Intonaco di cocciopesto: tecnica antica e naturale per muri umidi

La finitura con l'intonaco di cocciopesto

L’intonaco di cocciopesto, o coccio pesto, è costituito da una base di calce alla quale si aggiunge polvere di laterizio. La polvere di laterizio conferisce all’impasto ottime proprietà idrauliche formando un intonaco resistente all’umidità. I romani lo utilizzarono in maniera assidua nelle loro opere ingegneristiche ma fu probabilmente scoperto dai fenici. Questa antica tecnica fu applicata dai romani alla costruzione di acquedotti, cisterne, pareti e strade perché particolarmente adatto ai muri umidi.

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Una casa in mattoni tra innovazione e tradizione piemontese

In Piemonte una casa in mattoni tra innovazione e tradizione

Un piccolo ma sorprendente capolavoro di architettura si può scorgere passeggiando nelle Langhe piemontesi: una casa di villeggiatura che concentra tradizione e innovazione nell’uso del mattone artigianale. Gli architetti di Studioata hanno saputo magistralmente dare forma al sogno di una coppia di professionisti olandesi, affascinati dalla cultura artistica e gastronomica nonché dal paesaggio rurale locali.

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Argilla modificata: le proprietà di un materiale più che naturale

I mattoni d’argilla sono per antonomasia il simbolo delle costruzioni. Utilizzato dai Romani sin dall’antichità, trova il suo punto di forza nell’argilla che lo costituisce: un materiale dalle potenzialità infinite, da sempre utilizzato per realizzare mattoni in terra cruda ed intonaci, ma anche tegole, pavimentazioni e, più recentemente, rivestimenti esterni per facciate.

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I ladiri: la tradizione sarda della terra cruda

La Sardegna è una delle regioni d’Italia che vantano una tradizione di architettura in terra cruda di antichissima data, un metodo costruttivo che è stato soppiantato dal cemento solo negli anni ’70 (quindi più tardi rispetto ai numerosissimi luoghi in cui il cemento ha sostituito le metodologie costruttive locali) e che di recente è tornato in auge anche grazie a diverse iniziative volute da vari comuni sardi giustamente interessati a tutelare il loro patrimonio storico-architettonico

In copertina: un muro in ladiri, localmente anche chiamati ladirini, nel comune di Riola Sardo, in Sardegna. Foto da www.comune.riolasardo.or.it/

 

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caption: un muro in ladiri. Foto da pinsta.me/paolo.marchi

I ladiri sardi e la tradizione della terra cruda

La tecnica di costruzione in terra cruda di maggior interesse per la Sardegna è quella che adopera i mattoni generalmente definiti Adobe, che invece localmente prendono il nome di ladiri o anche di ladirini, a seconda della zona. Questa tecnica prevede la formazione di mattoni con un impasto di terra, acqua e paglia, formati in uno stampo, e successivamente messi ad essiccare all’aria aperta sino a completa asciugatura (operazione che richiede minimo due settimane o un mese).

caption: produzione manuale di ladiri. Foto da www.terracruda.org

I ladiri possono essere preparati sia manualmente che meccanicamente, in Sardegna infatti esistono diverse realtà artigianali locali che producono appunto questi mattoni in terra cruda. La messa in opera dei ladiri può essere fatta con la malta di terra o con la malta di calce. Per quanto riguarda l’impasto, secondo “Il manuale della terra cruda” (scaricabile qui – si avvia download documento di 4,57 MB) a Samassi, un comune sardo dove la terra è il materiale costruttivo tipico, tradizionalmente per produrre 1 mc d’impasto per ladiri si utilizza 1 mc di terra e 1 mc di acqua, aggiungendo 0,23 % di paglia (pari quindi a 47,5 kg).

La terra cruda e la normativa italiana

La terra cruda è un antico materiale da costruzione – il più vecchio reperto archeologico di abitazione in terra cruda è stato ritrovato a Gerico, e risale all’ 8000 a.C – ed è dotato di ottime proprietà. 

Infatti, è un eccellente isolante, è dotato di un forte potere traspirante e presenta inoltre ottime caratteristiche di resistenza. In aggiunta, regola naturalmente l’umidità e la temperatura interna dell’abitazione (infatti, all’interno di queste abitazioni si ha di solito un’oscillazione termica di circa due o tre gradi tra il giorno e la notte, con un’umidità relativa del 50%): questo perché i mattoni in terra cruda hanno una massa doppia rispetto ai tradizionali mattoni in terra cotta, e una volta che internamente si è raggiunta la temperatura desiderata, questa tende a essere mantenuta tale.

Si annoverano altri benefici che derivano dal costruire con la terra, questi sono: la riduzione di consumo energetico durante il processo di produzione e trasporto del materiale (che si trova di solito in loco), la riciclabilità e l’alto grado di riduzione dei residui di laboratorio, la sostenibilità di un’economia autoctona e locale, la facilità di reperimento dei materiali primari, oltre che la risposta positiva della terra se combinata con inerti e fibre vegetali. La terra cruda è infine un ottimo materiale da adoperare nell’autocostruzione di edifici.

Tuttavia i problemi principali dovuti all’utilizzo della terra cruda sono rappresentati dalla bassa resistenza agli agenti atmosferici, per questo è un materiale che richiede una protezione esterna con intonaco idoneo, oltre che da una resistenza meccanica non sempre adeguata.

Nonostante le peculiarità positive della terra cruda, la normativa italiana non la considera come materiale costruttivo, anche se, di fatto, esiste sul territorio nazionale un ampissimo patrimonio storico e tradizionale di architettura in terra cruda. Basti pensare che nel comune piemontese di Alessandria esistono circa 1000 edifici in terra cruda tuttora abitati.

Per questo motivo la regione Sardegna, al fine di favorire il recupero delle architetture in terra cruda e per agevolare la loro immissione nel mercato, ha concesso un’agevolazione dei contributi regionali con la Legge Regionale n. 29 del 13 ottobre 1998.

Ragioni della mancata diffusione della terra cruda in architettura

In Sardegna la terra cruda è stata individuata da diversi archeologi come antico materiale da costruzione, e nell’entroterra di Cagliari è stato storicamente l’elemento fondamentale nella costruzione delle case. Oggi però non è un materiale che viene impiegato di sovente specialmente per costruzioni nuove. Di fatto, di recente, i prodotti in terra cruda più richiesti sono solo le finiture e gli intonaci in questo materiale, piuttosto che elementi architettonici primari e portanti, come i mattoni.

Secondo Matteo Brioni, esperto in costruzioni in terra e proprietario di un’azienda produttrice di laterizi a Gonzaga, una delle ragioni del poco utilizzo della terra cruda si trova proprio nella mancanza d’informazione: infatti, la gente non conosce l’esistenza dei prodotti in terra cruda, non è informata a riguardo delle caratteristiche di questo materiale, per cui non sa perché sceglierli e utilizzarli per le proprie abitazioni. Spesso, inoltre, la terra cruda è percepita come materiale povero.

Un’altra ragione si trova nelle maestranze che lavorano la terra: infatti questo è un materiale che Brioni chiama prestazionale, vale a dire che esistono diciotto tecniche costruttive per metterlo in opera, e ognuna è più adatta per una certa cosa più che per un’altra. Perciò serve una manodopera che sappia trattare il materiale, mentre con il cemento questa differenziazione non si ha, e non si richiede una manodopera specializzata, anche se i problemi iniziano in seguito.

Il cortometraggio “Ladiri” di Andrea Mura raccoglie le esperienze di alcuni anziani sardi sulla terra cruda e sulle costruzioni in ladiri in Sardegna.

 caption: abitazione in ladiri, dal cortometraggio ‘Ladiri’ di Andrea Mura, che parla delle abitazioni sarde tradizionali e della tecnica costruttiva dei ladiri. Foto da www.labottegadelbarbieri.org

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La prima cupola in hyper adobe costruita in Turchia: il processo costruttivo

Qualche settimana fa si è tenuto un workshop in un piccolo villaggio turco -Yeniköy Bayramiç, nei pressi di Çanakkale-  in cui si sono trattati argomenti come costruzione e autocostruzione di edifici con materiali autoctoni e naturali utilizzando tecniche di tradizione secolari. Durante il workshop tutti i partecipanti hanno potuto apprendere e provare concretamente alcune tecniche costruttive che hanno radici antiche, tecniche tradizionali usate da diversi popoli secondo le possibilità offerte dal proprio territorio, per sfruttare al meglio i materiali già presenti in loco e offerti dalla natura circostante. Inoltre, durante il workshop è stata anche realizzata la prima cupola in hyper adobe in Turchia, piccola di dimensioni perché destinata ad essere utilizzata come dispensa per i campi della fattoria che ha ospitato il workshop.

IL SUPER ADOBE DI NADER KHALILI

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caption: a sinistra,la costruzione della cupola in hyper adobe durante il workshop a Yeniköy-Bayramiç; a destra, mattoni in Adobe fatti durante il workshop.

Il workshop e le tecniche trattate

Il workshop, organizzato dall’associazione Obaruhu fondata dai bio-architetti Merve Tekin e Mukund Iyer, si è tenuto presso Yeniköy – Bayramiç, in una fattoria e ONG nata con lo scopo di creare un villaggio autosufficiente basato sui principi di permarcultura e agricoltura naturale, dove si impegano semenze antiche per le colture e si mettono in atto modelli economici alternativi, basati sullo scambio e sull’economia del dono.

caption: vista dalla fattoria di Yeniköy.

Tra gli insegnati del corso, in aggiunta agli architetti Merve e Mukund, sono intervenuti e hanno partecipato Ece Aslan (architetto specializzato in costruzioni in paglia e terra), Matthieu (ricercatore presso gli istituti METU di Ankara e Kerkenes Eco-Centre sulle tematiche relative sicurezza degli edifici in paglia e metodi costruttivi alternativi, e l’esperto di costruzioni  in hyper adobe Xavier Allard che ha seguito il progetto della cupola costruita a Yeniköy.

Per quanto riguarda la parte didattica, durante il workshop si sono trattate, sia dal punto di vista teorico che pratico, diverse tecniche costruttive come cob, adobe, intonaci naturali, slip-straw, costruzioni in balle di paglia, e hyper adobe, e si è appunto costruita la prima cupola in hyper adobe presente in Turchia.

La prima cupola in hyper adobe costruita in Turchia

caption: a sinistra, la cupola in hyper adobe dopo il posizionamento dell’ultimo  sacco. Durante il workshop è stata costruita la prima cupola in hyper adobe presente sul territorio turco; a destra, posizionamento di una delle prese di ventilazione. I ganci metallici sono posti tra gli strati di hyperadobe e serviranno, a cupola terminata, per appendere all’interno dell’abitacolo verdure essiccate, come corone di aglio e peperoncino.

La tecnica di hyper adobe è stata messa a punto dall’architetto iraniano Nader Khalili (anche fondatore e direttore per molti anni dell’Istituto Call Earth in California, il più grande centro internazionale di ricerca e di insegnamento per le costruzioni in earth bags e hyper adobe, e di altre tecniche che utilizzano la terra come materiale edile), in modo da costruire edifici utilizzando sacchi riempiti di terra bagnata, che asciugando diventano enormi mattoni di adobe, e che devono quindi essere protetti dall’umidità e dai raggi solari con intonaci impermealizzanti. Per ulteriori informazioni riguardo a questa tecnica rimando all’articolo-intervista a Davide Frasca dell’associazione Vide Terra, esperto nelle costruzioni in terra.

La cupola edificata durante il workshop ha dimensioni relativamente modeste perché la sua funzione è di creare una dispensa esterna alla casa, per riporre alcuni prodotti dalle coltivazioni della fattoria, nella fattispecie cipolle e patate. L’ambiente interno della cupola deve essere quindi buio e fresco; il ricircolo d’aria all’interno è assicurato da cinque prese che sono state create inserendo dei tubi di 25 cm di diametro tra i livelli dei sacchi di hyper adobe. In questo modo si è assicurata la ventilazione naturale interna alla cupola. Due delle prese d’aria sono state sistemate di fronte alle altre tre (per creare un ricircolo d’aria interno), e sono poste in modo da non essere nella direzione principale del vento, che su quel lato della collina è forte, facendo sì che l’aria, entrando all’interno della cupola, non crei una corrente troppo violenta.

Il processo costruttivo della cupola

I materiali necessario alla costruzione di una cupola in hyper adobe sono la terra per il riempimento e i sacchi di polipropilene; possono essere sacchi regolari già tagliati, oppure si può più facilmente costruire, soprattutto se si tratta di opere più impegnative, utilizzando sacchi a calza molti lunghi non ancora tagliati in singole unità più piccole, ma pervenuti in rotolo (nell’immagine che segue si noti il rotolo di sacchi di polipropilene utilizzati per la cupola di Yeniköy).

Nello specifico, la cupola è stata eretta su un basamento costituito da un muretto in pietra e calce di circa 60 cm di altezza, che presenta però altezze sfalsate perché posto su terreno in pendenza, su cui si è installato direttamente il primo livello di hyper adobe.

caption: il rotolo di sacchi in polipropilene non tagliati. Reperirli non è difficile, si possono domandare ai produttori chiedendo un rotolo di sacchi non ancora tagliati in unità singole.

caption: il sacco a "calza" utilizzato per la costruzione della cupola.

caption: a sinistra, il muro che a basamento della cupola; a destra, l’impasto di terra e acqua.

Prima di riempire i sacchi, la terra deve essere setacciata grossolanamente in modo tale da rimuovere le pietre più grosse, che potrebbero bucare la tela, e inoltre si devono rimuovere tutte le parti organiche presenti nella terra, come radici e piccoli insetti (per questo motivo la terra di riempimento non dovrebbe mai essere il topsoil ma lo strato successivo, così da evitare che organismi e parti organiche di diverso tipo siano presenti nella terra all’interno dei sacchi), per una maggiore sterilità del materiale.

Dopo aver setacciato la terra la si deve miscelare bene con l’acqua in modo da ottenere un impasto umido ma non eccessivamente bagnato.

Si procede quindi con la costruzione della cupola, ponendo uno strato di sacchi sull’altro. Nelle cupole alte e molto pesanti si collegano gli strati dei sacchi con del filo spinato che funziona come un velcro tra gli strati, e impedisce ai sacchi di scivolare gli uni sugli altri. Nel nostro caso però, non è stato necessario l’utilizzo del filo spinato, sia perché la cupola aveva altezza e peso modesti, sia perché la texture della tela in polipropilene utilizzata presentava dei buchi di circa 3 mm x 3 mm,  così che la terra tra i diversi livelli filtrando tra i sacchi ha reso gli strati più stabili e uniti tra di loro.

Al riempimento e posizionamento dei sacchi segue la pressatura della terra, su cui poi si posiziona lo strato successivo.

La pendenza della cupola viene misurata durante la costruzione grazie ad una catena interna fissa al centro del pavimento, con la quale si può controllare che la circonferenza degli strati di hyper adobe sia sempre uniforme, e una catena che misuri lateralmente l’andamento della cupola.

caption: pressatura degli strati dopo il posizionamento dei sacchi riempiti di terra.

caption: disegno della sezione della cupola in hyper adobe con sistema di misurazione del raggio e della curvatura. La line R rappresenta la catena che misura l’uniformità delle circonferenze, mentre la linea laterale rappresenta la catena che testa la curvatura della cupola. Disegno da Obaruhu.org

Quando anche l’ultimo strato di sacchi è sistemato e la cupola risulta chiusa e ben pressata, allora la si deve isolare e proteggere con intonaci naturali solitamente formati da terra, argilla, acqua e paglia. La cupola in questione presenta sette strati d’intonaco: i primi tre sono formati da terra e paglia, seguono due strati di argilla e sabbia, e due strati di argilla e polvere di marmo, su cui è stato sciolto uno strato di sapone all’olio d’oliva per creare un’ulteriore impermealizzazione del materiale.

caption: a sinistra, la cupola con il primo strato d’intonaco; a destra,la cupola terminata e Xavier Allard. Foto di Xavier Allard.

Per quanto riguarda i dettagli, la cupola ha un diametro esterno di 2,2 m e interno di 1,7 m, presenta un’altezza di 2,4 m (incluso il muro di base di 60 cm) e per la costruzione sono stati utilizzati 3,5 mc di terra e 50 metri circa di sacco in polipropilene. L’altezza della cupola è inferiore al suo diametro poiché trattandosi di una struttura piccola si aveva la possibilità di curvare di molto i muri in modo da avere un numero inferiore di strati, e quindi meno lavoro e meno terra da dover utilizzare.

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La casa costruita con sacchi di terra

Economica, confortevole, a basso impatto ambientale: è la piccola e accogliente casa rotonda costruita vicino Asheville, in North Carolina, con sacchi pieni di terra e con ogni tipo di materiale di recupero. I proprietari, investendo circa 5.000 dollari e tutta la loro buona volontà, hanno realizzato con le loro mani questo rifugio lontano dalla città e disperso in un luogo selvaggio a contatto diretto con la natura. 

SACCHI DI TERRA: COME COSTRUIRE CON EARTHBAG E SUPERADOBE

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IL PROGETTO DELLA CASA DEI SACCHI DI TERRA

Il volume dell’edificio, costruito utilizzando come elemento base non il mattone, ma il sacco, è un cilindro con copertura lignea. I primi due corsi, posizionati sopra le fondazioni, messe in opera impiegano le pietre generalmente utilizzate per realizzare le massicciate delle ferrovie, sono in sacchi di cemento, mentre tutti gli altri sono in sacchi di terra. Tra una fila e l’altra è stato inserito del filo spinato per ancorare meglio gli elementi tra di loro. Invece, per realizzare l’intonaco esterno e interno è stato necessario separare i sacchi con del polistirolo recuperato dai cassonetti e imbragare la struttura con della rete metallica proveniente dallo smontaggio di alcuni pollai.

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Le travi del tetto sono fissate alle pareti perimetrali con una serie di corde e sono collegati a una colonna in legno massiccio posizionata al centro della casa. L’impermeabilizzazione è stata realizzata stendendo elementi a prova d’acqua sigillati tra loro con mastice in silicone, mentre una serie di fogli di cartone è stata inserita per aumentare l’isolamento termico. La copertura è poi coronata da una serie di pannelli fotovoltaici che forniscono l’energia elettrica necessaria alla casa, mentre una stufa a legna garantisce il riscaldamento invernale.

La casa è costituita da un unico ambiente soppalcato: al livello del terreno si trova la zona giorno, mentre il livello superiore, raggiungibile con una scala a pioli, è occupato semplicemente da un letto matrimoniale. Le aperture sono ridotte al minimo indispensabile. Unica particolarità è la porta d’ingresso, dove la parte centrale è costituita da due battenti trasparenti, mentre i lati sono costituiti da un muro in terra, paglia e bottiglie colorate: un’idea interessante per riprodurre l’effetto del vetrocemento.

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3 workshop estivi per costruire con paglia e terra cruda

Quest’estate non prendete impegni! Se avete sempre desiderato apprendere le tecniche di autocostruzione con terra cruda e paglia questi workshop fanno al caso vostro.

LA STORIA DELLE COSTRUZIONI IN TERRA CRUDA E PAGLIA

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Le Associazioni “La Boa” e Adapta_Lab, insieme alla docente Angela Granzotto, scienziata ambientale specializzata in costruzioni in terra cruda, hanno organizzato 3 corsi finalizzati al recupero di un piccolo edificio in blocchi di cls con il solo uso di materiali naturali per destinarlo a camera da letto per un agriturismo.

Ogni sessione si focalizzerà su un tema preciso e consisterà di una parte teorica e una pratica per fornire ai partecipanti tutte le nozioni necessarie in cantiere.

IL PROGRAMMA

6-7 Giugno: Costruire ed isolare con la paglia

4-5 Luglio: Intonacare con terra cruda e calce

1-2 Agosto: Pavimentare in terra cruda

I corsi sono aperti a tutti: tecnici del settore edilizio, professionisti, progettisti, artigiani, studenti, appassionati e chiunque voglia provare a conoscere da vicino le tecniche di biocostruzione.
Gli iscritti ai workshop di Luglio e Agosto possono anche portare da casa 1 kg di terra per studiarla insieme a docente e studenti.

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Tutti i workshop si terranno presso “La Fattoria di Artur”, un agriturismo nella splendida cornice di Ostrozno Brdo (Slovenia), a 50 minuti di macchina da Trieste. Inoltre, per consentire anche a chi non ha un mezzo proprio di raggiungere il cantiere, gli organizzatori mettono a disposizione i propri veicoli per trasportare i partecipanti, accompagnandoli da Trieste al B&B di Ostrozno Brdo, fino ad esaurimento posti.

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La quota d’iscrizione ai corsi è comprensiva di docenza, materiale didattico, assicurazione, iscrizione all’associazione, pasti bio forniti dall’agriturismo che ospita l’evento e la possibilità di dormire con la propria tenda nei pressi della struttura ospitante.

Per info su costi e iscrizioni:
Angela Granzotto angimes3@gmail.com

Per info sulla logistica potete visitare il sito web dell’associazione Adapta_Lab e la pagina Facebook dei Laboratori di Biocostruzione.

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