Il grattacielo Intesa Sanpaolo di Renzo Piano eletto Building of the Year 2016

Il grattacielo Intesa Sanpaolo, progettato da Renzo Piano Building Workshop, è vincitore del premio ArchDaily Building Of the Year 2016 per la categoria uffici. L’importante riconoscimento è stato assegnato in seguito ad una votazione tra gli oltre 3 mila progetti presentati da ArchDaily, il sito web di Architettura più visitato al mondo, a cui hanno partecipato 55.000 utenti.

PILLOLE DI RENZO PIANO: LA MINI ABITAZIONE DIOGENE

{loadposition google1}

grattacielo-intesa-renzo-piano-b

Il grattacielo, firmato da Renzo Piano e vincitore del premio Archdaily Building of the Year 2016, nasce a Torino in prossimità del centro storico, all’incrocio tra Corso Inghilterra e Corso Vittorio Emanuele. La realizzazione è parte di una convenzione siglata tra la Città di Torino e Intesa Sanpaolo che comprende anche la riqualificazione dell’adiacente Giardino Nicola Grosa, e di un parcheggio interrato di 8.800 mq in via Nino Bixio. 
L’opera, che ha richiesto un investimento complessivo di circa mezzo miliardo di euro, è stata interamente finanziata dal gruppo bancario per ospitare gli uffici centrali e dirigenziali.
L’inaugurazione è avvenuta nell’aprile 2015, a 5 anni dall’inizio dei lavori. Al processo progettuale hanno partecipato gli studenti del Master di II livello in Progettazione e costruzione di edifici di grande altezza, organizzato dal Politecnico di Torino in cooperazione con Intesa Sanpaolo e la Camera di Commercio di Torino.

La struttura del grattacielo Intesa San Paolo

Il grattacielo di Renzo Piano si sviluppa verticalmente su 44 livelli, di cui 38 fuori terra, raggiungendo una altezza di 166 metri, due in meno rispetto alla Mole Antonelliana.
Gli elementi strutturali sono costituiti da un nucleo, che contiene i vani per i diciassette ascensori e le scale, e uno scheletro portante, disposto secondo pianta di 7000 mq, che sostiene l’involucro esterno in alluminio e vetro.
grattacielo-intesa-renazo-piano-c

grattacielo-intesa-renzo-piano-d

grattacielo-intesa-renzo-piano-e

grattacielo-intesa-renzo-piano-f

grattacielo-intesa-renzo-piano-g

L’edificio ha al proprio interno un mix di spazi di lavoro e per la collettività. La sezione interrata ospita un giardino ipogeo, un asilo nido, un ristorante aziendale, locali impianti e tre livelli destinati a parcheggi per oltre 300 vetture. Alla base dell’Intesa Sanpaolo Office Building si trova un auditorium che, grazie alla platea amovibile, ha capacità di cambiare la propria conformazione trasformandosi all’occorrenza in sala aperta al pubblico per conferenze, concerti ed esposizioni. 27 piani sono occupati dagli uffici, frequentati giornalmente da oltre 2000 dipendenti. Il 31° piano è un laboratorio per l’innovazione e la ricerca.

grattacielo-intesa-renzo-piano-i

grattacielo-intesa-renzo-piano-n

In cima al grattacielo è ubicato il secondo spazio di carattere pubblico, una serra bioclimatica di 15.000 mq suddivisa su 3 livelli: il tetto giardino con ristorante panoramico (35° piano), una sala esposizioni (36° piano) e una caffetteria con galleria (37° piano). Percorrendo il ballatoio, che si sviluppa lungo il perimetro sui tre piani, è possibile godere di viste panoramiche su tutta la città ed osservare gli arbusti e le piantagioni presenti, tra cui eucalipti, acacie, lavande, che contribuiscono al mantenimento del clima temperato all’interno dell’ambiente.

grattacielo-intesa-renzo-piano-h

grattacielo-intesa-renzo-piano-p

Criteri di sostenibilità del nuovo grattacielo di Renzo Piano

Durante la progettazione sono state studiate le più sofisticate strategie energetiche per lo sfruttamento ottimale delle risorse naturali, secondo i principi di sostenibilità promossi dal GBC (Green Building Council).
Il grattacielo Intesa Sanpaolo ha ottenuto la certificazione LEED Platinum con il totale di 83 punti, uno score fra i più elevati al mondo per gli edifici di grande altezza.
La certificazione è ottenuta in seguito alla valutazione e ai punteggi assegnati in base alle caratteristiche del sito di costruzione, alle scelte progettuali e tecnologiche, alla qualità degli ambienti interni e alla gestione dei materiali.

Sostenibilità del sito

L’edificio sorge all’interno di un’urbanizzazione già sviluppata. La presenza di un elevato numero di servizi a disposizione dell’utenza non rende necessario la costruzione di ulteriori strutture con una conseguente riduzione dell’impatto del progetto sul territorio.

I servizi di base sono compresi entro una distanza percorribile a piedi oppure mediante mezzo di trasporto alternativo. È stata predisposta, infatti, l’installazione di stazioni per il bike sharing e il car sharing. L’accessibilità dell’area è inoltre ampiamente servita dalla rete di trasporto pubblico.

Energia e Atmosfera

Il funzionamento della struttura tecnologica è controllato da sonde collegate al BMS (Building Management System), un sistema di gestione avanzato che permette di modulare il comportamento dell’edificio in relazione alle variazioni climatiche.
Le superfici a est e ovest sono rivestite da un involucro trasparente “a doppia pelle”.
In inverno, i raggi solari attraversano il primo strato di vetro e alluminio e riscaldano per effetto serra l’aria presente nell’intercapedine contribuendo alla mitigazione del clima.
In estate, la regolazione meccanica delle aperture e dei sistemi frangisole permette il rilascio del calore accumulatosi nelle ore diurne impedendo il verificarsi di fenomeni di surriscaldamento. Durante la sera, l’aria fresca è incanalata dentro l’intercapedine dei solai a doppio strato di calcestruzzo e rilasciata da pannelli radianti durante la giornata rinfrescando gli spazi di lavoro.

grattacielo-intesa-renzo-piano-m

grattacielo-intesa-renzo-piano-o

La superficie della facciata esposta a sud è interamente rivestita da 1600 mq di celle fotovoltaiche per la produzione di energia elettrica. Sullo stesso lato dell’Intesa Sanpaolo Office Building, il volume per la scala esterna è anche un giardino d’inverno che si sviluppa per tutta l’altezza dell’edificio.
L’acqua calda sanitaria è prodotta da un sistema di collettori solari.
In copertura, la serra bioclimatica si comporta da “tetto verde”. D’estate impedisce l’accumulo di calore che sarebbe rilasciato all’interno dell’edificio, in inverno riduce il disperdersi dell’energia termica.
Il condizionamento è affidato alla tecnologia geotermica ad alto rendimento. L’impianto sfrutta l’acqua di falda e si comporta da pompa di calore in regime invernale e da macchina frigorifera nella stagione estiva.

Gestione delle Acque

L’acqua piovana viene incanalata in apposite vasche di accumulo e, per mezzo di sensori e centraline di controllo, utilizzata per i servizi igienici e a scopo irriguo. Queste strategie permettono un risparmio idrico sino al 48%.

Gestione dei Materiali

Gran parte dei materiali da costruzione utilizzati contiene una componente di riciclato oppure è prodotta a poca distanza dall’area di cantiere, consentendo un notevole risparmio sui costi di trasporto.

Il legno utilizzato è certificato FSC, ossia prodotto da foreste gestite secondo principi di sostenibilità e rispetto delle risorse naturali. L’accumulo di calore e i conseguenti fenomeni di surriscaldamento sono ridotti grazie alla scelta di colorazioni chiare per le superfici esterne. L’edifici progettato dal Renzo Piano Building Workshop, illuminato dal sole, diventa così brillante “come un pezzo di ghiaccio”, inserendosi perfettamente nel contesto panoramico delle montagne innevate sullo sfondo della città.

Qualità degli spazi interni

La progettazione del grattacielo è stata particolarmente incentrata sul benessere degli spazi di lavoro.

Gli uffici, alti 3,20 m, sono stati studiati con le finalità di favorire lo sfruttamento degli apporti solari gratuiti e di ridurre i fenomeni di abbagliamento mediante la modulazione dell’irraggiamento con i sistemi frangisole meccanizzati.

Il valore di illuminamento corretto è garantito dalla presenza di sensori e da lampade a luce dimmerizzata che ottimizza il rendimento dei corpi illuminanti in funzione della radiazione solare in ingresso. L’impianto d’illuminazione, inoltre, è prevalentemente dotato di corpi illuminanti LED a basso consumo energetico.

Gli interni sono rivestiti da materiali basso emissivi che rilasciano limitate quantità di sostanze organiche volatili. Per prevenire la presenza di inquinanti, dovuta ai processi di costruzione, prima dell’entrata in funzione degli uffici è stato eseguito un flush-out, ossia una depurazione mediante “lavaggio” degli ambienti con grandi volumi d’aria.
La salubrità in fase di esercizio è garantita da portate d’aria superiori agli standard e da sensori che monitorano la concentrazione di CO2.
I pannelli radianti, utilizzati per la climatizzazione, hanno anche la funzione di ridurre i rumori generati dalla ventilazione meccanica garantendo un ottimo livello di comfort acustico.
L’efficacia delle strategie energetiche adottate è stata valutata in regime dinamico mediante l’utilizzo di software avanzati. Il risultato di queste simulazioni è un edificio che risparmia il 45% di energia rispetto a una costruzione standard.

Dopo il progetto Number 6 nella categoria restauro, la Città di Torino con il Grattacielo Intesa Sanpaolo di Renzo Piano vede per la seconda volta consecutiva un suo edificio vincere il premio Building of the Year, affermandosi a livello internazionale come portavoce dell’architettura italiana sostenibile e di qualità.

Read more

Il gattoparco, un parco cittadino dedicato ai gatti

Il diffuso amore per il felini ha portato alla nascita in Italia di numerosi gattoparchi, parchi cittadini e aree verdi appositamente strutturate per accogliere i gatti randagi e/o offrire servizi di diverso genere a quelli domestici.

PARCHI URBANI E BIOPARCHI PER GLI ANIMALI

{loadposition google1}

Anche Milano sta cercando di rispondere alle esigenze dei suoi abitanti felini attraverso la creazione di appositi parchi. Nell’area tra via Barsanti, via Autari e Ripa di Porta Ticinese, in zona Navigli, il Piano Integrato d’Intervento recentemente approvato prevede, tra i vari interventi, anche la realizzazione di un gattoparco!

gattoparco-milano-b

Patrizia Peletti, presidente dell’associazione “Gatto viziato” che si occuperà della gestione del gattoparco dice: “Quando sarà stato bonificato il terreno, potremo partire con l’allestimento dell’area”

Nell’estate del 2014, quando lo spazio in zona Navigli venne individuato come possibile area di intervento, le sue condizioni non avrebbero fatto presagire nulla di buono. Invece è bastato poco, tanta forza di volontà e qualche idea originale per dare il via ad un progetto di rigenerazione urbana che potrà fungere da esempio per altri comuni che avranno interesse a pensare ai felini delle proprie zone.

caption: L'area oggetto dell'intervento prima della bonifica. Foto dalla pagina Facebook "Il Gattoparco"

caption: L'area oggetto dell'intervento prima della bonifica. Foto dalla pagina Facebook "Il Gattoparco"

Il progetto del gattoparco nella zona Navigli 

L’area a verde destinata a gattoparco ha un’estensione di ben 6.400 mq ed è adiacente al parco Baden Powell.

Lo spazio sarà protetto con una recinzione perimetrale dotata di un doppio cancello e all’interno di essa vi saranno altri piccoli spazi recintati che consentiranno ai proprietari dei gatti di fruire di spazio all’aperto per il gioco senza pericolo che il gatto scappi via.

Pare che i gestori potrebbero anche allestire l’area con strutture per far arrampicare i gatti, cespugli di erba gatta e tanti altri giochi e oggetti utili.

I benefici del gattoparco per il quartiere

Gabriele Rabaiotti, presidente del consiglio di Zona 6 spiega che il gattoparco Sarà un giardino condiviso. Nasce, infatti, su iniziativa dei cittadini”.

I felini potranno essere accompagnati nella struttura del gattoparco dai propri padroni e lasciati liberi di giocare e girare liberamente incontrando propri simili. Questo è importante soprattutto per chi ha un appartamento piccolo dove il proprio gatto non ha molta libertà e fuori dal quale rischierebbe di incorrere in mille pericoli.

Il gattoparco invece consente ai suoi ospiti di usufruire di un grande spazio protetto dalle insidie urbane. 
“Ma il parco non è solo per i gatti, è per tutti” spiega ancora Patrizia Peletti, la quale fa presente che nell’area saranno programmati anche incontri sul tema “gatto” da indirizzare ad adulti e bambini. 

Read more

Il gattoparco, un parco cittadino dedicato ai gatti

Il diffuso amore per il felini ha portato alla nascita in Italia di numerosi gattoparchi, parchi cittadini e aree verdi appositamente strutturate per accogliere i gatti randagi e/o offrire servizi di diverso genere a quelli domestici.

PARCHI URBANI E BIOPARCHI PER GLI ANIMALI

{loadposition google1}

Anche Milano sta cercando di rispondere alle esigenze dei suoi abitanti felini attraverso la creazione di appositi parchi. Nell’area tra via Barsanti, via Autari e Ripa di Porta Ticinese, in zona Navigli, il Piano Integrato d’Intervento recentemente approvato prevede, tra i vari interventi, anche la realizzazione di un gattoparco!

gattoparco-milano-b

Patrizia Peletti, presidente dell’associazione “Gatto viziato” che si occuperà della gestione del gattoparco dice: “Quando sarà stato bonificato il terreno, potremo partire con l’allestimento dell’area”

Nell’estate del 2014, quando lo spazio in zona Navigli venne individuato come possibile area di intervento, le sue condizioni non avrebbero fatto presagire nulla di buono. Invece è bastato poco, tanta forza di volontà e qualche idea originale per dare il via ad un progetto di rigenerazione urbana che potrà fungere da esempio per altri comuni che avranno interesse a pensare ai felini delle proprie zone.

caption: L'area oggetto dell'intervento prima della bonifica. Foto dalla pagina Facebook "Il Gattoparco"

caption: L'area oggetto dell'intervento prima della bonifica. Foto dalla pagina Facebook "Il Gattoparco"

Il progetto del gattoparco nella zona Navigli 

L’area a verde destinata a gattoparco ha un’estensione di ben 6.400 mq ed è adiacente al parco Baden Powell.

Lo spazio sarà protetto con una recinzione perimetrale dotata di un doppio cancello e all’interno di essa vi saranno altri piccoli spazi recintati che consentiranno ai proprietari dei gatti di fruire di spazio all’aperto per il gioco senza pericolo che il gatto scappi via.

Pare che i gestori potrebbero anche allestire l’area con strutture per far arrampicare i gatti, cespugli di erba gatta e tanti altri giochi e oggetti utili.

I benefici del gattoparco per il quartiere

Gabriele Rabaiotti, presidente del consiglio di Zona 6 spiega che il gattoparco Sarà un giardino condiviso. Nasce, infatti, su iniziativa dei cittadini”.

I felini potranno essere accompagnati nella struttura del gattoparco dai propri padroni e lasciati liberi di giocare e girare liberamente incontrando propri simili. Questo è importante soprattutto per chi ha un appartamento piccolo dove il proprio gatto non ha molta libertà e fuori dal quale rischierebbe di incorrere in mille pericoli.

Il gattoparco invece consente ai suoi ospiti di usufruire di un grande spazio protetto dalle insidie urbane. 
“Ma il parco non è solo per i gatti, è per tutti” spiega ancora Patrizia Peletti, la quale fa presente che nell’area saranno programmati anche incontri sul tema “gatto” da indirizzare ad adulti e bambini. 

Read more

L’osteria ristrutturata con materiali di recupero

In un edificio addossato alle antiche mura della città di Castelfranco Veneto – provincia di Treviso – dove fino a poco tempo fa si trovavano alcuni uffici comunali, oggi è possibile degustare un buon vino accompagnato da un piatto tipico. L’architetto Anthony Bandiera, proprietario del locale e progettista, in collaborazione con Ideal Work, ha trasformato gli spazi anonimi e ordinari nell’Osteria del Maniscalco scovando in ogni angolo della città e dei dintorni oggetti e materiali di recupero.

PROGETTARE CON MATERIALI DI RECUPERO

{loadposition googlenicora}

Il progetto dell’osteria

L’Osteria del Maniscalco nasce dal recupero di materiali e arredi. Il locale si sviluppa su due livelli: una scala in ferro conduce al livello superiore che si affaccia direttamente sulla sala a doppia altezza del piano terra. Gli spazi interni sono stati ridisegnati e ristrutturati per adattarsi alla nuova funzione, però materiali e strutture sono stati mantenuti e valorizzati. Le travi in legno del soffitto sono state ripristinate, la parete in mattoni addossata alle mura medievali è stata lasciata a vista, mentre tutte le altre superfici verticali sono state rivestite con vecchie assi in legno di rovere. I pavimenti invece sono stati rifatti per rispondere alle nuove esigenze.

osteria-del-maniscalco-b

Molti elementi utilizzati sia per i rivestimenti che per i complementi d’arredo sono stati recuperati rovistando nelle stanze di vecchi casali della zona e nei mercatini dell’usato. I piani dei tavoli sono realizzati con assi di legno grezzo dello spessore di 3-4 cm utilizzate anche per rivestire il bancone mentre le sedie in ferro nero sono di recupero. Nuova invece è la vetrina espositiva dei vini in acciaio e vetro. L’intento è stato, infatti, quello non solo di riutilizzare e dare nuova vita a oggetti in disuso o del passato, ma anche quello di far dialogare antico e moderno.

osteria-del-maniscalco-c

Read more

L’osteria ristrutturata con materiali di recupero

In un edificio addossato alle antiche mura della città di Castelfranco Veneto – provincia di Treviso – dove fino a poco tempo fa si trovavano alcuni uffici comunali, oggi è possibile degustare un buon vino accompagnato da un piatto tipico. L’architetto Anthony Bandiera, proprietario del locale e progettista, in collaborazione con Ideal Work, ha trasformato gli spazi anonimi e ordinari nell’Osteria del Maniscalco scovando in ogni angolo della città e dei dintorni oggetti e materiali di recupero.

PROGETTARE CON MATERIALI DI RECUPERO

{loadposition googlenicora}

Il progetto dell’osteria

L’Osteria del Maniscalco nasce dal recupero di materiali e arredi. Il locale si sviluppa su due livelli: una scala in ferro conduce al livello superiore che si affaccia direttamente sulla sala a doppia altezza del piano terra. Gli spazi interni sono stati ridisegnati e ristrutturati per adattarsi alla nuova funzione, però materiali e strutture sono stati mantenuti e valorizzati. Le travi in legno del soffitto sono state ripristinate, la parete in mattoni addossata alle mura medievali è stata lasciata a vista, mentre tutte le altre superfici verticali sono state rivestite con vecchie assi in legno di rovere. I pavimenti invece sono stati rifatti per rispondere alle nuove esigenze.

osteria-del-maniscalco-b

Molti elementi utilizzati sia per i rivestimenti che per i complementi d’arredo sono stati recuperati rovistando nelle stanze di vecchi casali della zona e nei mercatini dell’usato. I piani dei tavoli sono realizzati con assi di legno grezzo dello spessore di 3-4 cm utilizzate anche per rivestire il bancone mentre le sedie in ferro nero sono di recupero. Nuova invece è la vetrina espositiva dei vini in acciaio e vetro. L’intento è stato, infatti, quello non solo di riutilizzare e dare nuova vita a oggetti in disuso o del passato, ma anche quello di far dialogare antico e moderno.

osteria-del-maniscalco-c

Read more

La casa laboratorio in una stalla del 1891

Un antico edificio rurale del 1891 situato ai margini di una stretta via di campagna in località Lasagnana, frazione di Val Parma (Parma) è stato trasformato in casa-studio per una giovane coppia. I vincoli sono diventati l’elemento generatore del progetto sull’ex stalla curato dall’architetto Francesco Di Gregorio. Muri, porte e finestre esistenti sono stati sapientemente integrati con la nuova funzione abitativa della casa-laboratorio e l’unitarietà dello spazio interno è stata salvaguardata.

LA VECCHIA STALLA CONVERTITA IN ABITAZIONE

{loadposition googlenicora}

La struttura originaria della stalla è stata consolidata, è stata inserita una sottofondazione ed è stato creato un nuovo pavimento uniforme in cemento per la casa-laboratorio. Gli antichi spessi muri in pietra e le colonne in mattoni con capitelli lapidei sorreggono ancora i soffitti a voltine: gli elementi verticali sono stati lasciati a vista, mentre quelli orizzontali sono stati intonacati di colore bianco. Non volendo alterare l’aspetto esterno dell’edificio del 1891 e aprire nuove finestre, tutte le scelte compositive hanno cercato di non ostacolare il passaggio della luce naturale.

casa-lab-digregorio-b

casa-lab-digregorio-c

La casa si sviluppa su di un unico livello senza partizioni fisse. Una serie di tende leggere è appesa ai cavi d’acciaio tesi tra una colonna e l’altra e permette di separare la zona dedicata al sonno, la zona dedicata al laboratorio e quella dedicata alla convivialità. La griglia di cavi serve inoltre per portare l’elettricità nei diversi punti dell’abitazione in maniera flessibile a seconda delle esigenze e senza forare i muri.

L’unico elemento costruito ex-novo è il bagno costituito da un parallelepipedo bianco inserito all’interno dello spazio voltato e rivestito in piastrelle quadrate di ceramica di dimensione 10×10 cm. All’interno sono inserite le funzioni, mentre i percorsi sono portati all’esterno: il lavandino e la doccia si aprono, infatti, direttamente verso la zona degli armadi e la zona del riposo.

casa-lab-digregorio-d 

casa-lab-digregorio-e

Read more

Lighthouse See Hotel. Il concorso per riprogettare il faro di Murro di Porco

Il faro di Murro di Porco, nel siracusano, si erge solitario in un contesto ricco di storia e tradizione, in un paesaggio d’eccellenza pregno di istanze ambientali ed estetiche in cui, complice il tempo, ha perso la sua funzione. YAC (Young Architects Competitions), con la collaborazione di Agenzia del Demanio e grazie al sostegno di Sia Guest di Rimini Fiera, lancia il concorso “Lighthouse See Hotel” per la riprogettazione del faro siciliano da destinare a struttura ricettiva all’avanguardia.

{loadposition googlechirico}

LE FINALITÀ DEL CONCORSO

Far rinascere l’antico Faro di Murro di Porco (Siracusa) ed inserirlo con il sito all’interno del circuito turistico regionale trasformandolo in una struttura turistico-alberghiera. Questo l’obiettivo del concorso “Lighthouse See Hotel” di YAC, che chiama a partecipare architetti, progettisti, studenti e designers per riprogettare la struttura di segnalazione e così salvarla dal progressivo degrado cui sarebbe destinata come altri edifici costieri.

concorso-yac-faro-b

Immaginare un nuovo futuro per i fari abbandonati attraverso la tutela della lanterna e l’accostamento dell’architettura contemporanea ad un’emergenza storica, nuova porta verso il mare da cui accedere per partire alla scoperta del territorio. Ispirandosi alle numerose esperienze internazionali sul tema delle architetture costiere, i progettisti potranno misurarsi con un contesto maestoso e un ecosistema lussureggiante, concentrandosi sulle potenzialità ricettive dell’area siracusana. Rientra tra le scelte dei concorrenti la tipologia di struttura, energeticamente sostenibile, della vision progettuale: lighthouse resort, lighthouse landscape hotel, lighthouse sea center, lighthouse art hotel.

GIURIA E PREMI

La giuria di questa edizione è composta da Manuel Aires Mateus, architetto fondatore dell’omonimo studio, Fabrizio Barozzi dello studio Barozzi/Veiga, vincitore del premio dell’Unione Europea per l’Architettura contemporanea 2015 Mies van der Rohe Award,  Pierluigi Cervellati, architetto che ha contribuito a definire la disciplina del “Restauro Urbano”,  Alessandro Marata, presidente del Dipartimento Ambiente e Sostenibilità presso il Consiglio Nazionale degli Architetti e titolare dello studio Arkit, Bruno Messina, docente di Progettazione Architettonica alla facoltà di Architettura dell’Università di Catania, Matteo Agnoletto, associato in composizione architettonica presso la Facoltà di Architettura “Aldo Rossi” di Cesena (UniBo), Giancarlo Garozzo, Sindaco di Siracusa, Roberto Reggi, ingegnere Direttore dell’Agenzia del Demanio dal 2014.

concorso-yac-faro-c

concorso-yac-faro-d

Al primo classificato sarà assegnato un premio di 8 mila euro; 4 mila al secondo, 2 mila euro al terzo. Sono inoltre previste 2 menzioni gold premiate con un rimborso spese di 500 euro e 10 menzioni d’onore non onerose ma ottenenti visibilità e pubblicità. Ai 30 finalisti sarà riservata la pubblicazione sul sito di Young Architects Competition.

Il concorso prevede la possibilità di registrarsi in tre momenti, con la registrazione “early bird” a 50 euro entro il 20 Dicembre, “standard” a 75 euro entro il 24 Gennaio. Dopo di allora la registrazione avrà un costo di 100 euro. La consegna degli elaborati è fissata al 29 Febbraio 2016.

Tutti i progetti premiati verranno pubblicati su siti Web e format di architettura e saranno esposti in eventi di architettura nazionali ed internazionali.

Per il bando ed ulteriori informazioni si rimanda al sito di YAC .

Read more

Un progetto paesaggistico per Viale Lombardia a Monza

Il progetto di sistemazione paesaggistica di Viale Lombardia a Monza è stato occasione per intervenire su un’importante arteria stradale conferendole un nuovo significato: non più elemento di divisione tra parti di città, ma di ricucitura e unione tra quartieri. L’intervento commissionato da Salini Impregilo a Lande, società specializzata nel recupero e nella valorizzazione dei paesaggi naturali, urbani ed industriali, ha preso il via nel 2013 per inserirsi nel più vasto programma di connessione tra la S.S. 36 “dello Spluga” ed il sistema autostradale di Milano nei comuni di Monza e Cinisello Balsamo traducendosi, nel tratto che attraversa Monza, in un esercizio progettuale di riqualificazione dell’area contigua attraverso il verde.

{loadposition googlechirico}

La nuova riconfigurazione di Viale Lombardia a Monza

Il progetto urbano di Lande, si è occupato di ridare dignità al percorso urbano senza cadere nel datato cliché che vuole ogni percorso carrabile trasformato in viale pedonalizzato costeggiato da un doppio filare di alberi. Interrata la viabilità primaria lungo un tratto di 2 km, restano 5 ettari di superficie destinata a parco lineare che incorniciano ad Est il tessuto urbano consolidato residenziale e commerciale, ad Ovest l’area di più recente sviluppo costituita da spazi più aperti e meno densamente edificati. 

Lungo questa imbastitura verde, la nuova configurazione di Viale Lombardia prevede una strada ad una corsia per senso di marcia, due corsie ciclabili, ampi marciapiedi e un’area pavimentata da destinare ad attività varie, separate da fasce di verde connettivo, verde di mitigazione e aiuole spartitraffico con più di 9750  graminacee ornamentali a dividere  il sedime ciclabile da quello stradale.

progetto-monza-lande-f

progetto-monza-lande-e

Le aree verdi del progetto

Nel nuovo sistema urbano previsto da Lande, le aree verdi del progetto paesaggistico si ancorano all’esistente trama vegetale ad enfatizzare le emergenze urbane e i caratteri paesaggistici del territorio attraverso la piantumazione di alberi “a filare” (Celtis australis), e di arbusti e altre specie (oltre 10 mila) disposti “a siepi” o “a gruppo” (Cornus mas e Nandina domestica tra le altre), scelti secondo  le diverse configurazioni che queste essenze assumeranno nel tempo e prevedendo per ognuna di loro la giusta posizione. Ad esempio, la superficie che ricopre la galleria è occupata da un prato fiorito e da specie arbustive le cui radici ben si adattano agli spessori di terreno disponibile.

L’intervento di sistemazione, non ancora ultimato ma in evidente progresso, ha già riconsegnato l’arteria, ora più funzionale e sicura, alla comunità di Monza, integrandone funzioni e vivibilità con i luoghi urbani prima lasciati al margine.

Read more

Un progetto paesaggistico per Viale Lombardia a Monza

Il progetto di sistemazione paesaggistica di Viale Lombardia a Monza è stato occasione per intervenire su un’importante arteria stradale conferendole un nuovo significato: non più elemento di divisione tra parti di città, ma di ricucitura e unione tra quartieri. L’intervento commissionato da Salini Impregilo a Lande, società specializzata nel recupero e nella valorizzazione dei paesaggi naturali, urbani ed industriali, ha preso il via nel 2013 per inserirsi nel più vasto programma di connessione tra la S.S. 36 “dello Spluga” ed il sistema autostradale di Milano nei comuni di Monza e Cinisello Balsamo traducendosi, nel tratto che attraversa Monza, in un esercizio progettuale di riqualificazione dell’area contigua attraverso il verde.

{loadposition googlechirico}

La nuova riconfigurazione di Viale Lombardia a Monza

Il progetto urbano di Lande, si è occupato di ridare dignità al percorso urbano senza cadere nel datato cliché che vuole ogni percorso carrabile trasformato in viale pedonalizzato costeggiato da un doppio filare di alberi. Interrata la viabilità primaria lungo un tratto di 2 km, restano 5 ettari di superficie destinata a parco lineare che incorniciano ad Est il tessuto urbano consolidato residenziale e commerciale, ad Ovest l’area di più recente sviluppo costituita da spazi più aperti e meno densamente edificati. 

Lungo questa imbastitura verde, la nuova configurazione di Viale Lombardia prevede una strada ad una corsia per senso di marcia, due corsie ciclabili, ampi marciapiedi e un’area pavimentata da destinare ad attività varie, separate da fasce di verde connettivo, verde di mitigazione e aiuole spartitraffico con più di 9750  graminacee ornamentali a dividere  il sedime ciclabile da quello stradale.

progetto-monza-lande-f

progetto-monza-lande-e

Le aree verdi del progetto

Nel nuovo sistema urbano previsto da Lande, le aree verdi del progetto paesaggistico si ancorano all’esistente trama vegetale ad enfatizzare le emergenze urbane e i caratteri paesaggistici del territorio attraverso la piantumazione di alberi “a filare” (Celtis australis), e di arbusti e altre specie (oltre 10 mila) disposti “a siepi” o “a gruppo” (Cornus mas e Nandina domestica tra le altre), scelti secondo  le diverse configurazioni che queste essenze assumeranno nel tempo e prevedendo per ognuna di loro la giusta posizione. Ad esempio, la superficie che ricopre la galleria è occupata da un prato fiorito e da specie arbustive le cui radici ben si adattano agli spessori di terreno disponibile.

L’intervento di sistemazione, non ancora ultimato ma in evidente progresso, ha già riconsegnato l’arteria, ora più funzionale e sicura, alla comunità di Monza, integrandone funzioni e vivibilità con i luoghi urbani prima lasciati al margine.

Read more

Renzo Piano e “la scuola che farei”: l’edilizia scolastica sarà sostenibile

Situata in periferia, articolata intorno ad un albero e con la “torre dei libri” (ovvero la biblioteca) che corre a tutta altezza fino al terrazzo: è “la scuola che farei , un modello di scuola sostenibile che Renzo Piano, architetto italiano di fama internazionale e Senatore a vita, ha elaborato insieme al maestro e pedagogo Franco Lorenzoni e allo psichiatra e sociologo Paolo Crepet.

In copertina: Il disegno in cui Renzo Piano rappresenta la sua scuola ideale

Il progetto de “la scuola che farei”

 Il progetto è stato ideato a marzo 2015 quando proprio il maestro Lorenzoni pubblica un articolo dal titolo provocatorio “Cari architetti, rifateci le scuole!”. Il testo è una denuncia non solo del problema, seppur grave ed urgente, della fatiscenza in cui versa l’edilizia scolastica italiana ma soprattutto dell’inadeguatezza dei luoghi dell’educazione; è uno sprone a ripensare gli spazi, ad immaginare un uso più versatile delle aule in modo da stimolare l’ascolto e la concentrazione dei bambini ed evitare di costringerli per ore in scomodi bianchi, limitando la loro libertà e fantasia.

Questo invito ad agire viene raccolto da Renzo Piano, progettista pragmatico e convinto sostenitore del ruolo sociale dell’architettura, che elabora, lavorando in stretta sinergia con chi la scuola ed i ragazzi li vive quotidianamente, le linee guida per i futuri istituti italiani.

Quella pensata da Piano, Lorenzoni e Crepet è una scuola di ispirazione montessoriana, in cui l’educazione avviene non solo tramite le parole ma anche attraverso le esperienze che il bambino fa nell’ambiente che lo circonda, che deve quindi essere ricco e stimolante.

L’articolazione spaziale della scuola che farei 

scuola-renzo-piano-b

scuola-renzo-piano-c

In immagine: Complesso scolastico “Petrocelli” in località Romanina (Roma) di Herman Hertzberger e Marco Scarpinato. Foto © Duccio Malagamba

Dal punto di vista spaziale “la scuola ideale” è concepita su tre livelli di cui il piano terra rappresenta il punto di contatto tra l’edificio e la città; è quindi sollevato rispetto al terreno, in modo da essere permeabile e trasparente.

In esso sono presenti la palestra, l’auditorium, i laboratori – bottega: spazi di carattere collettivo appartenenti all’intera comunità che consentono alla scuola di “vivere per molte più ore rispetto a quelle richieste dalla didattica”. Questi prendono luce da un giardino interno al centro del quale è situato un grande albero che, con colori e profumi che cambiano al variare delle stagioni, insegna ai ragazzi la mutevolezza della vita e la necessità del rinnovamento.

scuola-renzo-piano-d

In immagine: “La corte degli alberi”, Nuova Scuola Primaria a Cenate Sotto (Bergamo) di Tomas Ghisellini. Il progetto è uno dei vincitori della II edizione del Premio Fondazione Renzo Piano. Foto © Tomas Ghisellini Architetti

Le classi, una per ogni fascia di età tra i 3 e i 14 anni, sono collocate al primo piano, luogo della didattica. In esso le aule si affacciano sulla corte comune, ad eccezione di quelle per i bambini più piccoli che si aprono invece su un giardino privato. I corridoi, finalmente spogliati della mera funzione di collegamento, non sono più angusti luoghi, stretti e lunghi, ma ampi punti di incontro tra grandi e piccoli.

All’ultimo livello c’è il tetto, luogo del proibito e della fantasia, da cui guardare il mondo da prospettive diverse. Su questo grande terrazzo, ombreggiato tramite pergolati, i bimbi scoprono le attività manuali, grazie ad un orto in cui coltivare gli ortaggi; i laboratori di astronomia, botanica e scienze danno volto e forma a quello che è riportato sui libri, una macchina eliotermica consente di catturare l’energia solare mentre un telescopio permette di guardare pianeti e galassie: perché nemmeno il cielo deve rappresentare un limite alla creatività dei bambini.

A fare da connessione ai tre livelli c’è la biblioteca/mediateca o, come preferisce definirla l’architetto Piano, la “torre dei libri”, che si alza dal piano terra fino al tetto. Aperta a tutti, è il luogo della cultura e della memoria, perché oltre ai libri, sia cartacei che virtuali, vengono conservati i disegni e gli altri lavori degli alunni.

Renzo Piano per la “scuola che farei” ha realizzato un vero e proprio prototipo, un modello in scala 1:200 condiviso con la Presidenza del Consiglio e il Ministero dell’Istruzione a fine settembre nel corso di un incontro a Palazzo Giustiniani, sede di G124, gruppo di lavoro (6 architetti, 3 uomini e 3 donne) sulle “periferie e la città che sarà” creato dall’architetto e interamente finanziato con il suo stipendio di Senatore a vita.

Inizialmente era stato pensato per la riqualificazione dell’ex area Falck di Sesto San Giovanni (Milano) ma si è presto trasformato in un riferimento per i nuovi edifici scolastici.

La scuola come modello di sostenibilità

scuola-renzo-piano-e

In immagine: Nido di infanzia a Guastalla di Mario Cucinella, realizzato con materiali naturali o riciclati a basso impatto ambientale. Foto © Fausto Franzosi

Dal punto di vista costruttivo l’edificio è pensato in legno, a basso consumo energetico ed alimentato tramite fonti rinnovabili, in cui per il riscaldamento e il raffrescamento viene sfruttata l’energia geotermica mentre quella elettrica è prodotta tramite impianti fotovoltaici.

Per educare bambini e ragazzi al rispetto della natura e al risparmio delle risorse infatti, la scuola stessa deve essere un esempio di sostenibilità e occasione continua di apprendimento; è necessario quindi spiegare loro che l’edificio che li accoglie non ha causato disboscamento bensì ha dato vita ad una nuova foresta, perché per ogni metro cubo di legno utilizzato un nuovo albero è stato piantato. In questo modo potranno capire a fondo la bellezza e le potenzialità di questo materiale leggero, antisismico, profumato e forse ancora oggi troppo sottovalutato.

Architettura in legno vuol dire più boschi

Riqualificare le periferie grazie alle scuole

scuola-renzo-piano-f

In immagine: Il progetto di Renzo Piano per la riqualificazione dell’ex area Falck di Sesto San Giovanni (Milano), il più grande recupero urbanistico d’Europa. 

Ultima ma non meno importante caratteristica è la collocazione: la scuola di Renzo Piano non poteva non essere in periferia. Secondo il Senatore a vita infatti, il “rammendo” delle periferie è la grande sfida di questo secolo, una sfida non solo architettonica ed urbanistica ma soprattutto sociale.

Bisogna smettere di costruire non-luoghi in cui il centro non è più centro e la campagna ancora non si configura come tale; basta edificare in maniera dissennata ed irrazionale. E’ necessario cominciare a recuperare e trasformare l’esistente, restituendo alle periferie la dignità che gli spetta; e non c’è modo migliore per restituire questi “spazi grigi” alle città se non con la creazione di luoghi per l’istruzione perché, come dice lo stesso Piano, si può scegliere di non visitare un museo ma tutti hanno il diritto e il dovere di andare a scuola.

Read more

La seconda vita dei padiglioni dell’Expo 2015

Dal 31 ottobre, con la chiusura dell’esposizione universale ospitata da Milano per quest’anno, è partita la trasformazione dell’area, che diventerà una cittadella universitaria, ed un parco dell’innovazione: ivi saranno ospitate non solo facoltà scientifiche della Statale di Milano, ma anche un gruppo di aziende scientifiche e tecnologiche. Al momento mancano sia i progetti che i finanziamenti per la realizzazione, ma vi è un’unica certezza: circa il 40% dell’area, che in totale ricopre 1,1 milioni di metri quadri, sarà convertita in un parco urbano.

Che ne sarà delle numerose strutture allestite appositamente per l’evento?

Entro il 30 giugno 2016 tutte le strutture saranno smontate, lo spazio espositivo sarà utilizzato per la prossima Triennale di Architettura, a cura di Claudio De Albertis, da aprile a settembre.

Per la maggior parte, i padiglioni verranno smantellati per essere ricostruiti altrove:

Il Barhain, l’Azerbaijan e gli Emirati Arabi hanno annunciato che rimonteranno ognuno nel proprio Paese la struttura, riutilizzandola per scopi differenti; il Principato di Monaco donerà la struttura per scopi umanitari, utilizzandolo in Burkina Faso come sede della Croce Rossa; altri Stati abbatteranno quanto costruito, riconvertendolo in materiale da recuperare come ferro o legno;

Alcuni Paesi pensano di devolvere parte dell’arredo in beneficienza: il Padiglione cinese, disegnato dall’architetto Daniel Libeskind, venderà mettendole all’asta le 4 mila mattonelle, aventi forma di squame di drago, che rivestono l’edificio, come una pelle: il denaro così ricavato verrà utilizzato per la sistemazione dell’area intorno al Guangrenwang Temple, il tempio taoista dei 5 draghi, nella provincia dello Shanxi. 

futuro-padiglioni-expo-b

La stessa Expo spa potrebbe decidere di regalare alcune sedute o elementi di arredo, a favore di enti o associazioni. D’altra parte, nelle linee guida, cui hanno aderito tutti i Paesi partecipanti ad Expo, si stabilisce che “l’80 per cento dei materiali con cui sono stati fatti i padiglioni sia riciclato dopo l’Esposizione”.

Ci auguriamo dunque di cuore che la sostenibilità che ha condotto l’esposizione come un fil rouge resti tale anche nella pratica concreta, rendendo sostenibile l’intero evento, a vantaggio di persone realmente bisognose e comunque con un’impronta ecologica, che non sia impattante sull’ambiente, per il benessere di tutti noi esseri umani.

Read more

La seconda vita di Expo 2015. Il futuro dell’area espositiva

Oltre 20 milioni di visitatori hanno in questi mesi varcato le soglie di Expo Milano e calpestato gli oltre 400 mila metri quadrati di area espositiva, allestita tra aree a verde, padiglioni e strutture di servizio. Solo alcune strutture, tra cui Palazzo Italia e l’Albero della Vita, e le aree a verde resteranno sul luogo mentre i padiglioni verranno spostati.

Molti padiglioni hanno pubblicizzato la loro “seconda vita” già dall’inizio dell’avventura Expo, spiegando come verranno riciclati, smontati, riutilizzati o trasferiti. Ma come verrà riutilizzata l’intero sito espositivo di Expo Milano 2015? 

LA PROPOSTA PER L’UTILIZZO DELL’AREA DELL’EXPO 

Tra Luglio e Agosto di quest’anno Agenzia del Demanio e Cassa Depositi e Prestiti hanno presentato a Regione Lombardia e Comune di Milano un dossier che presenta il progetto di futuro utilizzo dei terreni dell’Expo Milano 2015. Il dossier contiene i riferimenti ad alcune situazioni in cui si è riqualificata un’area di ampie dimensioni come per esempio il progetto Adleshof a Berlino e Silicon Roundabout a Londra.

Il progetto prevede tre macro aree: la cittadella universitaria, un parco tecnologico e un centro di servizi pubblici.

  • La cittadella universitaria ospiterebbe i locali dell’Università Statale, oggi collocati in via Celoria, dedicati alle facoltà scientifiche.
  • Il parco tecnologico vedrebbe collocato un polo di ricerca agroalimentare e il Crea, Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’economia agraria.
  • La cittadella dei servizi potrebbe ospitare invece diverse realtà pubbliche come Vigili del Fuoco, Agenzia delle Entrate, Archivio di Stato e altri servizi del Comune di Milano.

La proposta così formulata prevede un investimento totale di oltre un miliardo di euro. Il trasferimento dei locali universitari richiede all’incirca 540 milioni di euro, di cui metà coperti dal polo universitario. La realizzazione della cittadella dei servizi costerà oltre 200 milioni di euro, di cui una parte arriveranno dal risparmio dei canoni di locazioni dei locali che oggi ospitano i medesimi servizi.

Tutte le aree a verde presenti durante l’esposizione verranno mantenute.

seconda-vita-area-expo-b

RIUTILIZZO AREA EXPO: LE IDEE DEL PUBBLICO

Su questo tema Corriere della Sera e Oxway, una delle prime piattaforme italiane di intelligenza e critica collettiva, hanno reso disponibile una piattaforma online nella quale dal 16 al 26 Ottobre, chiunque ha potuto esprimere la propria proposta.

Sono state oltre 500 le proposte caricate sulla piattaforma da oltre 1000 utenti iscritti tra imprenditori, architetti e ingegneri, liberi professionisti e pubblico comune. Le proposte pervenute sono state le più varie: molti hanno presentato l’idea di realizzare un polo universitario o un polo tecnologico. Altri hanno proposto l’idea di istituire un’area museale o una fiera mondiale a tema alimentare. Altri ancora avanzano la possibilità di realizzare strutture sportive.

I trenta migliori partecipanti, valutati sia della proposta progettuale che dei commenti su quelle di altri utenti, verranno premiati da una giuria di giornalisti della Redazione del Corriere della Sera.

Read more

La seconda vita di EXPO 2015. Che ne sarà di padiglioni e aree verdi?

Expo ha chiuso i battenti. La manifestazione internazionale, che ha venduto oltre 20 milioni di biglietti in tutto il mondo, ha definitivamente terminato di accogliere visitatori.

Molti sono state le notizie di questi ultimi mesi, molti i servizi televisivi concentrati sui più vari aspetti di Expo: dalla ideazione ai costi, dal numero di consensi alle critiche, dai concept dei singoli padiglioni agli aspetti puramente organizzativi e di gestione.

Si dimentica a volte di parlare della seconda vita di Expo. Dove finiranno le strutture costruite? Che ne sarà delle aree a verde piantumate? Come sarà riutilizzata l’area espositiva? Quanto spreco di risorse e materiali sarà evitato?

seconda-vita-expo-b

Sostenibilità: le linee guida di Expo

La direzione di Expo ha emanato, prima dell’apertura, in concomitanza con l’ideazione dei vari padiglioni delle linee guida per la sostenibilità delle strutture. In questo documento vengono trattati diversi aspetti della progettazione dei diversi padiglioni a partire dal consumo di suolo e di energia, dall’utilizzo di materiali sostenibili fino ad arrivare al fattore dismissione e riutilizzo.

Nel testo pubblicato vengono fatti precisi riferimenti a norme internazionali che prediligono la progettazione in ottica della futura dismissione ovvero progettare elementi e strutture avendo ben chiaro fin dall’inizio come queste verranno poi smontate, demolite o riutilizzate.

Vengono fornite inoltre indicazioni concrete come la limitazione nell’utilizzo di sigillanti o adesivi, poi di difficile smaltimento, o la documentazione fotografica delle fasi costruttive al fine di un più agevole smontaggio qualora le diverse parti poi non fossero più visibili ad opera conclusa.

Nelle linee guida si legge come ogni Paese sia stato invitato a ideare padiglioni che utilizzino per lo più materiali riutilizzabili, o tramite riciclo post demolizione o tramite spostamento delle strutture in altra sede o con altra destinazione d’uso.

La seconda vita dei padiglioni di Expo 2015

Molti Paesi si sono dimostrati virtuosi nell’adempimento delle Linee Guida emanate da Expo;

la maggior parte degli stati espositori ha mirato al riutilizzo della struttura in altra sede.

Bahrain: il padiglione, progettato dall’architetto Anne Holtrop e dal paesaggista Anouk Vogel, è costruito in pannelli prefabbricati in calcestruzzo bianco. Al termine della manifestazione verrà riportato in patria e trasformato in giardino botanico.

Monaco: il padiglione Monaco verrà trasportato in Burkina Faso per diventare la sede della Croce Rossa della città di Loumbila.

Regno Unito: il padiglione, costituito per la parte predominante da un grande alveare realizzato con una struttura reticolare in acciaio, diventerà un monumento.

Austria: di difficile spostamento è il padiglione austriaco costituito da un vero e proprio bosco di oltre 12000 alberi. Le piante più grandi, che superano i 15 m di altezza, verranno destinate al comune di Bolzano che rinverdirà un’area periferica della città.

Estonia: gli elementi del padiglione verranno riutilizzati come arredo urbano in patria.

Anche il Padiglione Coca Cola è stato progettato per poter essere riutilizzato come struttura sportiva a Milano.

Altra strada percorsa da alcuni Stati è quella della vendita all’asta delle strutture e degli arredi.

E’ il caso per esempio del Padiglione del Brasile e di quello svizzero che offrono, anche online, al miglior offerente, un pezzo di Expo.

Alcuni padiglioni purtroppo al momento non hanno presentato un piano di riutilizzo o di riciclo (si tratta di Kazakistan, Cina, Germania, Spagna, Thailandia, Qatar, Oman, Uruguay e Corea).

La seconda vita delle aree verdi piantumate

Expo non è costituito solo da padiglioni ma da un moltitudine di strutture ausiliarie e servizi per non parlare delle grandi aree verdi piantumate o a prato presenti sul suolo della manifestazione. 

Il mantenimento delle piante dopo Expo non sarà un problema per via delle caratteristiche del terreno favorevole e della tipologia di piante utilizzate, di cui solo la minima parte di importazione e quindi difficilmente adattabile al clima milanese.

Il Presidente dell’Associazione Mondiale degli Agronomi, in funzione anche di coordinatore del Tavolo della biodiversità di Expo Idee, afferma che la gestione delle aree a verde dopo Expo sarà relativamente semplice. La tipologia di piante comporterà poche operazioni di giardinaggio nella fase di transizione del dopo Expo, che sarà comunque nei mesi invernali. Se anche la fase di smantellamento di Expo e quindi il periodo transitorio che dovrà affrontare la vegetazione sarà lungo non si verificheranno problemi ma anzi verrà favorito il crearsi di uno spazio meno antropizzato e con aumento della biodiversità.

Read more

Progetto di recupero di un casino di caccia

Arfanta è una frazione del comune di Tarzo in provincia di Treviso costituita da uno sparuto numero di case dominate dal campanile della chiesa parrocchiale e abbracciate dalle colline circostanti. Nel XVII secolo una nobile famiglia veneziana fa edificare in questo luogo sperduto Casa Crotta probabilmente destinata a essere un casino di caccia. Negli anni lo stabile è stato dimenticato e abbandonato, ma grazie al progetto dell’architetto Massimo Galeotti è stato possibile salvare l’edificio e trasformarlo in casa d’abitazione inserita nel circuito regionale delle ville venete.

CASERA GIANIN: IL RECUPERO DI UN CASINO PER PASTORI

{loadposition googlenicora}

IL PROGETTO DEL RECUPERO DEL CASINO DI CACCIA

Casa Crotta è costituita da due volumi: un parallelepipedo con copertura a doppia falda costituisce il nucleo originario affacciato sulla via principale del paese, mentre sul retro è collocato un piccolo stabile aggiunto in epoche passate. Al fine di razionalizzare gli spazi dell’ex casino di caccia e renderli vivibili senza snaturare i caratteri distintivi della costruzione sono state create due unità abitative separate: una si dispone su tre livelli e occupa il corpo di fabbrica principale, l’altra è accolta nel volume più piccolo e si sviluppa su due livelli.

casino-caccia-crotta-b

casino-caccia-crotta-c

Se dall’esterno nulla appare modificato, gli ambienti interni si caratterizzano per un utilizzo di pochi e riconoscibili elementi compositivi al fine di ricordare e sottolineare che questo era un semplice casino di caccia utilizzato pochi giorni all’anno e dall’aspetto spartano. I pavimenti della zona giorno sono quelli originali in cotto e i gradini delle scale principali sono in pietra, mentre per le camere da letto si è preferito utilizzare il legno non trattato. Le spesse pareti in sasso sono state lasciate a vista in alcuni punti, mentre in altri sono state intonacate di bianco. Inoltre, tutti i materiali in pietra e terracotta recuperati durante il cantiere sono stati ripuliti e riposizionati all’interno dell’abitazione.

casino-caccia-crotta-d

casino-caccia-crotta-e

Read more

Il lookout delle Dolomiti ed il piano per 20 terrazze panoramiche

Unire Architettura e natura, facendo svanire il confine tra intervento e contesto, è lo scopo dello studio MESSNER Architects per il loro “Lookout”. Il Lookout, ovvero terrazza panoramica, è situato a 2.307 metri sul Monte Specie, nel cuore del parco naturale di Fanes-Senes-Braies nelle Dolomiti. La terrazza sul Monte Specie è il progetto pilota e funge da primo passo per i successivi interventi. Alla base del progetto c’è un piano generale di terrazze panoramiche, 20 complessivamente, di cui sette in Alto Adige.

L’obiettivo finale è di mettere in comunicazione tutte le nove aree delle Dolomiti, patrimonio mondiale dell’umanità.

{loadposition google1}

lookout-dolomiti-b

Il progetto ha inizio nel 2012, quando, la Fondazione Dolomiti UNESCO commissiona a Messner Architects e allo scultore Franz Messner il progetto architettonico, paesaggistico e grafico della realizzazione di punti panoramici con cui valorizzare il patrimonio naturale delle Dolomiti, al fine di incrementarne la popolarità.Visto il contesto altamente sensibile, l’idea principale è quella di creare una struttura strettamente legata al luogo: anzichè aggiungere corpi e masse al paesaggio, pensa di trasformare lo stesso tramite un ipotetico taglio nel terreno e il suo sollevamento.

Lo scopo rimane quello di unire natura e struttura, facendo svanire il confine tra intervento e contesto, ma lasciando al contempo un dialogo tra i due, grazie ad una nuova interpretazione della topografia. In modo particolare, questa idea si realizza in un involucro esterno, dalla forma ad anello su cui sono incisi i nomi delle cime visibili, realizzato in acciaio e riempito con terreno e sassi locali, ciò fa sì che il limite tra artefatto e contesto naturale venga quasi del tutto eliminato.

L’attenzione per il territorio e la diffusione della sua conoscenza sono ulteriormente promossi da alcune informazioni che il visitatore può leggere sul perimetro dell’involucro, relative al paesaggio e alla sua geologia. Mentre, al centro la struttura è dotata di una bussola di orientamento, dove sono indicate le cime visibili. 

lookout-dolomiti-c

I vari “terrazzi” panoramici assumono forme e dimensioni differenti, adattandosi pienamente alla morfologia del territorio in cui sono inserite. La Terrazza panoramica Monte Specie, in particolare, non è soltanto un belvedere nel parco naturale, ma vuole anche contribuire a sensibilizzare la popolazione sul tema Dolomiti e quindi rafforzare in modo sostenibile il senso di appartenenza e la responsabilità per la tutela del bene paesaggistico.

Il progetto è sicuramente il risultato della creazione di una struttura strettamente intrecciata con il contesto alpino, dove non vi è l’inserimento di corpi o masse esterne, privilegiando invece solo lievi modifiche del paesaggio. Un intervento che pone alla sua base una grande passione per il paesaggio, che grazie all’uso di materiali reperiti in loco affiancati da un attento studio topografico, permette di valorizzare ed enfatizzare la maestosità e l’importanza della catena montuosa dolomitica.

Read more

Il lookout delle Dolomiti ed il piano per 20 terrazze panoramiche

Unire Architettura e natura, facendo svanire il confine tra intervento e contesto, è lo scopo dello studio MESSNER Architects per il loro “Lookout”. Il Lookout, ovvero terrazza panoramica, è situato a 2.307 metri sul Monte Specie, nel cuore del parco naturale di Fanes-Senes-Braies nelle Dolomiti. La terrazza sul Monte Specie è il progetto pilota e funge da primo passo per i successivi interventi. Alla base del progetto c’è un piano generale di terrazze panoramiche, 20 complessivamente, di cui sette in Alto Adige.

L’obiettivo finale è di mettere in comunicazione tutte le nove aree delle Dolomiti, patrimonio mondiale dell’umanità.

{loadposition google1}

lookout-dolomiti-b

Il progetto ha inizio nel 2012, quando, la Fondazione Dolomiti UNESCO commissiona a Messner Architects e allo scultore Franz Messner il progetto architettonico, paesaggistico e grafico della realizzazione di punti panoramici con cui valorizzare il patrimonio naturale delle Dolomiti, al fine di incrementarne la popolarità.Visto il contesto altamente sensibile, l’idea principale è quella di creare una struttura strettamente legata al luogo: anzichè aggiungere corpi e masse al paesaggio, pensa di trasformare lo stesso tramite un ipotetico taglio nel terreno e il suo sollevamento.

Lo scopo rimane quello di unire natura e struttura, facendo svanire il confine tra intervento e contesto, ma lasciando al contempo un dialogo tra i due, grazie ad una nuova interpretazione della topografia. In modo particolare, questa idea si realizza in un involucro esterno, dalla forma ad anello su cui sono incisi i nomi delle cime visibili, realizzato in acciaio e riempito con terreno e sassi locali, ciò fa sì che il limite tra artefatto e contesto naturale venga quasi del tutto eliminato.

L’attenzione per il territorio e la diffusione della sua conoscenza sono ulteriormente promossi da alcune informazioni che il visitatore può leggere sul perimetro dell’involucro, relative al paesaggio e alla sua geologia. Mentre, al centro la struttura è dotata di una bussola di orientamento, dove sono indicate le cime visibili. 

lookout-dolomiti-c

I vari “terrazzi” panoramici assumono forme e dimensioni differenti, adattandosi pienamente alla morfologia del territorio in cui sono inserite. La Terrazza panoramica Monte Specie, in particolare, non è soltanto un belvedere nel parco naturale, ma vuole anche contribuire a sensibilizzare la popolazione sul tema Dolomiti e quindi rafforzare in modo sostenibile il senso di appartenenza e la responsabilità per la tutela del bene paesaggistico.

Il progetto è sicuramente il risultato della creazione di una struttura strettamente intrecciata con il contesto alpino, dove non vi è l’inserimento di corpi o masse esterne, privilegiando invece solo lievi modifiche del paesaggio. Un intervento che pone alla sua base una grande passione per il paesaggio, che grazie all’uso di materiali reperiti in loco affiancati da un attento studio topografico, permette di valorizzare ed enfatizzare la maestosità e l’importanza della catena montuosa dolomitica.

Read more

Eco villaggio in Sardegna: materiali e cibi bio. Bannati fumo e smartphones

Sardinna Antiga è un bio-villaggio ecosostenibile situato sulla costa nord-orientale della Sardegna, in una vallata solitaria, tra la campagna e il mare di Santa Lucia di Siniscola, in località Sa Petra e S’Ape. Stupefacente esempio di albergo diffuso, recupera un antico villaggio abbandonato dagli anni ’50, trasformandolo in un posto accogliente e rilassante, dove gustare cibo biologico e sono banditi smartphone e sigarette.

ARCHITETTURA TRADIZIONALE DELLA SARDEGNA: LE BARACCAS

{loadposition google1}

LA STORIA DELL’ECO VILLAGGIO

Successivamente all’acquisto del terreno, durante le operazioni di pulizia, i proprietari di Sardinna Antiga hanno rinvenuto all’interno di cespugli e piante arbustive, diversi muretti a secco circolari, con all’interno dei tronchi d’albero disposti a raggiera. Pulendo a fondo ed estirpando le erbacce hanno iniziato a comprendere che forse quel che avevano trovato durante le operazioni di pulizia non erano dei semplici recinti, ma un vero e proprio villaggio di pastori, abitato fino agli anni Quaranta e in seguito abbandonato.
Con l’aiuto degli organi territoriali del MiBACT e la memoria storica e le testimonianze degli anziani, si è così iniziato a ricostruire questo antico villaggio, fino ad arrivare ad un vero e proprio ripristino tipologico.

eco-villaggio-sardegna-b

LE COSTRUZIONI TIPICHE SARDE

Il villaggio di “pinnattoso” (plurale di “pinnattu” in dialetto locale) che era abitato fino a circa settanta anni fa viene così recuperato, rispettando la collocazione originale delle costruzioni e riscoprendo la tradizione e la cultura locale: le tecniche ecosostenibili artigianali tradizionali vengono integrate alle tecniche moderne – per la soddisfazione dei requisiti della normativa vigente – adoperando materiali, assolutamente naturali e reperiti in loco, reimpiegando anche quelli utilizzati dagli antichi abitanti. 

Le sue abitazioni uniche si rifanno per forma e materiali utilizzati all’architettura vernacolare delle capanne nuragiche: queste antiche costruzioni pastorali, tipiche della Sardegna centro-orientale, sono costruite con la base, che può essere circolare o rettangolare, in pietra a secco e la copertura in rami di legno, canne e frasche. Tradizionalmente venivano utilizzate in terre selvagge o poco accessibili per il pernottamento o per il deposito di vivande o materiali utili all’allevamento del bestiame.

eco-villaggio-sardegna-c

eco-villaggio-sardegna-d

eco-villaggio-sardegna-e

Le capanne non hanno fondazioni ed il terreno su cui insiste la struttura, essenzialmente semplice, è stato spianato con strumenti tradizionali. Dal punto di vista strutturale, gli edifici sono sostenuti da pilastri e travi realizzati con tronchi e rami d’albero non lavorati. I pilastri di circa 15 cm di diametro, sono infissi nel terreno e disposti circolarmente ad una distanza di circa 150 cm: ogni pilastro è collegato al successivo mediante tavole in legno, in modo da renderli collaboranti nell’assorbimento del peso della copertura. Da ognuno di essi, alto circa 150 cm, parte una trave, con una sezione media di 10 cm e una pendenza di circa il 60% (circa 30°): tutte le travi confluiscono in un tronco d’albero che funge da chiave di volta e permette alla copertura di non collassare.

A rivestimento esterno della struttura è stato poi ricomposto il muro a secco di pietra, con uno spessore medio di 40 cm, che collabora dal punto di vista statico con il sistema travi-pilastri. Le travi sono unite da canne, che diventano un vero e proprio rivestimento interno mentre all’esterno è posto uno strato di tavolato, lasciando un’intercapedine per la ventilazione di spessore variabile. Sopra il tavolato viene disposto un telo impermeabile, sul quale vengono poggiate ulteriori canne e paglia come rivestimento esterno. Il rivestimento interno è anch’esso composto da uno strato di canne su cui viene spruzzato un intonaco di terra cruda. La pavimentazione, in tavole di legno è sopraelevata rispetto a un sistema di areazione sottopavimento che poggia direttamente sul terreno roccioso del villaggio.

CRITERI BIOCLIMATICI E RISPARMIO DELLE RISORSE

Nonostante gli alloggi siano privi di impianti di climatizzazione e il clima sia estremamente caldo nel periodo estivo, la temperatura all’interno degli alloggi rimane vicina alle condizioni di comfort: a ciò contribuiscono l’elevata inerzia termica relativa alla massa del muro in pietra, la ventilazione della copertura e del pavimento oltre a quella garantita dall’effetto camino dovuto sia alla forma della copertura che a una certa permeabilità delle frontiere perimetrali.

Le aperture, di metratura minima in rispetto dei canoni originali, disposte in posizioni diametralmente opposte garantiscono una buona ventilazione incrociata: l’apporto di luce e il ricambio d’aria sono garantiti inoltre dalla porta di ingresso. Il villaggio sfrutta un sistema di fitodepurazione per recuperare buona parte delle acque utilizzate per gli scarichi e in modo da eliminare la necessità di realizzare il sistema di fognature che per essere condotto fino a questo luogo, piuttosto isolato, sarebbe stato economicamente poco sostenibile avrebbe deturpato il territorio.

eco-villaggio-sardegna-f

Con la rigenerazione, l’ambiente circostante è stato lasciato intatto e sono state piantumate circa 4000 piante. Il villaggio è circondato da un laghetto e da 7 ettari di macchia mediterranea: un vigneto bio, un oliveto bio, un orto bio e uno sinergico procurano gran parte delle materie prime necessarie. Le abitazioni vengono fornite quotidianamente di acqua di fonte servita in anfore di terracotta, di cibi, di prodotti per la cura del corpo prodotti da un’azienda locale, di un emanatore di essenze per l’aromaterapia e di una lampada al sale: il tutto rigorosamente di origine biologica o locale. Gli arredi interni sono totalmente fatti a mano con materiali di risulta, principalmente legno e gli unici arredi non riutilizzati sono i sanitari.

eco-villaggio-sardegna-g

Ogni cosa è prodotta artigianalmente: persino la biancheria è tessuta utilizzando filati naturali e trame preziose, arricchite da disegni eseguiti sull’impronta di quelli arcaici, tinti con colori essenziali e derivanti da erbe. All’interno del villaggio è bandito il fumo mentre l’uso di smartphone, tablet e pc è vietato negli spazi comuni. La sensazione è quella di essere tornati indietro nel tempo di qualche secolo: il silenzio surreale del luogo è spezzato solo dai rumori della natura, dal canto degli uccelli e dai versi degli animali selvatici, mentre la sera, solo le stelle e la luna illuminano l’intera vallata.

Read more

Casa semi-ipogea a Marostica

Nel comune di Marostica (VI), addossata al crinale della collina, sorge un’abitazione dall’aspetto non convenzionale. A un primo rapido sguardo il manufatto non sembra una casa, ma un muro di contenimento per il terreno scosceso. Infatti, il progetto semi-ipogeo dell’architetto Dario Scanavacca prende vita dalla rielaborazione del tema della “masiera”, il tipico muretto a secco per terrazzamenti di questa zona montana, in modo da creare una sinergia tra il contesto, il rispetto della tradizione e l’evoluzione tecnologica.

CASE IPOGEE: COME E PERCHÈ

{loadposition googlenicora}

IL PROGETTO DELLA CASA SEMI IPOGEA

La casa cerca di sfruttare al meglio le potenzialità del lotto fortemente inclinato esposto a Sud. La costruzione risulta semi-ipogea e i tre livelli, su cui sono distribuite la zona giorno e la zona notte, sono sfalsati in modo da creare una serie di giardini pensili.  In questo modo, la collina, che accoglie la casa, contribuisce, durante tutte le stagioni, al mantenimento del comfort ambientale interno: durante i mesi invernali le dispersioni sono ridotte e l’unico fronte esposto a Sud cattura il calore del sole, mentre durante l’estate il terreno e i tetti giardino non assorbono calore e contribuiscono a non surriscaldare gli spazi abitati. Inoltre, sono stati installati sia pannelli fotovoltaici sia pannelli solari: l’energia elettrica totale prodotta è pari a 6,0 kWp, mentre un accumulatore permette di stoccare 600 litri di acqua calda utilizzabile sia per usi domestici sia per il riscaldamento. 

casa-ipogea-marostica-b

casa-ipogea-marostica-c

Grandi aperture vetrate protette da frangisole caratterizzano l’unico prospetto della casa aperto verso la vallata in prossimità del quale sono stati posizionati il soggiorno, la cucina e le camere, mentre gli ambienti di servizio e i collegamenti verticali sono stati collocati nella parte ipogea areata e illuminata da alcuni lucernari. Il risultato così ottenuto è un muro “abitato”.

casa-ipogea-marostica-d

Read more

Il padiglione della Spagna ad Expo 2015

Un’enorme serra a doppia navata è il progetto dello studio B720 Fermín Vázquez Arquitectos, di Barcelona, per il padiglione della Spagna ad Expo Milano 2015: l’ente promotore e coordinatore dello spazio, di circa 2500 metri quadrati, è Acción Cultural Española (AC-E) che si occupa della partecipazione della Spagna alle Esposizioni Universali e ai grandi eventi globali. Partendo dal tema dell’esposizione “Nutrire il pianeta, Energia per la vita”, la doppia anima della struttura rappresenta il dualismo tra cucina tradizionale spagnola e gastronomia innovativa, cogliendo perfettamente l’occasione offerta dall’Expo per avvicinare il pubblico all’immenso patrimonio culinario e culturale spagnolo. L’equilibrio tra creatività/innovazione e tradizione è una delle chiavi del successo dell’arte culinaria spagnola, così come l’uso di agricoltura e allevamento sostenibile per la conservazione del paesaggio e per lo sviluppo di modelli di turismo alternativo.

{loadposition google1}

padiglione-spagna-expo-b

IL PROGETTO DEL PADIGLIONE DELLA SPAGNA

Queste due anime contrapposte sono rappresentate da due strutture assimilabili ma con trattamenti materici ben distinti, simbolo dell’incontro tra “vecchio” e “nuovo”: la gastronomia tradizionale è rappresentata da una galleria in legno dalla quale si distaccano una serie di spazi esterni, in cui vengono utilizzati materiali non consueti come tappi per vino o botti in rovere e ceste di vimini riutilizzate da un precedente impiego nella produzione dell’olio d’oliva; l’innovazione gastronomica è invece rappresentata da uno spazio racchiuso in una seconda struttura in acciaio con pareti intonacate colorate.

padiglione-spagna-expo-a

La forma riprende gli hórreo – tipiche costruzioni in cui si conservavano i frutti del campo, in particolare il grano – che possono trovarsi in Galizia, regione nord-occidentale della Spagna, o l’archetipo delle tradizionali abitazioni dell’Almeria, a sud. Gli spazi delle due serre, dotati di grande fascino e flessibilità, sono affiancati da un tipico porticato della tradizione iberica, che ospita una gran quantità di alberi di arancio, uno dei numerosi simboli della cultura spagnola qui esposti: all’interno vengono presentati al visitatore i cardini della produzione enogastronomica spagnola, ponendo l’accento sulle eccellenze in fatto di qualità, sicurezza e sostenibilità dei prodotti.

Le esposizioni all’interno del padiglione spagnolo sono differenziate tra i due piani. Al piano terra il visitatore potrà esplorare un’installazione realizzata dall’artista catalano Antoni Miralda intitolata “Il Viaggio del Cibo”: una serie di valigie di diverse dimensioni proiettano nomi dei cibi tradizionali della cultura spagnola – baccalà, patate, pomodori – mentre sul pavimento vengono proiettate parole legate all’esperienza del mangiare.

Proseguendo la visita si accede ad una sala semibuia che ospita sulle pareti una serie di schermi che mostrano video, immagini e informazioni sulle tecniche e tipologie di coltivazione oltre alle proposte sostenibili offerte dalla Spagna come soluzione alla scarsa disponibilità di risorse e cibo: in questa sala l’attrazione principale è un vetro satinato su cui scorre dell’acqua e che viene illuminato con effetti di luce variabili e sul quale compaiono parole che vengono “lavate” via dall’acqua.

padiglione-spagna-expo-d

Più avanti si accede in un’altra sala che senza dubbio è quella con il maggiore impatto visivo: un ampio spazio vuoto con le pareti ricoperte da migliaia di piatti rotondi su cui vengono proiettate immagini di fantastici paesaggi iberici e cibi tradizionali. Al piano superiore, una seconda mostra denominata “Il Linguaggio del Sapore” è un viaggio all’interno della mente di un cuoco spagnolo, con la volontà di trasmettere al visitatore la sua arte culinaria e le ricette gastronomiche migliori. Oltre alle due esposizioni, il padiglione ospiterà una serie di spazi pubblici tra cui un ristorante, un “bar de tapas”, una piazza pubblica ed uno spazio polifunzionale che ospiterà workshop, cooking class, conferenze e concerti, un orto didattico e una serie di giardini idroponici.

padiglione-spagna-expo-e

La sostenibilità del padiglione

Il padiglione, come già specificato in precedenza, è dedicato ai cibi e ai sapori della terra spagnola caratterizzata da terreni esposti costantemente a un sole intenso e perciò spesso aridi e improduttivi, che i sapienti agricoltori ispanici hanno però saputo trasformare in giardini verdi e fertili. La sostenibilità e l’alta efficienza energetica-ambientale sono stati obiettivi primari anche del progettista stesso: è di facile comprensione la volontà di trasmettere una sensazione di moderazione e di gestione delle risorse, considerando il presente periodo storico di crisi globale, a differenza della volontà di stupire il visitatore che ha caratterizzato le precedenti versioni del padiglione spagnolo alle esposizioni universali

padiglione-spagna-expo-f

Gran parte della struttura è caratterizzata da spazi semi aperti e da una copertura costituita da ampie lamelle vetrate mobili, che hanno la capacità di facilitare la ventilazione naturale lasciando uscire il calore dall’alto per effetto-camino. Forma e dimensione dei portici – che riprendono una lunga tradizione iberica – sono anch’essi pensati in posizione strategica, in modo da limitare il surriscaldamento, sempre mirando al risparmio energetico. L’edificio è realizzato con materiali riciclati o naturali ed è stato costruito interamente a secco: il legno di abete e di pino impiegato proviene da foreste certificate e tutte le componenti del padiglione possono essere riutilizzate in seguito allo smontaggio.

Read more

Il padiglione dell’Estonia ad Expo 2015: “Gallery of”

Il nome del progetto dello studio Kadarik Tüür Arhitektid – gruppo estone con sede a Tallinn – per il padiglione dell’Estonia a Expo Milano 2015 è la chiara sintesi della natura della costruzione così come la dinamicità e creatività del popolo nordeuropeo si riflette perfettamente nella flessibilità e multifunzionalità dello spazio progettato.

L’edificio, con una superficie di circa 1200 metri quadrati, non è un contenitore statico ma fa da cornice alla vita che si svolge al suo interno: l’architettura è stata pensata in modo da adattarsi alle diverse esigenze di mostre, rappresentazioni e concerti.

EXPO 2015: IL PADIGLIONE DEL BRASILE IN SUGHERO

{loadposition google1}

All’interno della galleria dell’Estonia si fondono elementi tradizionali e rivoluzioni high-tech rappresentativi dei caratteri tipici del popolo baltico e del proprio territorio naturale incontaminato che si uniscono con l’innovazione tecnologica del paese, definita dalla BBC come la ”Next Silicon Valley”. Il padiglione ospita più di trenta aziende e la sua permeabilità, ovvero il continuum spaziale tra l’interno e lo spazio aperto esterno, rappresentano l’apertura e la trasparenza al livello economico e commerciale del paese nei confronti del visitatore e, quindi, del mondo e delle dinamiche globali.

LA STRUTTURA DEL PADIGLIONE ESTONE

padiglione-estonia-expo-b

L’edificio è facilmente comprensibile sul piano compositivo e costruttivo. La struttura è composta da cinquantadue box modulari e impilabili in legno lamellare, alternati ritmicamente a spazi aperti: l’alternanza dei pieni e dei vuoti è così assimilabile al disegno di una scacchiera. Il design delle scatole è variabile in modo da poter creare molteplici moduli adattabili alle diverse funzioni: c’è un modulo altalena, un modulo per le presentazioni su schermi LED, moduli con pareti mobili per le mostre e moduli appositi per la sala conferenze e meeting. Questo sistema è stato scelto sia per la semplicità di costruzione e di smontaggio al termine della manifestazione che per la flessibilità degli spazi interni, così come la monomatericità del padiglione è intesa come fondale neutro per tutti gli eventi ospitati e per le diverse immagini proiettate dagli schermi a LED installati.

{youtube}ntM1tbibYgs{/youtube}

L’ORGANIZZAZIONE INTERNA

padiglione-estonia-expo-c

Al piano terra, ai lati di un ampio open space flessibile che ospita gli eventi più disparati, oltre all’alternanza ritmica di box espositivi e dei tradizionali kiik, troviamo un punto informazioni, un ristorante che propone street food tradizionale e un negozio di souvenir.

Per mezzo della scala centrale si raggiunge il primo piano, che ospita uno spazio espositivo in cui vengono esaltate le punte di diamante della produzione estone – imprese innovative, soluzioni di e-State, turismo rurale e imprese green, elementi del settore creativo e delle belle arti – oltre a un ulteriore bar tematico, dedicato ai prodotti tipici della nazione baltica a base di segale, dal pane alla birra e ai distillati.

Al secondo piano viene invece messo in evidenza il grande rapporto dell’Estonia con la natura. Qui è riprodotto un piccolo bosco con le specie arboree più tipiche del paese – le betulle – animato dal suono del canto degli uccelli: le registrazioni vengono attivate grazie a delle fotocellule e il volume si alza in base a quanti più visitatori vengono percepiti dai sensori. Una serie di schermi trasmettono live la vita degli uccelli estoni e, più in generale, di alcuni animali presenti sul territorio nazionale, filmati attraverso telecamere nascoste.

padiglione-estonia-expo-d

SOSTENIBILITÀ E RISPARMIO ENERGETICO

Così come molti altri stati in Expo Milano 2015, anche l’Estonia ha scelto il legno come materiale dominante della costruzione, utilizzando le sue caratteristiche come espressione della sostenibilità e dello stretto vincolo tra società e natura.

L’impianto di illuminazione, che regola automaticamente le lampade in base alla variazione delle condizioni di luce naturale esterna, sottolinea l’attenzione al risparmio energetico. Uno degli elementi più interessanti del padiglione, da questo punto di vista, è costituito dal tradizionale kiiking, sport di cui gli estoni sono inventori: per mezzo dei kiik, delle altalene, anche biposto, inserite nei vuoti lasciati dalla struttura e collegate a dei generatori, i visitatori sono in grado di convertire l’energia cinetica dell’oscillazione dei dondoli in energia elettrica, auto-producendo così energia. Superate le cinque oscillazioni infatti, il sistema alimenta dei caricatori per cellulare messi a disposizione degli utenti, mentre delle macchine fotografiche immortalano il kiiker ignaro, quando meno se lo aspetta: al momento di abbandonare l’altalena il visitatore può ritirare la propria fotografia, stampata assieme ai dati sulla quantità di energia prodotta con le oscillazioni, in modo da comprendere quanta energia sia necessaria per le comuni azioni quotidiane.

TECNOLOGIA

L’avanzata produzione tecnologica del paese baltico non poteva non caratterizzare il padiglione estone con tecnologie e software innovativi: una grande quantità di schermi a LED rivestono le pareti delle stanze, soffitto compreso, proiettando scene in live streaming direttamente dall’Estonia – addirittura dalle cucine di un ristorante noto in tutto il mondo. All’interno del padiglione, una rete wi-fi libera e una serie di supporti predisposti permetteranno agli ospiti di condividere immagini e comunicare via Skype, software diffusissimo sviluppato da un gruppo di giovani estoni.

Read more

Unicredit Pavilion: una struttura leggera in larice nel centro di Milano

All’interno del nuovo quartiere Garibaldi-Porta Nuova, protagonista in questi anni di un vasto intervento di riqualificazione urbana ed architettonica, proprio in mezzo ai moderni palazzi Unicredit, ci si imbatte in un’architettura in grado di connettere piazza Gae Aulenti, il parco e le torri che lo circondano: è il nuovo Unicredit Pavilion, firmato dal Maestro Michele De Lucchi.

MILANO ED EXPO 2015: LA FORESTA DEL PADIGLIONE AUSTRIACO

{loadposition google1}

Concepito come un luogo di relazione e di cultura, il padiglione vuole essere uno spazio polifunzionale in grado di ospitare mostre, eventi e conferenze; un centro dove dialogo e condivisione diventano l’obiettivo delle iniziative che qui verranno organizzate. Serate, concerti e meetings, inoltre, potranno avere luogo contemporaneamente, grazie alla sapiente progettazione degli ambienti interni.

unicredit-pavilion-milano-b

unicredit-pavilion-milano-c

unicredit-pavilion-milano-g

“Si capisce subito che non è ne un condominio nè un edificio da uffici e si memorizza con la forza emozionale di un monumento, un simbolo tra la natura del parco e gli uomini dei grattacieli” (M. De Lucchi)

Scambi ed incontri aperti alla comunità che, secondo il progettista, “vengono generati da un seme che contiene il cuore della vita  e che cade sulla terra per poter radicarsi, crescere e vegetare;  un seme che è oggi un edificio di legno, al bordo di un grande parco cittadino.”  Affacciato verso le torri in vetro che lo circondano, il padiglione è sinonimo di sostenibilità e sensibilità verso la natura e l’ambiente; si presenta come un’architettura all’avanguardia contraddistinta da innovative soluzioni tecnico-costruttive attente alla valorizzazione delle risorse naturali ed al risparmio energetico.

Un seme, appunto, reso immediatamente riconoscibile grazie ad una leggera struttura in legno di larice arricchita dalla luminosità del vetro, che si integrano perfettamente generando così un’atmosfera armoniosa ed accogliente; un volume architettonico arrotondato che si pone in contrasto (ma anche perfettamente in sintonia) con le linee rigorose degli edifici circostanti. 

unicredit-pavilion-milano-d

unicredit-pavilion-milano-e

unicredit-pavilion-milano-f

Il padiglione si erge su tre livelli: al piano terra, innanzitutto, si trova un ampio auditorium che potrà accogliere fino a 700 posti, grazie alla versatilità dell’aula modulabile, che potrà essere suddivisa in ambienti più piccoli.

Percorrendo una scala elicoidale che nasce proprio dall’auditorium, si accede poi alla Passerella dell’Arte, dedicata alle esposizioni artistiche ed alle mostre temporanee; un percorso flessibile che potrà essere adoperato a supporto di altre attività ospitate all’interno della struttura attraverso la creazione di narrazioni visuali ed interattive.

Proseguendo verso il secondo livello, si giunge al Mini Tree, un nido d’infanzia a servizio dei dipendenti e non solo, che ospiterà fino a 60 bambini dai 3 ai 36 mesi; mentre al terzo piano è collocata la Greenhouse, un suggestivo open-space destinato ad accogliere conferenze ed eventi di business e caratterizzato da due “ali” apribili lunghe 12 metri e dotate di maxischermi, i quali permetteranno ai visitatori di seguire gli incontri anche dall’esterno.

Inaugurato pochi giorni fa, la serata inaugurativa del 28 Luglio ha dato inizio ad una lunga serie di eventi che proseguiranno anche dopo i mesi estivi e che vedranno la partecipazione di protagonisti nazionali ed internazionali.

Read more

Cultura e innovazione al nuovo Waterfront di Venezia

Le iniziative parallele portate dalla grande macchina Expo Milano 2015 hanno dato una bella spinta al progetto previsto per Marghera, che già da tempo era nel cassetto dell’amministrazione veneziana. L’esigenza di ridare un’identità al waterfront lagunare era da tempo sentita anche dal punto di vista morale e di riscatto di un’area in forte degrado che non è mai stata in grado di vestire al meglio il ruolo chiave che essa ha nei rapporti con Venezia.

PORTO MARGHERA E IL VEGA PARK PER RIQUALIFICARE IL WATERFRONT

{loadposition google1}

CHE COS’È IL VENICE WATERFRONT?

Il vasto progetto di rigenerazione urbana prevede il recupero dell’ex area industriale di Porto Marghera, nell’ottica di promuovere uno sviluppo più attento ai temi della sostenibilità e trasformare la non più comoda appendice industriale in un polmone nuovo capace di dare respiro ad una Venezia storica che rimane sempre più schiacciata dal peso dell’età, ma che è ancora capace di attrarre culturalmente tutto il mondo.

L’idea non è promuovere un progetto statico che si concluderà con la fine di Expo Milano 2015, ma mettere in moto una macchina capace di creare occasioni per un rilancio continuo che guarda ai prossimi vent’anni. Il lancio del progetto con la costruzione del padiglione collaterale “Aquae” è solo il punto di partenza al quale seguiranno delle fasi successive che nei prossimi cinque anni dovrebbero portare allo sviluppo di una serie di servizi a supporto dell’area.

Il tema chiave voluto fortemente dall’architetto Michele De Lucchi e dal paesaggista Andreas Kipar, progettisti dell’intervento, è basato su una “Green Tree Strategy” per la quale l’intervento rappresenta la chioma vitale di quell’albero che affonda nella città storica le proprie radici.

PADIGLIONE AQUAE

waterfront-venezia-b

Punto di partenza di questo processo è il padiglione polifunzionale “Aquae” che rappresenta il rilancio dell’area industriale con le eccellenze della ricerca e delle imprese, e la volontà di sottolineare l’importanza che il così detto oro blu ha per Venezia e per il resto del mondo, sia da un punto di vista concreto sia concettuale. L’idea è di creare un polo attrattivo culturale che possa diventare il punto di partenza di un processo che non si concluderà con l’Expo, ma che sarà capace di affermarsi con forza sul territorio.

waterfront-venezia-c

Il progetto di Venezia per l’Expo 2015 prova a reinventare l’idea di città tradizionale e lo fa in un’ottica che guarda alla sostenibilità attraverso la rigenerazione urbana ed il rilancio del territorio anche da un punto di vista culturale. Il padiglione, in questo contesto, diventa il catalizzatore di un’area nuova che ha voglia di cambiare e crescere, e che non rimane indifferente ai temi globali. Sicuramente un’opportunità che va sfruttata per tutto quello che mette in gioco, ma anche un’esperienza artistica capace di generare sensazioni e risvegliare la sensibilità umana davanti ai temi della sostenibilità e dello sfruttamento delle risorse, per provare a riscoprire un’attenzione in più su ciò che ci circonda. 

Read more

I risultati del concorso Food & Wellness club

Sono stati più di 1300 i professionisti da oltre 80 Paesi di tutto il mondo ad accogliere la sfida lanciata da YAC (Young Architects Competitions) in collaborazione con Marlegno s.r.l. per la progettazione di Food & Wellness club, un centro benessere in prossimità di F.I.C.O., il grande parco alimentare che aprirà a Bologna nel 2016.

L’edificio, dedicato alla cura del corpo, la meditazione ed il benessere, mira ad essere un’eccellenza architettonica internazionale, un luogo sostenibile e strettamente legato al tema del parco in cui si inserisce.

A decretare i progetti vincitori, tra i 276 presentati, una giuria composta da professionisti di rilievo internazionale come gli architetti Nicola Scaranaro (collaboratore di Foster + Partners dal 2005), Italo Rota (designer degli spazi interni del Musée d’Orsay) ed Edoardo Miles (esperto in materia di tutela paesistico ambientale), il professore Donald Bates (recentemente designato quale giurato per il premio Holcim Awards for Sustainable Construction), gli architetti Andrea Zamboni e Pier Giorgio Giannelli e l’ingegnere Angelo Luigi Marchetti.

Il montepremi, per un totale di 15 mila euro, di cui 8 mila per il primo classificato, è stato assegnato ai team che hanno saputo interpretare al meglio il tema proposto e ideato edifici in cui la luce, la sostenibilità, la cura della persona e l’esperienza sensoriale vissuta dal visitatore giocano un ruolo chiave.

I PROGETTI SUL PODIO

food-wellness-a

Ad aggiudicarsi il primo premio del concorso Food & Wellness Club è stato il team VSC che, guidato dalla citazione di Nietzsche “There is more reason in your body than in your best wisdom”, ha esaltato l’interazione dell’edificio con la luce, elemento in grado di plasmare gli spazi e contribuire al benessere psico-fisico dei visitatori.

Al secondo posto si colloca il team ArchiStuff (prima immagine in alto) che rivisita il tipico design delle industrie produttive anni Settanta proponendo un gioco di volumi sospesi su un piano dedicato alle piscine, giochi d’acqua multi-sensoriali e docce aromatiche.

food-wellness-c

Two Worlds è il progetto del team Floràn che si aggiudica il terzo premio per aver saputo interpretare, sviluppare e rendere evidente la tensione tra urbano e suburbano, agricolo e industriale.

LE MENZIONI

food-wellness-d

Al contrario del team vincitore del terzo posto, il gruppo ODD Studio, a cui è andata la menzione Gold ha preferito ridurre il contrasto tra esterno ed interno, artificiale e naturale e proporre un edificio quasi evanescente, senza confini netti.

food-wellness-e

L’altra menzione Gold va al gruppo MD2, che ha reso l’esperienza sensoriale dei visitatori il cuore del progetto. L’edificio è arricchito con materiali che evocano sensazioni percettive diverse (caldo, freddo, ruvido, compatto…) e conducono in un vero e proprio viaggio sensoriale, alla ricerca di se stessi.

Le altre menzioni d’onore vanno ai team: Fiore, A+B+C+M, ACD Studio, AI Studio, QuadratoBlu, Acqua_Terra, CTRL Studio, Bodega&Piedrafita, MP+RV, FPMG, con partecipanti da Austria, Grecia, Irlanda, Italia, Russia, Siria e Uruguay.

Ad aderire al concorso non solo progettisti e studenti, ma anche istituzioni accademiche e realtà imprenditoriali consolidate hanno patrocinato l’iniziativa: Università di Bologna Alma Mater Studiorum – Sede di Cesena, Universidad Nacional del Litoral di Santa Fe, Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale dell’Università di Roma La Sapienza, Università di Melbourne, LAB Architecture Studio, Studio Italo Rota, Foster + Partners, l’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori della Provincia di Verona, ArchitettiBologna, l’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Bergamo, Forum P.A., Unindustria Bologna.

Read more

La ristrutturazione in Salento che ha il sapore della tradizione

Nel centro storico di Patù (Lecce), piccolo paesino del Salento situato a pochi chilometri da Santa Maria di Leuca, una porzione di un palazzo del XVII secolo, trascurato e abbandonato da alcuni anni, è stata oggetto di ristrutturazione e trasformata in una doppia abitazione estiva: una per i proprietari e una per i loro ospiti. L’architetto Luca Zanaroli ha saputo trasformare e valorizzare gli ambienti dalla tipica volta a stella in pietra di tufo in cui ancora oggi si respirano il sapore della tradizione e il profumo di una vita genuina e lenta.

RISTRUTTURARE IN PUGLIA: LA TABACCHERIA DIVENTA B&B

{loadposition googlenicora}

IL PROGETTO DELLA RISTRUTTURAZIONE

Al fine di soddisfare le esigenze della committenza e separare i percorsi sono stati creati due ingressi indipendenti: l’antico accesso principale dalla corte è stato mantenuto e conduce alla porzione di casa padronale, mentre il portone dell’antica scuderia introduce alla zona giorno dedicata agli ospiti. Dove un tempo c’erano cavalli, selle e briglie ora si trovano un comodo e fresco soggiorno e una cucina, dove il lavello e il piano di lavoro sono stati ricavati dal vecchio abbeveratoio e dalla mangiatoia dei cavalli. 

Gli ambienti voltati dagli alti soffitti sono stati intonacati e tinteggiati a calce al fine di rendere le stanze più luminose e una di esse è stata soppalcata per poter ricavare un bagno e un guardaroba. I pavimenti del palazzo salentino in cementine decorate risalenti agli inizi del secolo scorso sono stati recuperati e risistemati: per colmare le lacune è stata utilizzata una malta di calce e cemento con un colore simile a quello della pietra originale. Le vecchie “chianche”, elementi in pietra calcarea pugliese, che pavimentavano la scuderia sono state smontate, pulite e riposizionate.

Inoltre, uno spazio esterno, un tempo adibito a recinto per gli animali e in contatto diretto con l’attuale zona giorno, è stato trasformato in giardino. È stato così possibile creare una cucina e un soggiorno all’aperto: un piano di lavoro in muratura e una zona pavimentata identificano questa porzione di giardino divisa dall’area trattata a verde da una vasca in blocchi di tufo recuperata in un mercatino. 

ristrutturazione-patu-b

ristrutturazione-patu-c

ristrutturazione-patu-d

Read more

Bioagriturismo: soggiorni di classe A

A Cesiomaggiore, in provincia di Belluno, una vecchia e fatiscente casa di campagna in classe energetica G, per usare la dicitura ufficiale, anche se in realtà era molto più energivora da poter essere definita in classe Z, è stata ristrutturata e trasformata in agriturismo di classe A dai progettisti dello Studio Tecnotherm. La definizione non si riferisce solamente ai servizi assicurati agli ospiti, ma soprattutto al livello di prestazioni energetiche tanto che l’edificio si è guadagnato l’appellativo di Bioagriturismo.

EDIFICI IN CLASSE A: IL CASO DELLE RESIDENZE IN LEGNO A BOLOGNA

{loadposition googlenicora}

IL PROGETTO DEL BIOAGRITURISMO

L’edificio del bioagriturismo, situato a fondo valle, è sovrastato dalle alte vette alpine innevate e si presenta come un’ordinaria struttura dalla pianta regolare con il tetto a doppio spiovente, il basamento in muratura e le pareti in legno massiccio. All’interno, distribuiti su tre livelli, trovano posto quattro camere da letto con i rispettivi bagni, una sala lettura, una sauna e un ristorante vegetariano e vegano.

bioagriturismo-cesiomaggiore-b

bioagriturismo-cesiomaggiore-c

La struttura portante e la copertura sono in legno italiano multistrato. Ogni elemento dell’involucro è stato opportunamente coibentato e i nuovi infissi sono dotati di serramenti con vetro triplo. In questa zona, infatti, gli inverni sono molto freddi e le estati sono afose, quindi è necessario garantire un elevato grado di isolamento per assicurare un gradevole comfort degli ambienti abitati senza sprecare energia durante tutto l’anno.

L’impianto, che garantisce il riscaldamento, il raffrescamento e la produzione di acqua calda sanitaria, permette di avere un risparmio di energia primaria del 35%. Infatti, una pompa di calore ad aria permette di sfruttare sia l’energia solare indiretta presente nell’ambiente esterno sia l’energia prodotta dai pannelli fotovoltaici istallati sulla copertura senza combustioni e quindi senza generare emissioni di CO2 e di altri gas nocivi. Negli ambienti sono stati collocati una serie di ventilconvettori ultrasottili a installazione verticale o orizzontale a seconda delle esigenze. In questo modo è possibile riscaldare o raffreddare gli ambienti in maniera flessibile: l’impianto permette di isolare alcune stanze e non climatizzarle se non utilizzate.

bioagriturismo-cesiomaggiore-d

Read more