per esempio attraverso una tecnologia “a spruzzo”, che scongiuri il rischio di trazioni eccessive. I costi iniziali per l’investimento sarebbero notevoli, nonostante i costi di produzione siano inferiori rispetto al pannello standard. Inoltre la mancanza di una rete di distribuzione che consenta l’accesso alla tecnologia anche nelle zone più remote del pianeta costituisce un grosso limite, che potrebbe essere sormontato, per esempio, se si organizzasse un sistema cooperativo, in cui i membri della comunità contribuiscano alle risorse ed alla salvaguardia della gestione democratica dell’impresa, potrebbe garantire sia un buon investimento iniziale che la creazione di una salda rete di distribuzione locale. Accettare la sfida e incrementare questo tipo di produzione potrebbe essere un passo rilevante per un’economia basata interamente sulla produzione di energia da fonti rinnovabili.

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L’Enciclica sull’ambiente di Papa Francesco

È uscita il 18 giugno “Laudato si’, Lettera Enciclica sulla cura della casa comune”, l’enciclica di Papa Francesco. Il testo si sofferma in particolare su alcuni aspetti, invitando la popolazione a proteggere la “casa comune”, controllando i danni che possono essere arrecati all’ambiente, e ponendo attenzione a tentativi reali di cambiare il modello di sviluppo, per favorire uno sviluppo integrale e realmente sostenibile. Bergoglio considera anche gli aspetti legati all’economia, condannando il consumismo eccessivo e sollecitando l’adozione di nuovi stili di vita, più consoni al benessere ed alla salvaguardia per tutti gli esseri presenti sul pianeta.

AMBIENTE E RISORSE: L’INSEGNAMENTO DEL CAPO INDIANO 

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I CONTENUTI AMBIENTALISTI DELL’ENCICLICA

L’incipit dell’Enciclica è legata a San Francesco, di cui il Papa cita Il Cantico delle Creature, e rilevando i danni che vengono determinati sull’ambiente dalle azioni dell’uomo:

«”Laudato si’, mì Signore”, cantava San Francesco d’Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza […]. Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. […].»

Papa Francesco si sofferma sull’attenzione che dovremmo riversare nei confronti della natura, per salvaguardarla e proteggerla da qualsiasi forma di degrado, anzi promuovendo un atteggiamento positivo e costruttivo.

«La distruzione dell’ambiente umano è qualcosa di molto serio, […] perché la vita umana stessa è un dono che deve essere protetto da diverse forme di degrado. Ogni aspirazione a curare e migliorare il mondo richiede di cambiare profondamente gli “stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono le società”.»

Chi ha dunque il compito di migliorare gli stili di vita? Ciascuno di noi è invitato ad impegnarsi in prima persona per poter rendere possibile ciò, favorendo la creazione di un ambiente di vita migliore. Di rilievo è anche il problema dei trasporti in ambito urbano: «La qualità della vita nelle città è legata in larga parte ai trasporti, che sono spesso causa di grandi sofferenze per gli abitanti. Nelle città circolano molte automobili utilizzate da una o due persone, per cui il traffico diventa intenso, si alza il livello d’inquinamento, si consumano enormi quantità di energia non rinnovabile e diventa necessaria la costruzione di più strade e parcheggi, che danneggiano il tessuto urbano. Molti specialisti concordano sulla necessità di dare priorità ai trasporti pubblici. Tuttavia alcune misure necessarie difficilmente saranno accettate in modo pacifico  dalla  società  senza  un  miglioramento sostanziale di tali trasporti, che in molte città comporta un trattamento indegno delle persone a causa dell’affollamento, della scomodità o della scarsa frequenza dei servizi e dell’insicurezza.»

ECOLOGIA E BENE COMUNE

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Il Papa tratta il tema dell’ecologia come studio dell’oikos, “casa” di tutti in greco: San Francesco stesso è patrono d’Italia e testimone di un’ecologia integrale, nella quale ogni creatura riconosce la bellezza della natura, e l’uomo ha un valore ed un fine in sé, senza essere il dominatore della natura stessa o di altri esseri umani. E a questa ecologia umana è collegato l’equilibrio di tutti gli esseri umani, anche da un punto di vista sociale. Papa Bergoglio afferma: «Un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale e deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della Terra quanto il grido dei poveri. […] Incolpare l’incremento demografico e non il consumismo estremo e selettivo di alcuni, è un modo per non affrontare i problemi».

La crisi ecologica è stata determinata da alcuni aspetti negativi, elencati chiaramente: riscaldamento globale, cambiamento climatico, inquinamento, innalzamento dei mari, impoverimento della biodiversità, distribuzione iniqua del cibo, la carenza e il diritto di tutti all’acqua. Tutto ciò conduce ad uno squilibrio globale: «È indispensabile creare un sistema normativo che includa limiti inviolabili e assicuri la protezione degli ecosistemi, prima che le nuove forme di potere derivate dal paradigma tecno-economico finiscano per distruggere non solo la politica ma anche libertà e giustizia». La denuncia è contro la «globalizzazione del paradigma tecnocratico», che si riflette nel «consumismo ossessivo» e «tende ad esercitare un dominio anche su economia e politica».

Auspichiamo che i continui richiami sulla sostenibilità ambientale e sulla salvaguardia dell’ambiente possano essere messi in pratica presto, con coerenza e positività, per il benessere dell’intero pianeta.

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Energia elettrica: costi in aumento. Ecco come passare alle rinnovabili

Uno studio dell’Autorità per l’Energia il Gas ed i sistema idrico (2013) rivela che il costo dell’energia elettrica subirà un aumento del 34% entro il 2020 e addirittura, entro i prossimi 25 anni, crescerà del 100%. Sono cifre che incidono pesantemente sul bilancio economico familiare ed aziendale. Un’opzione possibile, per evitare bollette sempre più salate ed evitare di sfruttare ulteriormente le preziose risorse del nostro Pianeta, è quella di optare per l’utilizzo di energia pulita, proveniente da fonti rinnovabili, non fossili.

Per saperne di più sulle possibilità, i benefici e le ricadute economiche che una scelta del genere comporta, Architettura Ecosostenibile ha intervistato Massimo Casullo, Presidente di NWG Energia, divisione di NWG S.p.a., leader nella fornitura di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili che opera nel mercato libero attraverso l’offerta di energia elettrica a tariffe concorrenziali.

Da statuto aziendale, NWG Energia prevede la fornitura di energia proveniente esclusivamente da fonti rinnovabili. Da quali fonti proviene l’energia che NWG fornisce?

Come ha anticipato, le fonti di energia che compongono la nostra offerta sono tutte di origine rinnovabile, come l’energia idroelettrica, eolica, solare, geotermica ed altre fonti rinnovabili. Non c’è spazio per le energie fossili e non ce ne sarà in futuro; una scelta di campo netta che abbiamo voluto suggellare con l’inserimento di un paragrafo ad hoc già nello Statuto dell’Azienda. Un atto che ci rende orgogliosi ed allo stesso tempo responsabili nei confronti dei nostri clienti.

C’è chi si scaglia contro il fotovoltaico perché sono necessarie distese di territorio per installare grandi impianti. A parità di suolo occupato, qual è la tecnologia che rende di più?

NWG Spa si è da sempre occupata prevalentemente del mercato residenziale e di piccole e medie aziende; la quasi totalità dei nostri impianti è quindi sopra edifici già esistenti, per cui il consumo di suolo è stato quasi nullo. Anzi, io preferirei parlare di recupero di superfici inutilizzate. Anche perché un impianto, se montato sopra un tetto esistente, aiuta anche  ad aumentare il valore dell’edificio migliorando la classe energetica e addirittura in estate, diminuendo il fabbisogno di energia per il raffrescamento estivo. Inoltre, l’energia prodotta in loco ha un valore maggiore di quella prodotta in luoghi distanti, in quanto questa, per un principio fisico chiamato effettuo Joule, si disperde trasportandola. Sicuramente gli impianti eolici possono occupare meno spazio e produrre molta energia rispetto alla superficie occupata, tuttavia hanno un impatto sul paesaggio molto incisivo e dipendono da una variabile difficile da rendere statisticamente utilizzabile nel corso degli successivi.

Quali sono i risparmi in termini sia ambientali che economici che una famiglia di circa 4 persone può aspettarsi dall’utilizzo di energia proveniente da fonti rinnovabili rispetto all’energia di tipo tradizionale?

Se si pensa ai disastri ecologici causati dall’utilizzo di combustibili fossili negli ultimi 40/50 anni, verrà in automatico pensare a quali e quanti benefici ambientali potrebbero derivare da un crescente utilizzo delle fonti rinnovabili. Dal punto di vista economico, la questione è più delicata: quasi il 60% delle nostre bollette è composto da imposte, oneri generali e servizi di rete, mentre solo la restante quota è relativa ai servizi di vendita. NWG Energia, tuttavia, è riuscita a proporre soluzioni concorrenziali in cui, oltre a fare del bene all’ambiente, è possibile fare del bene anche al proprio portafoglio. Con LuceAmica Premium, i nostri clienti possono addirittura azzerare la bolletta della luce semplicemente tramite passaparola. La “bolletta zero” è già realtà per molti nostri clienti. Esiste poi la possibilità di autoprodurre la propria energia attraverso l’installazione di impianti fotovoltaici che possono coprire il fabbisogno di una famiglia o di una azienda fino al 70% dei propri consumi. Diciamo che oggi rispetto a qualche anno fa sono stati fatti di grandi passi avanti verso la produzione, l’utilizzo e il consumo di energia proveniente da fonti rinnovabili. Una curiosità, il 16 giugno 2013, per la prima volta in Italia la produzione di energia rinnovabile ha coperto per un’ora l’intero fabbisiogno del paese.

Qual è la garanzia dell’utente che l’energia che acquista proviene davvero da fonti rinnovabili?

NWG Energia rilascia al cliente un attestato di Garanzia di Origine (G.O.) che attesta l’origine 100% rinnovabile dell’energia fornita. Questo previa approvazione del GSE (Gestore Servizi Energetici). NWG Energia, quindi, adotta tutte le indicazioni che l’autorità dell’energia, il GSE e il GME richiedono affinché gli sia permesso di emettere gli attestati di garanzia di origine (GO). L’energia prodotta da fonti rinnovabili non è solo il fotovoltaico e l’eolico, ma anche quella prodotta con biomasse, idroelettrico, geotermico ecc.

Decidere di utilizzare energia proveniente da fonti rinnovabili è una scelta importante per l’ambiente ma comporta ugualmente emissione di CO2. Si può fare di più per salvaguardare il pianeta e compensare queste emissioni. Che provvedimenti ha adottato NWG in questo senso?

Si può fare sempre qualcosa in più per salvaguardare il nostro pianeta, anzi, credo che sia necessario farlo. In quest’ottica, NWG Energia offre a tutti i propri clienti LuceAmica Premium, un servizio di compensazione delle emissioni di CO2 prodotte dagli spostamenti quotidiani in auto. Questo avviene grazie al progetto di NWG “ioCOMPENSO” e prevede la piantumazione di alberi da frutto in paesi in via di sviluppo. Ad oggi sono stati piantati 28.000 alberi per una riforestazione di oltre 2.400 ettari di terreno montuoso ad Haiti. Un gesto concreto che è molto apprezzato dai nostri clienti.

L’idea di piantare alberi per compensare le emissioni di CO2 prodotte è anche un modo per avvicinare i più piccoli al mondo delle energie rinnovabili. Si tratta di un’operazione materiale, che il bambino riesce ad apprezzare perché la vede con i propri occhi. Ci sono delle altre iniziative che NWG ha intrapreso per sensibilizzare i bambini e renderli consapevoli che le risorse del pianeta sono limitate e bisogna sfruttarle con coscienza?

NWG Energia sostiene il progetto “Il Sole in Classe” di ANTER, Associazione Nazionale per la Tutela delle Energie Rinnovabili. Un progetto davvero entusiasmante perché rivolto a bambine e bambini delle scuole elementari e medie con l’obiettivo di coinvolgerli e guidarli, pur con un linguaggio semplice, in questioni anche molto complicate come quelle delle energie rinnovabili e dell’inquinamento. Devo dire tuttavia che i bambini si dimostrano davvero attenti e ricettivi. Ad oggi ANTER ha coinvolto oltre 600 scuole per un totale di oltre 66mila bambini; un risultato davvero grandioso.

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VENTO: progetto di una pista ciclabile tra Venezia e Torino

VENTO (acronimo di VEN che sta per Venezia, e TO per Torino) è il progetto di una pista ciclabile che dovrebbe connettere Venezia a Torino, attraverso un’infrastruttura leggera, costeggiando il Po e attraversando le città più note ma anche alcuni luoghi dell’entroterra, oggi forse un po’ sottovalutati e dimenticati, in modo da favorire lo sviluppo economico e culturale anche di queste aree.

In copertina: lo schema del percorso ciclabile di VENTO, da Venezia a Torino, con tutte le connessioni intermedie a trasporti pubblici e ad altre piste ciclabili italiane ed europee.

PISTE CICLABILI IN ITALIA: IL TRACCIATO LIGURE

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L’idea è di unire i tratti ciclabili già esistenti e percorribili in biciletta con i segmenti di pista che invece sono interdetti per questioni legali o di sicurezza, creando un percorso unitario di 679 Km totali, a un costo di 80 milioni di euro (che rappresentano lo 0,01% della spesa pubblica annuale, ovvero un costo di 1 o 2 km di autostrada), budget che dovrà essere diviso tra i diversi comuni che la pista attraverserà. Quindi, con una spesa preventivata di circa 118 euro al metro, si potrebbe realizzare la pista ciclabile più lunga d’Italia, e una delle più lunghe d’Europa.

caption: la spesa da coprire per attuare la ciclabile VenTo divisa tra i diversi comuni che vengo attraversati dalla pista.

Dal punto di vista economico VENTO punta a rappresentare un nuovo modello di sviluppo, ispirato a diversi paesi Europei che già l’hanno attuato, e che possa rilanciare l’economia locale dei territori attraversati con un progetto sostenibile e localizzato, volto a creare nuove opportunità di occupazione nel campo del cicloturismo e della cultura, richiedendo un basso investimento iniziale ma con un alto riscontro dal punto di vista socioculturale. Basti pensare che in Germania, con i suoi 40 mila Km di piste ciclabili, si producono 4 milioni di introito all’anno nel campo del cicloturismo.

Il tracciato

caption: il percorso di VenTo da Venezia a Torino.

Secondo i suoi ideatori, VENTO vorrebbe essere il primo di una serie di progetti che potrebbero realizzarsi in futuro, e dovrebbe anche essere in grado di aiutare a diffondere una visione di ciclabilità che ancora non si è sviluppata nella cultura italiana, creando un sistema di mobilità dolce simile ad altre realtà europee le cui piste sono usufruite da milioni di cicloturisti ogni anno.

Ancora oggi non è possibile pedalare in sicurezza ai lati del Po, nel tratto che va da Venezia a Torino, nonostante esista in potenziale una possibilità reale di creare una pista continua lungo il fiume.

Il percorso di VENTO è stato così tracciato in modo da creare una pista unitaria e continua, che sia sicura per tutti, e i cui costi di costruzione rimangano contenuti – quindi includendo per esempio i tratti di pista già esistenti laddove ve ne sia la possibilità. Inoltre si è cercato di collegare la ciclabile in diversi punti ad altri mezzi pubblici, come al treno e ai traghetti, in modo che sia flessibilmente usufruibile, con accesso ed uscita in diversi tratti, cercando di integrare sia le città e le cittadine nel percorso,  ma anche i parchi e le aree protette.

Lo stato attuale della pista

La buona notizia per il progetto VENTO è che, dopo cinque anni di studi, il ministro Graziano Delrio ha affermato lo scorso 3 giugno che c’è la volontà di realizzare il progetto: il ministro ha sostenuto, infatti, che le infrastrutture leggere possono solo giovare a un paese che ha bisogno di riscoprire nuovi modelli di sviluppo capaci di riscattare e far proliferare anche le aree interne.

Per quanto riguarda lo stato attuale del percorso, oggi la pista consta di un 15% di percorso ciclabile sicuro e utilizzato, composto però da segmenti discontinui tra loro, che sono in totale pari a 102 Km. 

Il 42% di VENTO invece è caratterizzato da una ciclabile pronta che però, per legge, non può ancora essere utilizzata per via delle regole riguardanti l’uso degli argini, che appunto ne interdicono l’utilizzo. Per questo servirebbe che le quattro regioni interessate (Friuli, Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte) trovassero nuovi accordi con gli enti fluviali.

Per il 22% per cento della pista invece sarebbero necessari piccoli interventi per rendere il percorso più sicuro e ciclabile, mentre per il restante 21% si richiederebbero interventi seri, volti a risolvere problemi per integrare i tratti ciclabili mancanti, i dislivelli e gli attraversamenti del fiume.

caption: il grafico mostra lo stato attuale in percentuale.

I progettisti di VENTO, architetti e urbanisti affiliati al Politecnico di Milano, credono che questo sia un progetto molto importante per aprire “una breccia” nella concezione che si ha oggi d’infrastruttura, poiché si è portati a credere che queste siano solo autostrade, aeroporti o ferrovie veloci, mentre proprio le ciclovie dovrebbero essere considerate una fantastica fonte di sviluppo e allo stesso tempo espressione tangibile di un nuovo modo di intendere il progetto: ovvero il cui intento sia finalizzato a creare spazi usufruibili da tutti, salutari, produttivi, nel rispetto dell’ambiente, delle persone e della cultura locale, evitando che ogni cosa possa essere surclassata dallo strapotere del profitto e dei soldi.

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Goqui, il villaggio verde inghiottito dalla natura

Le isole Shengsi, sono la patria di Goqui, un villaggio di pescatori cinese abbandonato, che sembra essere stato inghiottito dalla terra e dalla natura, sommerso dalla vegetazione

LA NATURA VINCE SU TUTTO:IL PONTE DI LIANE

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Situate a circa due ore da Shanghai, al largo della costa orientale della Cina, vicino alla foce del fiume Yangtze, le isole si presentano come un luogo da favola per la gente del posto, diventando il diversivo al caos cittadino, rinomato per i rinomati ristoranti in cui si possono gustare eccellenti frutti di mare, nonché per le numerose mete di escursione e per prendere il sole, godendo di acque cristalline. Pochi gli stranieri che arrivano fino qui, il che lo fa diventare uno di quei luoghi ideali per coloro che amano viaggiare fuori dai sentieri battuti. A Goqui, difficilmente raggiungibile dai turisti, la natura si è riappropriata del territorio. Questo caratteristico villaggio è inghiottito da una vegetazione lussureggiante, dovuta anche al clima subtropicale del luogo.

Purtroppo molte persone associano la Cina alle città altamente urbanizzate e iper affollate come Shanghai e Pechino, ma probabilmente c’è ancora chi ricorda che non molto tempo fa il paese era patria di migliaia di piccoli villaggi rurali come quello delle isole Shengsi. Molti di questi villaggi oggi sono purtroppo abbandonati. Così il fotografo cinese TangYuhong ha deciso di catturare queste immagini portando al pubblico mondiale le bellezze del villaggio perduto di Goqui, dove la natura si è riappropriata del suo spazio e gli edifici sono diventati tutt’uno con l’ambiente circostante. 

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Il villaggio dell’arcipelago di Goqui è un esempio di autoecocompatibilità spinta, anche se molti degli immobili al momento risultano disabitati; certo è che essi potrebbero essere il punto di partenza per un recupero ambientale mirato a far diventare questo luogo un modello. Il suo mare, le luci, le caratteristiche imbarcazioni da pesca e i suoi scogli sono paragonabili per bellezza a quelli dell’arcipelago hawaiano e questo rende le spiagge della zona un piccolo paradiso incontaminato lontano dalla caotica civiltà.

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Simulazioni energetiche: stazionarie, semi-stazionarie, dinamiche

Sono ormai anni che si parla sempre più frequentemente di analisi energetiche e software di calcolo energetico ed è quindi il caso di spendere qualche parola per spiegare meglio cosa sono e a cosa servono. Come prima cosa, c’è da dire che spesso, parlando di simulazioni energetiche si intende erroneamente soltanto l’aspetto di condizionamento estivo ed invernale. In verità, una simulazione energetica non riguarda unicamente il comfort termico interno dell’edificio, e quindi la semplice necessità di riscaldare o raffreddare un ambiente, ma anche di un aspetto fondamentale e che spesso e volentieri è sottovalutato: lo studio dei sistemi di illuminazione e di ricircolo dell’aria. Tali impianti infatti, influenzano ampiamente in consumi di edifici altamente performanti dal punto di vista termico. Inoltre, un altro aspetto difficilmente quantificabile è quello del benessere interno, della salubrità e in generale del comfort che non avendo un effetto diretto sulle bollette è spesso trascurato.

EFFICIENZA ENERGETICA: L’AUDIT E LE BUONE PRATICA IN EDILIZIA

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Focalizzando invece l’attenzione sull’oggetto edilizio di per sè, c’è da precisare che esso non deve essere visto come qualcosa di immutabile e statico nel tempo, ma anzi come qualcosa le cui proprietà fisiche cambiano costantemente nell’arco della stessa giornata! Questi cambiamenti sono dovuti in primo luogo all’ambiente che agisce su di esso in moltissime forme e sollecitazioni ma anche (e a volte soprattutto) da ciò che possiamo definire come “fattori interni”, ovvero tutto quell’insieme di funzioni e attrezzature che l’edificio ospita. Tra i “fattori interni” spiccano i sistemi di condizionamento e soprattutto le persone che lo utilizzano.

I fattori da considerare per le simulazioni energetiche

Andando con ordine, per ogni simulazione energetica che si vuole fare, si deve sempre avere chiaro di che edificio si sta parlando, di dove è posizionato e di tutto ciò che vi sta intorno (incluso alberi, altre strutture ed in generale ogni elemento fisico che può interagire con l’edificio analizzato) e quali sono le condizione ambientali esterne nel corso del periodo di studio. Ma bisogna anche conoscere quali sono le funzioni che la struttura è destinata ad ospitare e quindi che tipo di utenza deve accogliere, il tipo e numero di attrezzature presenti e i loro consumi, tutti i sistemi tecnologici presenti al suo interno e soprattutto il numero di persone che lo utilizzeranno e il loro comportamento “tipo” come fruitori.

Come si può ben capire da queste poche righe, la situazione risulta essere estremamente complessa perché ognuno dei punti sopra elencati può mutare nel tempo. Basti pensare a quelli che sono i fattori ambientali ed umani. Intanto bisogna avere ben presente quali sono le condizioni fisiche dell’intorno, quindi la presenza di altre strutture ma anche alberi che però come ben sappiamo sono tutt’altro che fisse e immutabili anzi, basti pensare alla possibilità che un vostro vicino di casa decida, da un giorno all’altro, di piantare un bell’albero nel suo terreno, oppure di sopraelevare (o costruire ex novo) la sua casa. Già questo può far capire l’aleatorietà della situazione, ma se aggiungiamo inoltre le variabili dovute a chi utilizza l’edificio, rischieremmo di perderci in un elenco infinito di possibilità. La variabile utente infatti, insieme a quella climatico-ambientale è una delle maggiori cause della non accuratezza delle simulazioni energetiche e che spesso ne altera sensibilmente le previsioni progettuali.

A questo punto, la domanda che può venire in mente è: che ruolo possono ricoprire le simulazioni energetiche visto che ci sono molti elementi non predittibili che le influenzano? A questa domanda si può rispondere dicendo che il loro scopo non è quello di prevedere esattamente i consumi dell’edificio analizzato, ma anzi di fornire dati utili a capirne meglio il comportamento in modo da poter confrontare diverse strategie e scegliere quella che garantisce, a parità di comfort, il minor uso di energia. Vorrei spendere due parole per precisare questo concetto: il fatto che una soluzione risulti essere la migliore per un edificio, non significa che è per forza la migliore in ogni altro caso anche analogo poiché, come detto prima, sono molteplici i fattori che ne influenzano il comportamento e quindi ogni caso deve essere trattato separatamente. Ovviamente, parlando dell’aspetto che più interessa in genere agli acquirenti, ovvero il riscontro monetario del processo di analisi, se una simulazione è stata fatta bene è lecito aspettarsi che i consumi finali risultino essere in linea con quelli previsti.

Appare chiaro su tutti un concetto, nel campo delle simulazioni energetiche, piuttosto articolato, confluiscono molteplici discipline diverse come l’ingegneria, ma anche l’architettura, fisica, scienze ambientali, scienze del comportamento e non solo. Ci sarebbero da scrivere centinaio di pagine riguardo alcuni fattori che entrano in queste analisi, come ad esempio i file climatici, l’uso dei materiali, l’effetto della massa, le schedule di utilizzo e altro, ma non volendo scendere troppo nei dettagli, una classificazione di massima risulta indispensabile.

I TIPI DI SIMULAZIONE ENERGETICA

La classificazione che viene normalmente fatta sulle simulazioni energetiche riguarda le semplificazioni che vengono adottare nella rappresentazione della fisica dell’edificio e dei materiali nonché nell’unità oraria che viene usata per indagare il fenomeno. Essenzialmente è quest’ultimo il fattore che porta ad una maggiore o minore raffinatezza dei risultati. Si possono individuare quindi tre tipi diversi di simulazioni energetiche in base, appunto, all’unità temporale che viene adottata e che risulta essere la “stagione” di riscaldamento o di raffrescamento per quanto riguarda le “simulazioni energetiche stazionarie”, il mese come unità temporale per quanto riguarda le “simulazioni energetiche semi-stazionarie” e infine l’unità oraria o sub oraria come unità di tempo per quanto riguarda le simulazioni cosiddette “dinamiche”.

Simulazioni stazionarie e semi-stazionarie

Questo tipo di analisi sono le più comunemente usate per diversi motivi tra i quali spicca la semplicità di esecuzione. Ovviamente questa semplicità deriva da un alto livello di semplificazione adottata che sicuramente non è passato inosservato dal lettore. Infatti le unità temporali usate per questo calcolo vanno dalla “stagione” di riscaldamento o raffrescamento al mese. Questa semplificazione comporta delle notevoli approssimazioni nella modellazione e nei parametri che vengono presi in esame. In regime stazionario o semi-stazionario il bilancio energetico viene fatto unicamente come un confronto tra le temperature interne ed esterne avendo come elemento di separazione una parete con una trasmittanza termica definita e costante nel tempo e senza massa o sfasamento. Questi ultimi due parametri che vengono trascurati da questo tipo di simulazioni, sono di cruciale importanza per quanto riguarda i consumi finali e il comfort totale e quindi, per forza di cose, queste simulazioni spesso risultano imprecise e lacunose.

In genere gli input di questo genere di programmi si limitano a scarse indicazioni geografiche (spesso limitate al comune), ad una sommaria modellazione geometrica e spesso ad una indicazione approssimativa degli impianti presenti e delle schedule di utilizzo dell’edificio stesso. Questo tipo di simulazioni è spesso utilizzata per effettuare delle graduatorie per confrontare diversi edifici tra di essi e usualmente, per il mercato immobiliare italiano. Comunque, per via della loro semplicità di esecuzione, queste simulazioni possono essere usate nelle fasi iniziali della progettazione per avere un’idea iniziale sulle caratteristiche dell’edificio e su quali possono essere i suoi punti deboli.

Alcuni programmi che svolgono questo tipo di analisi sono TerMus, EdilClima, MC4.

Simulazioni dinamiche

Con le simulazioni in regime dinamico, si apre un nuovo mondo ai progettisti. Infatti in questi programmi l’unità di tempo considerata è l’ora ma molto spesso si può scendere anche alla scala sub-oraria. Ciò permette di avere una descrizione minuziosa del comportamento dell’edifico ora per ora e ne permette di analizzare e sfruttare quelle che sono le caratteristiche fisiche proprie dei materiali. Questi programmi spesso riescono ad inserire input variabili come ad esempio sistemi di schermatura intelligenti, controlli di illuminazione oltre che la funzione della massa di cui calcolano adeguatamente ogni sua caratteristica e questo permette di simulare in modo realistico gli effetti di ogni singola modifica si decida di apportare alla struttura analizzata. Infatti, questo tipo di software permettono altresì di simulare nel dettaglio i vari sistemi di condizionamento presenti nell’edificio e di vederne gli effetti nei consumi ma anche nel comfort interno.

Le simulazioni dinamiche permettono non solo di ottimizzare gli apporti energetici e i consumi ma anche di ottimizzare il comportamento dell’involucro con quello degli impianti in modo da poter optare per impianti generalmente meno potenti e quindi meno costosi, il tutto garantendo un alto comfort interno. Spesso incluso in questo tipo di analisi, si include un efficace calcolo illuminotecnico in modo da avere una predizione dei consumi e del confort in tutti i suoi aspetti. Ovviamente l’aspetto negativo di questo processo deriva proprio dalla sua notevole complessità. Infatti questo tipo di analisi richiedono una conoscenza approfondita di ogni singolo elemento del progetto, sia costruttivo che impiantistico ed inoltre la modellazione deve essere estremamente scrupolosa e accorta poiché anche una semplice svista può portare a risultati differenti e non realistici.

Esistono diversi programmi a pagamento che effettuano simulazioni energetiche dinamiche. Nonostante ciò, uno dei programmi più usati al mondo è Energy +, un software gratuito sviluppato dal dipartimento dell’energia degli Stati Uniti d’America con l’aiuto di alcune tra le più prestigiose università al mondo e che sempre più si sta affermando a livello mondiale.

Conclusioni sulle simulazioni energetiche

Da ciò che appare da questa breve discussione, si può capire che il mondo delle simulazioni energetiche è estremamente vasto e complesso ma che può aiutare a migliorare notevolmente la qualità della progettazione di un edificio. Ovviamente, come è stato detto, esistono moltissimi strumenti a disposizione dei progettisti per raggiungere i propri obiettivi e ovviamente ognuno di loro ha una sua funzione e un suo preciso scopo. Come già detto, le simulazioni energetiche dinamiche sono quelle che richiedono più lavoro e precisione ma risultano essere anche le più precise ed efficaci. Questa loro complessità deve quindi essere giustificata all’interno di un processo progettuale profondo e innovativo che non le releghi semplicemente come ultimo step ma che anzi le valorizzi e le utilizzi in ogni fase del processo, dalla progettazione di massima a quella del dettaglio. Questo ovviamente sarebbe il modo migliore di utilizzarle ma purtroppo spesso, sia per la scarsa diffusione delle stesse che per una autoreferenzialità del processo progettuale di per sè, esse sono relegate come elemento accessorio della progettazione a cui è demandato il compito di stabilire unicamente quanti centimetri di isolante devono essere usati per ottenere la classe energetica richiesta. Per fortuna, sembra che le cose stiano lentamente cambiando, specialmente nei paesi europei continentali e speriamo che quindi, questo tipo di approccio olistico alla progettazione diventi presto il modo “normale” di progettare anche in ambito nazionale. L’Italia infatti grazie alla sua conformazione geografica offre una serie estremamente variegata di situazioni che impongono analisi sempre diverse agli specialisti del settore. Ciò da un lato presenta degli ovvi svantaggi (difficile standardizzazione dei casi), ma dall’altro è una grande possibilità per formarsi a tuttotondo in modo da essere in grado affrontare autonomamente ogni situazione e fare scuola anche nel resto dell’Europa e non solo. 

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Master-Lab Architettura e Ambiente

“Learning by doing” è il modello anglosassone cui si ispira, per il secondo anno consecutivo, il Master-Lab Architettura | Ambiente  organizzato dalla Scuola di Architettura Strategica NewItalianBlood, nata a Salerno con un unico e prezioso obiettivo: la coesione tra progettazione sostenibile, tutela dell’ambiente e sviluppo economico, coniugando etica e pratica professionale, ricerca e conoscenza del territorio, anche attraverso collaborazioni e contributi di partner internazionali fra cui i più autorevoli architetti, paesaggisti, sociologi, economisti, ingegneri ed esperti del costruire ecosostenibile. 

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Il Master, programmato dal 3 novembre 2015 al 14 aprile 2016, sarà organizzato come un superstudio-laboratorio dove i partecipanti, affiancati da progettisti professionisti tra i più interessanti e innovativi, svilupperanno in cinque mesi di attività almeno tre progetti: riuso di edifici o spazi pubblici abbandonati, rigenerazione urbana di aree periferiche, interventi turistici, culturali e sociali per la trasformazione eco-compatibile del territorio.

Chi si dimostrerà più meritevole, ottenendo l’Attestato Speciale di Merito, avrà l’opportunità di seguire uno stage finale di tre mesi in importanti studi nazionali o internazionali e chi sceglierà di svolgere lo stage in Campania o presso gli studi partner italiani, avrà diritto a un rimborso spese di 600 Euro al mese.

Oltre a lezioni pratiche e teoriche, da svolgersi negli spazi prestigiosi della scuola con l’utilizzo di risorse hardware innovative, sono previste visite in cantiere, seminari, workshop, allo scopo di fornire conoscenze per realizzare una progettazione strategica integrata, dedicata sostanzialmente alla qualità diffusa, indispensabile per lo sviluppo del territorio, dell’economia e del turismo.

L’iscrizione al Master dovrà essere perfezionata entro il 15 settembre 2015.

Particolarmente interessanti le dieci borse di studio messe a disposizione da NewItalianBlood per sostenere i giovani talenti under 35 e under 30: 2.500 Euro ciascuno per due progettisti tra i 30 e i 35 anni, residenti in Italia, Europa, Mediterraneo e 1.750 Euro ciascuno destinati a otto giovani sotto i 30 anni, residenti in Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. Le candidature dovranno pervenire entro il 10 luglio 2015.

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NIB ha attivato, inoltre, una partnership con la Regione Lazio, promotrice del programma Torno Subito; si tratta dell’opportunità, per residenti o domiciliati nel Lazio, under 35, di ricevere una borsa di studio che copre tutte le spese fino a 12.000 Euro per frequentare un’attività di formazione professionale fuori regione, come il Master di Salerno, organizzando lo stage di ritorno in studi o aziende laziali i cui contatti sono forniti dal network. Le domande vanno inviate entro il 6 luglio 2015.

Altre sponsorizzazioni e contributi saranno offerti da Fondazioni, Istituzioni, Enti Pubblici, ONG, Aziende Private, quali partner di riferimento per la copertura delle spese relative allo sviluppo dei progetti.

È dunque un’occasione unica per “imparare facendo”, costruendosi un portfolio di qualità, indispensabile per proseguire il proprio percorso professionale e fare esperienza nei più importanti studi di progettazione nazionali e internazionali. 

Per saperne di più visita il sito di New Italian Blood

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M|app: la app del saper fare pugliese

Per conoscere qualsiasi territorio è indispensabile relazionarsi con gli abitanti, scoprire usi e costumi del posto e, con essi, l’anima dei luoghi. Servizi di geolocalizzazione, mappe interattive e un monitoraggio aggiornato possono indirizzare e coinvolgere turisti e residenti, agevolando nel contempo le amministrazioni nella valorizzazione dei beni materiali e non. All’interno del “web semantico” in cui applicazioni per smarthphone e tablet sono i nuovi strumenti di lettura del territorio, si inserisce il progetto M|app  Mestieri e arti popolari pugliese – vincitore del bando pugliese “Principi Attivi 2012“.

LA PUGLIA RACCONTATA IN UN’INFOGRAFICA

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L’app mette a sistema laboratori, organizzazioni ed eventi artigianali presenti sulla regione con l’obiettivo principale di agevolare la fruibilità dei territori e mostrare la moltitudine di punti d’interesse dell’artigianato artistico, in maniera semplice e interattiva. Se ricerchi per città o categoria scoprirai musei, mercatini ed eventi indicizzati, ma non solo… Potresti partecipare ad alcune attività promulgate dall’associazione, chiacchierare con un eclettico liutaio, fare cavatelli e strascinate con maestre pastaie o incontrare uno dei pochi maestri trullari ancora viventi!

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I giovani pugliesi e la partecipazione attiva sul territorio

Dal 2008 la Regione Puglia promuove e supporta progetti ideati e realizzati dai giovani grazie a Principi Attivi “iniziativa per favorire la partecipazione dei giovani pugliesi  alla vita attiva e allo sviluppo del territorio” . M|app nasce dalle menti di Cristina Dicillo, Pasquale Minervini, Rosanna Rizzi e Sabrina Scaletta ed è un progetto pilota a scala regionale che può essere ampliato a scala nazionale. 

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Se la geografia emozionale è la nuova chiave di lettura dei territori, una mappa “smart” può aiutare a scoprire paesaggi tipici e protagonisti dell’artigianato. Infatti la mappatura interattiva individua realtà artigianali già presenti ed operanti sul territorio ma non in contatto tra loro, e promuove iniziative culturali individuali o limitate nel tempo. Come raccontano i soci, “il ruolo di M| app è di strutturare queste informazioni in una base di conoscenza condivisa, fruibile attraverso una piattaforma web e applicazioni per smartphone e tablet che consenta di conoscere in tempo reale localizzazione, caratteristiche e ogni genere di informazione utile per partecipare e conoscere l’attività d’interesseIl riconoscimento dell’identità territoriale e la promozione delle tradizioni ‘che costituiscono risorsa da tramandare alle future generazioni’ rappresenta infatti uno dei principali indirizzi delle politiche della Regione Puglia, laddove la componente rurale e storico-culturale viene intesa come una delle declinazioni del ‘bene’ territorio al pari degli aspetti paesaggistici e ambientali e, in quanto tale, suscettibile di tutela’’.

Attività on line e off line

Accanto ad una fase online, l’associazione promuove una offline di natura didattico-pratica con workshop e incontri con personalità della scena pugliese. La divulgazione del saper fare è promossa con iniziative in partnership con associazioni e istituzioni già presenti da tempo sul territorio. I laboratori sono cadenzati rispetto alla stagionalità delle attività e suddivise secondo i quattro ambiti principali della vita dell’individuo: i mestieri, l’abitazione, il cibo e il tempo libero. Il progetto prevede inoltre l’attivazione di processi collettivi di coesione e cooperazione, rivolti a Istituti Scolastici e di assistenza sociale, per favorire la sperimentazione didattica e l’integrazione di minori, anziani, diversamente abili, attraverso attività laboratoriali organizzate sui temi delle tradizioni locali.

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Il primo appuntamento laboratoriale sviluppava il tema mestieri e ha visto la collaborazione dei maestri ceramisti della Bottega Vestita di Grottaglie (TA). Dopo un seminario teorico sulla storia della ceramica Magno-Greca e Medievale e sui metodi di lavorazione e decorazione tradizionali, i partecipanti hanno lavorato con il tornio modellando vasi e piccoli oggetti. Hanno appreso anche alcune tecniche decorative tra cui l’ingobbio a graffito e incisione, e lo smalto.

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Il secondo appuntamento ha come tema il cibo e negli spazi baresi di MICROBA i partecipanti si sono cimentati nella produzione di orecchiette, cavatelli, strascinate e altri formati tipicamente pugliesi. Si è tenuto, inoltre, il simpatico contest culinario e show cooking. Il primo piatto preferito in cui i presenti divisi per squadre si sono sfidati con ricette a base di orecchiette prodotte in giornata sulla Q-CINA mobile degli amici di MoMAng.

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La terza attività didattico-pratica è stata chiamata “La dimora”, dedicata alle tecniche costruttive in pietra a secco tipiche pugliesi con l’aiuto dei trullari Giuseppe Miccoli, divulgatore dell’antico mestiere, e Lorenzo Grasso, autorizzato ad operare nei siti patrimonio UNESCO. Durante la giornata i maestri hanno mostrato le caratteristiche tecnologiche dei muri a secco, soffermandosi sulle tipologie dei paretoni e dei paralupi; in seguito hanno mostrato gli strumenti tradizionali (martello, seidenti, filo a piombo, squadro, guidamest, callared, zappa e piccone).

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Infine un percorso tra storia, musicologia, fisica e arte l’ultimo appuntamento per il macro-tema tempo libero, dedicato alla scoperta del mestiere del liutaio con Antonio Dattis in cui i partecipanti hanno potuto apprezzare la sua eccezionale abilità nello scolpire il legno e trasformarlo in musica.

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Agricoltura biologica: numeri, etichette, coltivazioni, controlli

Ormai sempre più diffusi, conosciuti e anche inflazionati sono i termini “bio”, “biologico”, “eco” riferiti ai prodotti agroalimentari presenti sulle nostre tavole. Pubblicità “green” più o meno veritiere, etichette più o meno ingannevoli rischiano di invadere il mercato alimentare provocando confusione nel consumatore che non riesce più a districarsi tra i prodotti esposti al supermercato e non ha più riferimenti chiari per scegliere cosa effettivamente per lui sia meglio comprare.

Il grande boom dell’agricoltura biologica si è avuto in Italia dopo l’anno 2000, in particolare solo nel 2014 si è registrato un aumento dei consumi di prodotti biologici pari al 17% rispetto all’anno precedente. Gli operatori del settore biologico, al 31 dicembre 2013, risultano essere 52.383, con un aumento complessivo del 5,4% rispetto al 2012. Il Ministro Martina ricorda che è un settore che in Italia vale 3 miliardi di euro e che riguarda oltre il 10% della superficie agricola nazionale (fonte: Ministero delle Politiche agricole).

AGRICOLTURA SOSTENIBILE: PROGETTARE UN ORTO SINERGICO

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È opportuno, proprio per la grande influenza che questo tipo di agricoltura ha sul mercato, far luce su alcuni punti chiave.

NOMI, CONFEZIONI ED ETICHETTE BIO

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La normativa che regola la produzione, l’importazione, il commercio, l’etichettatura dei prodotti biologici a livello europeo è il regolamento CE 834/07, recepito in Italia con il decreto ministeriale DM 2049/2012 e successive modifiche. I produttori devono attenersi scrupolosamente a tali normative se vogliono essere certificati come “biologici” e poter vendere come tali i loro prodotti.

L’etichetta e l’indicazione di prodotto “biologico” deve essere apposta solo se sono rispettate determinate condizioni.

Non sempre però il consumatore si trova davanti ad etichette chiare anzi, troppo spesso, il colore, il logo e il nome richiamano il prodotto “biologico” quando questo biologico non è. Nella puntata del 14/12/14 di Report è stato ben segnalato il problema di etichette ingannevoli che nascondono prodotti da agricoltura tradizionale.

LE QUALITÀ NUTRIZIONALI DEI PRODOTTI BIO

Come riportato da Dario Bressanini, dottore in chimica, sul sito della rivista “Le Scienze” che riassume il numero interamente dedicato al cibo di Novembre 2013, i prodotti biologici hanno le medesime proprietà nutrizionali dei prodotti da agricoltura tradizionale. Questa affermazione deriva da studi specifici dell’Università di Standford e della Food Standard Agency britannica che conclude il suo rapporto di ricerca dicendo: “Per la maggioranza dei nutrienti esaminati non è stata rilevata una differenza nel contenuto di nutrienti e altre sostanze tra prodotti biologici e convenzionali, il che suggerisce che i prodotti biologici e quelli convenzionali siano largamente confrontabili”.

AGRICOLTURA BIOLOGICA: LA RESA PER ETTARO

Le rese per ettaro dell’agricoltura biologica sono solitamente più basse di quelle dell’agricoltura convenzionale: mediamente il 25% in meno. Conseguenza di ciò è che per produrre la stessa quantità di prodotto, quindi per soddisfare il fabbisogno alimentare, è necessario un consumo maggiore di suolo. Questo dipende però dal tipo di coltivazione di cui si tratta: su alcune colture come quella della frutta l’incidenza è solo del 5% mentre per i cereali e gli ortaggi si arriva anche a più del 30%.

Produttori di agricoltura biologica che, in particolari tipi di coltivazioni, ottengono la stessa resa dell’agricoltura tradizionale devono essere fonte di diffidenza e causa di controlli da parte degli organi competenti.

Nella già citata puntata di Report viene mostrato il caso dei risicoltori piemontesi che denunciano, a loro dire, una “falsa agricoltura biologica” della concorrenza che otterrebbe appunto la stessa resa per ettaro.

LA SOSTENIBILITÀ DEL BIOLOGICO

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Nel 2012 è stato pubblicato uno studio che raccoglie i risultati di 71 studi indipendenti sull’impatto ambientale dell’agricoltura biologica europea. Gli aspetti considerati nella ricerca sono: la qualità del suolo, la biodiversità, il rilascio di sostanze potenzialmente dannose nella falda acquifera e il consumo energetico. Il risultato non è univoco come vorremmo aspettarci.

La produzione biologica di olive e carne di manzo causa meno emissioni di gas serra della produzione convenzionale, mentre per il latte, i cereali e i maiali la situazione si capovolge.

Citando Dario Bressanini da “Le Scienze”: “In generale lo studio mostra come le pratiche dell’agricoltura biologica abbiano generalmente un impatto positivo sull’ambiente per unità di superficie, ma a causa delle minori rese non necessariamente per unità di prodotto. In altre parole, un’azienda agricola biologica che produce ortaggi può, a parità di superficie coltivata, rilasciare meno azoto nella falda, ma ogni singolo ortaggio raccolto nei suoi campi potrebbe avere un impatto sulla falda maggiore di uno analogo prodotto in modo convenzionale”.

GLI ORGANI DI CONTROLLO

In Italia molti sono gli Organi di Controllo deputati all’ispezione delle aziende agricole biologiche. Dal rapporto annuale dei controlli del 2014 dell’ente CCPB.srl emerge come i controlli vengano eseguiti in tutte le aziende biologiche, anche più di una volta l’anno ma che l’esito, ovviamente, non è sempre positivo.

Per esempio di tutte le aziende controllate la percentuale di produttori non idonei è stata maggiore del 30% in Regione Lombardia, Toscana, Veneto e in molte altre regioni italiane. La media nazionale è di oltre il 25%.

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L’estate? Tempo di relax. Suggerimenti per montare un’amaca in giardino

Le amache, accogliente giacigli outdoor, sono il simbolo del riposo all’aria aperta e sinonimo di relax. Montate solitamente tra due alberi o due pali, le amache sono perfette soluzioni per il campeggio, nella frescura di una pineta, ed il giardino, ma ne esistano versioni adatte anche ad essere montate indoor.

In copertina: Hammock on the tropical beach in the sunlight di Anna Bogush via Shutterstock.

Sul mercato è possibile trovare diverse soluzioni. Una vasta selezione di amache e’ presente su Duzzle, il nuovo shop di arredamento per la casa, l’ufficio e il giardino, che propone colorate amache brasiliane, matrimoniale e in policotone con solidi supporti in acciaio che le rendono adatte ad essere installate tanto all’esterno che dentro casa. Scoprile in offerta “Flash” su Duzzle fino al 15 Giugno. Prezzi a partire da 18 euro con ulteriori sconti del 10% iscrivendosi alla newsletter.

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Se sei un amante del fai da te e preferisci costruirla da te piuttosto che comprarla, ecco qualche suggerimento per realizzare un’amaca con pochi elementi. Potrai utilizzarla per riposare, leggere un libro o prendere il sole, insomma ti assicurerai il relax per tutta l’estate!

AMACA FAI DA TE IN TESSUTO

Insieme a quella costituita da una rete (più difficile da realizzare da sé), l’amaca in tessuto è probabilmente quella più classica e diffusa. Per realizzare un’amaca in tessuto sarà preferibile selezionare tessuti resistenti e naturali, che non irritino la pelle o siano poco confortevoli. Per l’opzione singola basterà un tessuto largo circa 1 metro e 30 e lungo circa 3 metri. Per amache matrimoniali potrai scegliere di optare per una larghezza poco meno che doppia. Ti servirà anche una corda resistente, di una lunghezza indicativa di 20 metri, ma variabile a seconda della distanza reciproca dei sostegni. La corda va divisa in due metà.

Per realizzare l’orlo in cui passerà la corda da annodare all’albero o al palo in una estremità, piega due volte su se stesso il lato corto del tessuto, lasciando uno spazio, come una sorta di asola, per consentire il passaggio di uno dei due pezzi di corda. Procedi ugualmente per l’altro lato del tessuto. Una volta effettuati questi passaggi, non resta che legare l’amaca agli alberi.

In alternativa, è possibile dotarsi anche di un bastone di circa 1 metro di lunghezza e creare un’asola nel tessuto più larga (tanto da farci passare il bastone). Quindi inserire il bastone nell’asola (al posto della corda) e utilizzare la corda per legare il bastone all’albero. Con questo sistema l’amaca potrebbe risultare un po’ più comoda.

Il nodo per fissare l’amaca all’albero

Realizzata l’amaca, per fissarla all’albero è importante utilizzare una corda resistente e di qualità, possibilmente con un diametro uguale o superiore ai 6 millimetri. Ci sono diverse possibilità per realizzare il nodo per annodarla all’albero. In generale, per evitare che la corda si deteriori a furia dello sfregamento contro il tronco, e per evitare di rovinare il tronco, è consigliabile avvolgerla due volte intorno al tronco o ramo, assicurandosi che la corta si incroci. Un’alternativa per proteggere la corda è quella di farla passare in un pezzo di tubo di gomma come quello di una pompa da giardino.

Nel video è spiegato come realizzare il nodo per fissare l’amaca agli alberi.

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AMACA FAI DA TE CON LENZUOLA MATRIMONIALI

Realizzare un’amaca da sé e farlo anche con materiali di riciclo è sicuramente una soddisfazione in più. La prima opzione in generico tessuto può essere replicata utilizzando lenzuola matrimoniali piegate in due, così che siano più resistenti del singolo strato.

AMACA FAI DA TE IN PALLET

Quella dei pallet è una perfetta idea di riciclo per un’amaca ecologica oltre che comodissima. I pallet infatti danno l’opportunità di realizzare una sorta di grande altalena, un divano sospeso, più che una classica amaca, da allestire con grandi cuscini colorati, lasciare al grezzo o dipingere a piacere.

Realizzarla è davvero semplice: basta assicurare una solida corda alle assi del pallet e legare la corda ad una struttura lignea sovrastante, dei ganci al soffitto o un robusto ramo di un grosso albero. 

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Accessori in bambù per il computer

Diffuso prevalentemente in Asia, il bambù si sta facendo largo anche in Europa, dove viene utilizzato non solo in qualche costruzione, ma anche e soprattutto nel settore del design, dove la sua piacevolezza estetica, resistenza e versatilità gli stanno assicurando un grande successo.

I designer si sono lasciati conquistare e si stanno sbizzarrendo tanto in impensabili creazioni originali quanto in realizzazioni di oggetti tipicamente plastici, replicati nella loro versione in bambù. Il settore dell’informatica non è sfuggito a questa ondata green, con repliche in bambù di accessori high tech. E’ il caso di mouse, tastiere, custodie per pc e altri accessori per il computer, disponibili nella loro versione naturale.

fanno risparmiare plastica e sono interamente riciclabili. Senza contare il piacere al tatto che un elemento naturale assicura.

Ecco qualche esempio:

TASTIERA IN BAMBÙ

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Una tastiera in bambù fa risparmiare oltre mezzo chilo di plastica in favore di un materiale naturale (che tra l’altro cresce a velocità sostenute). Le nostre dita sono quasi costantemente in contatto con la tastiera mentre lavoriamo e toccare un materiale naturale è molto più piacevole.

Ecomad è una tastiera ultrasottile interamente in bambù. Può essere utilizzata sia tramite una connessione bluetooth che con il classico cavetto e viene fornita con una batteria integrata inclusa nel prezzo.

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MOUSE IN BAMBÙ

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Un mouse in bambù fa risparmiare circa 100 grammi di plastica, ha caratteristiche antibatteriche e limita la sudorazione della mano e le dita.

Mudder ne propone uno eco-friendly, studiato per essere piacevole al tatto.

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SET TASTIERA E MOUSE

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Per chi preferisce un look più serioso ed una scrivania più elegante, suggeriamo un set di tastiera e mouse in bambù effetto mogano, con struttura scura ed inserti in bambù chiaro. Prodotti da Artis, sono realizzati interamente a mano e studiati per suggerire una sensazione di armonia. Entrambi i prodotti sono wireless.

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ALTRI ACCESSORI IN BAMBÙ

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Artis propone una calcolatrice in bambù fabbricata a mano che funziona ad energia solare, senza necessità di batterie. Acquista la calcolatrice

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E’ di Ecomad invece, una chiavetta usb in bambù con una memoria di 4gb. Ha la forma di una foglia, a ricordare la sua origine naturale. Acquista la chiavetta usb

Chi utilizza un laptop anziché un computer fisso può trovare utile questo supporto da tavolo in bambù, molto più comfortevole di uno in plastica, evita il surriscaldamento del portatile. Acquista il supporto

Chi preferisce l’utilizzo di dispositivi mobili tipo tablet preferirà invece questa cover per il tablet proposta da JammLizard. Acquista la cover

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Torre Eiffel eolica metafora di un processo di conversione green di Parigi

La Torre Eiffel non è solo l’icona di Parigi, ma anche la metafora di un processo di conversione green della città. “Sguardo, oggetto, simbolo, la Torre Eiffel è tutto ciò che l’uomo decide di metterci, e questo tutto è infinito; […] è il simbolo puro, aperto a tutti i tempi, a tutte le immagini e a tutti i sensi: la metafora irrefrenabile“ (Roland Barthes).

In copertina: L’Arbre à Vent, Jérôme Michaud-Larivièr

PARIGI GREEN: UN PROGETTO PER RENDERE PIÙ VERDE LA TOUR EIFFEL

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E nella varietà di interpretazioni cui si presta la Torre, una chiave di lettura attuale è appunto quella di vetrina per la svolta ecosostenibile della città di Parigi. Infatti è recente l’installazione al suo interno di due turbine eoliche ad asse verticale, ad una quota ottimale per garantire il massimo della prestazione (122 metri, al di sopra del secondo piano), provvedendo con i loro sette metri d’altezza e tre di diametro a fornire annualmente 10mila kWh di energia per le attività commerciali del primo piano.

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Progetto di alta carica simbolica: la Torre Eiffel, essendo visitata annualmente da circa cinque milioni e mezzo di turisti, contribuirà, con il suo ruolo di landmark, a diffondere i principi del processo di restyling che sta trasformando Parigi in una capitale sempre più green.

PARIGI E L’ENERGIA EOLICA

In tale ottica l’installazione di turbine eoliche si affianca a due progetti che, sfruttando l’energia del vento, concorrono all’ambizioso obiettivo di riconversione in chiave ecofriendly della città: l’Arbre à Vent, un’idea dell’ingegnere Jérôme Michaud-Larivière, albero hi-tech fotovoltaico biomimetico che produce energia con continuità sfruttando venti anche molto leggeri grazie ai microgeneratori dei rami e delle foglie artificiali orientabili; e lo skyline di grattacieli sostenibili che caratterizza la 2050 Paris Smart City dello studio belga di Vincent Callebaut, in cui gli impianti eolici si affiancano a giardini pensili e a centrali a biomassa.

Aggiungendo al quadro l’approvazione a marzo -quindi contemporaneamente all’installazione delle turbine- di una legge che stabilisce l’obbligo di dotare gli edifici delle zone commerciali di tetti verdi, è chiaro l’impegno profuso dalla Francia nella riduzione del consumo energetico e delle emissioni del 25 per cento entro il 2020.

RESTYLING E CONSERVAZIONE DEL VALORE ESTETICO

In allineamento con progetti internazionali che si contraddistinguono per la produzione di energia eolica come il Bahrain World Trade Center, il 10MW Tower di Dubai e il COR Building di Miami, lo sfruttamento del vento è il caposaldo per un intervento di rinnovamento della Torre Eiffel che sarà il più oneroso (30 milioni di euro) degli ultimi trent’anni, comprendendo non solo energia eolica, ma anche: solare -tramite l’installazione di pannelli in quantità tale da garantire il rifornimento del 50% del fabbisogno di acqua calda-, illuminazione a led e riutilizzo dell’acqua piovana per le toilette.

Il tutto integrato all’interno del profilo della struttura emblema di Parigi, e mimetizzato grazie alle scelte cromatiche, dimostrando la possibilità di sfruttare energie rinnovabili senza compromissione dei valori estetici esistenti.

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11 software utili agli architetti. Progettazione, render e cura del computer

Oggi parliamo di alcuni software per PC, utili a architetti e studenti di architettura. Lasciando da parte software più conosciuti come quelli prodotti da Autodesk, da McNeel, Microsoft ecc, i programmi qui di seguito vi proporranno alcune alternative a strumenti di cui eravate già a conoscenza. Saranno piacevoli sorprese per aumentare la vostra produttività in ufficio o dietro ai banchi di scuola.

15 PROGRAMMI ONLINE PER ARCHITETTI

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Ultimate Maps Downloader

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Immaginiamo di utilizzare una foto di satellitare proveniente da Google Maps, o da Bing Maps come sfondo in un inquadramento per mostrare la zona del nostro prossimo intervento. Il problema è sempre lo stesso: ingrandendo un printscreen (uno stamp) dello schermo con uno zoom troppo ravvicinato corro il rischio di avere un’immagine molto sgranata, se invece il mio stamp prende una porzione di mappa maggiore il problema non è comunque risolto, poiché all’ingrandimento di quest’ultimo otterrò nuovamente un’immagine sgranata con il rischio di far apparire la mia zona di interesse minuscola e invisibile.

Lizard Labs ha sviluppato Ultimate Maps Downloader, un semplice software che permette di scegliere una tra tante tipologie di mappa provenienti da Google, Bing, Wikipedia, Esri… una porzione di area mondiale e il suo livello di zoom. Automaticamente provvederà al download di tutte le sezioni corrispondenti e al photomerge restituendovi un’immagine ad altissima risoluzione e fedeltà.

Acronis Backup Advanced 

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Ognuno di noi sa quanto è importante il contenuto dei nostri inseparabili amici, i Computer. Questo splendido aggeggio, diventato così semplice da usare con interfacce infinitamente personalizzabili, lavora unicamente in sistema binario, ovvero con pacchetti di dati composti da 0 e 1. Questi – apparentemente insignificanti – 0 e 1 che compongono i nostri file sono fonte di numerosissime preoccupazioni, capelli bianchi, rughe e pianti. Immagino che perdere da un giorno all’altro il lavoro di una vita, i ricordi, la musica, risulti abbastanza traumatico. I nostri computer sono gli archivi della nostra vita. Per questo Acronis Backup Advanced, in caso di catastrofe, garantisce una copia di backup su supporti esterni o interni di macchine virtuali, componenti di rete, o di qualsiasi supporto, per recuperare il più velocemente ed efficientemente possibile qualsiasi file vogliate.

Teorex PhotoScissors 2.0

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Dovete tagliare rapidamente un oggetto o una persona da una fotografia per incollarla in un’altra immagine? Dovete unicamente rimuovere lo sfondo da una fotografia?

Con pochi clic di mouse, PhotoScissor produce un ritaglio preciso che può essere implementato a tuo piacimento con sottili pennelli. Invece di perdere tanto tempo con strumenti come bacchetta magica, gomma o lazo poligonale, il software ti fa scegliere una macro area da tagliare e l’area che si desidera conservare. Dopo aver dato l’ok, il risultato sarà stupefacente. L’algoritmo di programmazione, molto evoluto, è in grado di riconoscere i pixel ottimizzando i bordi di ritaglio per riuscire a scovare anche il più piccolo punto su uno sfondo che ben si integra al soggetto che abbiamo deciso di estrapolare

Movavi PowerPoint to Video Converter

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La procedura è sempre la stessa: si chiudono le porte che danno sull’esterno, le tende iniziano ad abbassarsii fino a esiliare anche il più piccolo raggio di sole residuo, le persone iniziano a zittirsi, si abbassa lo schermo, si accende il proiettore. Ci ripetiamo che andrà tutto bene, ma un po’ di agitazione rimane, la nostra presentazione curata nei minimi dettagli farà scalpore e sarà di una risoluzione sicuramente adeguata, e quel vecchio proiettore nei prossimi minuti ci farà fare una splendida figura. Poi piano piano, la nostra mente inizia ad elaborare… forse sarebbe stato meglio salvare la presentazione con un formato meno recente, il computer alla postazione del relatore non sembra molto in forma, anzi probabilmente Fred Flintstone ai suoi tempi ne possedeva sicuramente uno più performante.

Ma cosa ci dobbiamo fare? Sicuramente, se non si possono fare prove di proiezione prima di un evento, converrebbe sempre avere a disposizione una presentazione salvata sotto forma di video, che rimane più compatibile di un classico formato .ppt. L’intercambiabilità dei più recenti software funziona, ma non sempre egregiamente, più volte vi sarete ritrovati con formattazioni di testo diverse, parole tagliate o mangiate dalla casella di testo. Con il programma Movavi PowerPoint to Video Converter risolverete ogni problema. Il vostro PC produrrà un video che potrà essere aperto su qualsiasi hardware avrete a disposizione.

LUXION Keyshot Pro e Maxwell Render 

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Quanti strumenti per modellare tridimensionalmente (oggetti parametrici e non) conoscete? Immagino moltissimi. Solo per citare i più diffusi, 3D Studio Max, Rhinoceros, Revit, Maya, Archicad, Cinema 4D, SketchUp (e molti altri). Ognuno ha i suoi punti a favore e le sue debolezze. Potete fare un 3D fantastico o no, ma spesso il problema finale è: come lo renderizzo? Posso usare Mentalray, V-Ray, Flamingo…

Escludendo Mentalray che è diventato da poco tempo un software stand alone, possiamo fare affidamento su Keyshot e Maxwell Render. Questi due software mettono a nostra disposizione ambienti nei quali possiamo attribuire (molto semplicemente) diversi materiali alle nostre geometrie, renderizzandole in un tempo da noi scelto, con dei risultati a dir poco fantastici. Le camere per la renderizzazione, sono intese come vere e proprie macchine fotografiche DSLR (Reflex); i settaggi per ottenere l’immagine finale, si riferiscono unicamente alle specifiche della Reflex: questo vi aiuterà a non impazzire più dietro a decine di menù a tendina e check box per ottenere spesso e volentieri risultati deludenti a scapito del vostro tempo.

FarStone One Pro 1.3

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Volete avere un computer che funziona ottimamente? Nessun rallentamento, avvio veloce, niente bluescreen…? Non è uno scherzo! Qualche tempo fa, alla presentazione del nuovo surface, perfino il tablet di Microsoft dopo essersi bloccato, ha restituito a video il classico errore di memoria con testo bianco su sfondo blu. Per avere un dispositivo performante, bisognerebbe procedere ad un ripristino totale almeno ogni 8-10 mesi. Questo dimostra la reale importanza dei backup e di alcuni software che rendono queste operazioni più semplici anche per chi non ha molte competenze informatiche.

FarStone ONE è un software di recupero, che crea un’immagine del nostro sistema operativo (con programmi inclusi) e la può ripristinare ogni qualvolta ne avremo bisogno. L’ultima versione è in grado di ripristinare un sistema operativo a ogni riavvio, e anche se qualche pazzoide fissato con l’importanza per la pulizia potrebbe ritenerla un’ottima opzione, per i più comuni mortali potrebbe risultare una scelta un po’ troppo drastica.

Twinmotion 2015 Pro e Lumion

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Ricordo bene, quando durante gli atelier universitari, i docenti richiedevano a gran voce rendering o visualizzazioni fotorealistiche del nostro progetto di architettura. Tutto il corso passava tra le più differenti correzioni, fino al più piccolo particolare, e poi ci si ritrovava a dover fare settordici mila rendering nel giro di quattro-cinque giorni. In questi momenti la fretta per la consegna porta spesso a tralasciare piccoli particolari che renderebbero il 3D più ricco e molto più gradevole, ma eravamo disposti a tutto per finire in tempo utile alla prima sessione di esami. Il caro vecchio 3D Studio con i suoi render infiniti avrà bruciato (nel nostro gruppo di laboratorio) dalle sette alle otto schede video in cinque anni di corsi.

Poi un compagno di corsi mi mostrò Lumion, ero entusiasta, sembrava impossibile produrre rendering e allestire scene con tanta velocità, tanto da far diventare le attese di renderizzazione ridicole. Nel tempo Lumion si è evoluto parecchio e ha implementato diverse caratteristiche; la stessa cosa vale per Twinmotion, che sicuramente più giovane del primo, racchiude molte caratteristiche utili per realizzare immagini digitali dei vostri modelli 3D in tempi brevissimi, lasciandovi molto più tempo per concentrarvi sulle caratteristiche fondamentali del vostro progetto.

Sicuramente i video saranno più esaustivi delle mie parole e vi mostreranno le capacità di questi due fantastici software.

{youtube}8JsQSDdamXo{/youtube}

{youtube}VFKBYb3ZITM{/youtube}

PointWise 17.3

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Con uno sviluppo sempre maggiore di un pensiero più eco e sostenibile, vengono implementati sempre più strumenti e software che calcolano la CFD (computational fluid dynamics). Questi software che inizialmente venivano utilizzati dagli ingegneri per il calcolo della fluidodinamica e lo spostamento dei liquidi all’interno di canali e condutture, vengono oggi impiegati (più massivamente) anche per il calcolo dello spostamento delle masse d’aria in alcuni progetti di architettura sostenibile. L’inserimento delle aperture in un progetto architettonico sostenibile, l’orientamento e la dimensione del corpo di fabbrica, dovrebbero relazionarsi, oltre che alla componente solare, anche ad altre componenti terrestri e meteorologiche, movimento delle masse d’aria compreso.

Anche la più ben nota Autodesk, qualche anno fa, produsse Vasari (http://autodeskvasari.com/), ancora oggi in fase beta e disponibile al download. Questi software, come PointWise corredati da dati climatici provenienti dalle stazioni meteorologiche di interesse, sono in grado di creare complesse reti di punti che interagiscono con modelli architettonici inseriti all’interno del loro ambiente di sviluppo restituendo valori che ci coadiuvano a prendere decisioni utili in fase progettuale.

(immagine: http://www.corsicad.net/2011/09/progetto-vasari-21-unanteprima-della.html)

MediaChance Dynamic Photo HDR 

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La fotografia è una passione che accomuna molti. Quando ci si mette dietro un obiettivo, la nostra mente, tende a percepire e osservare tutto quello che ci sta intorno in chiave molto più critica del solito. Quante volte ci soffermiamo a fotografare una cosa piuttosto che un’altra? Una volta archiviate e nonostante le nostre preferenze, le foto che vengono catturate – prima dal nostro sguardo – appaiono diverse da come ce le ricordavamo. Queste non riescono sempre a ri-trasmettere, le emozioni e le vibrazioni percepite al momento dello scatto, anche a causa delle condizioni talvolta non ottimali del punto di presa, la forte luce solare sull’obiettivo.. Tutto questo può essere corretto con una buona pratica, diventando padrone dei settaggi della propria DSLR.

Tramite MediaChance Dynamic Photo HDR si possono trasformare le proprie foto allineando i colori, la luminosità e il contrasto. Dopo aver ottimizzato le immagini bilanciando il livello del bianco naturale, queste appariranno più chiare e realistiche. Il programma è progettato anche per elaborare immagini dinamiche che combinano tra loro diversi livelli di esposizioni, generando output più vivaci e quasi surreali, per riuscire a caratterizzare le vostre fotografie e farle diventare come quelle che vedete con il vostro cuore.

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